Temi e protagonisti della filosofia

La filosofia politica di Gilles Deleuze (28)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (28)

Nov 24

 

 

Articolo precedente: La filosofia politica di Gilles Deleuze (27)

 

28. Conclusione

Ho scritto molto, è un lavoro che è durato mesi, quindi spero di essere riuscito a racchiudere almeno buona parte della filosofia politica di Deleuze in queste numerose sezioni. Ovviamente ciò non può nemmeno costituire la totale spiegazione di tutto l’oggetto, ma dato che non ci sono molti lavori su questo tema, da quel che ho visto, in italiano, potrebbe essere già qualcosa. Sono partito dalle considerazioni sulla psicoanalisi per introdurre alcuni concetti di base; questo perché qui non si può separare il problema della psicoanalisi da quello del capitalismo. Tuttavia nella psicoanalisi il politico sta nel suo utilizzo e per Deleuze non c’è altro modo di usare la psicoanalisi se non come strumento per interpretare e soggettivare. A tutto questo si contrappone la schizoanalisi, un piano politico preciso: distruggere i dispositivi installati nell’inconscio, tracciare una fenomenologia del desiderio leggendo il desiderio e il suo divenire per come si danno a noi.

L’analogia funziona: da un lato le macchine desideranti fanno scorrere il desiderio e la libido sulla superficie di un corpo senza organi, dall’altro delle macchine sociali fanno scorrere il denaro, le merci sul corpo sociale mondiale. Lo schizofrenico diventa una sperimentazione oltre il limite della normalità di nuove quantità intensive, tutta la vita è un’avventura del desiderio e la sua vita è fatta da macchine allucinatorie che producono un virtuale di oggetti di desiderio oltre la semplice proiezione. La sua condizione non è affatto desiderabile, nessuno dice questo, ma si dice semplicemente che si accetta l’idea per cui la normalità non è la salvezza, non c’è in realtà salvezza o speranza, ma c’è sempre l’ottimismo di poter sperimentare nuove potenze. Amare la vita è sempre possibile, anche nelle situazioni più brutte, basta sapere affermare gli eventi che insistono in ogni situazione: l’etica deleuziana.

Il capitalismo è altrettanto schizofrenico, la sua produzione è infinita, la moltiplicazione del denaro è senza limiti, le sue decodificazioni, le sue crisi, le sue contraddizioni (es. ricchezza e valore) sono manifestazioni di una grande malattia e follia. Oggi che i capitali fuggono all’estero, la ricchezza delle nazioni non conosce più paese di riferimento, sembra tutto vero, ma sarebbe molto meno vera l’idea della deterritorializzazione assoluta come soluzione, sempre ammesso che si possa parlare di soluzioni in Deleuze. Molto del discorso sul debito sembra ancora molto attuale e scrittori come Lazzarato hanno trovato in esso uno spunto per leggere la contemporaneità. Il ritornello politico di oggi, dopotutto, sembra questo: banche che emettono denaro per darlo in prestito, denaro deterritorializzato ad un paese e chiesto indietro con gli interessi e riterritorializzato un po’ alla volta, con la minaccia di una macchina di cattura che si appropria di ogni bene, costringendo alla privatizzazione di ogni cosa. Mentre aumenta la disoccupazione, masse di precari cercano la fuga all’estero, ma esse, non trovando lo stesso spazio liscio destinato alle merci che dalla Cina possono scorrere fino in Europa, si trovano di fronte un’Europa sempre più chiusa, un’Europa di muri, completamente striata. Il mondo consumista rigetta sempre più uomini fuori dal suo sistema, la guerra in Oriente obbliga interi popoli a migrare. E se si innescasse un controcircuito? se tutto potesse trovare nuove linee di fuga spostando ogni cosa in un’altra direzione? Passando da un capitolo all’altro ho cercato di far emergere l’immagine dell’economia e della società che ci ha lasciato la schizoanalisi. La rivoluzione, secondo Deleuze e Guattari, non lascia speranza di superare un certo tipo di Stato o quelle persone che ci governano, anche se si propone sempre quella fuga, quella deterritorializzazione, perché tutto funziona con un territorio a monte. Se questa immagine non sembra abbastanza radicale si può riprendere la rappresentazione dell’istituzione rivoluzionaria del primo Deleuze, vedendo se si può usarla ancora oggi, se ci sia qualcosa di recuperabile. Tuttavia non sarebbe conforme all’idea di Deleuze la semplice riproduzione e riproposizione della sua tesi, questo è il bello: bisogna sempre sperimentare, è il Nuovo che conta, per questo si devono cercare strade in Deleuze per andare oltre Deleuze.

 

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Articolo iniziale: La filosofia politica di Gilles Deleuze (1)

 

 


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