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La filosofia politica di Gilles Deleuze (27)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (27)

Nov 22

 

 

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27. Deleuze contro il capitalismo digitale (critica a Žižek)

Nello scritto Organi senza corpi, Slavoj Žižek critica Deleuze dicendo che le sue teorie non hanno nulla di rivoluzionario, piuttosto rappresentano lo specchio della realtà del tardo capitalismo o del capitalismo digitale. Tutto lo scritto si basa su un tentativo di contrapporre un primo Deleuze, concorde con le idee di Lacan, ad un secondo Deleuze, oppositore delle idee di Lacan. Questa contrapposizione funzionerebbe perché, secondo Žižek, Deleuze, giunto al problema della connessione tra profondità o realtà delle cause e superficie o realtà degli effetti, avrebbe posto come soluzione una relazione tra queste dimensioni a partire da un concetto come quello di “quasi-causa”, ma, non soddisfatto della sua soluzione, invece di proseguire su quella strada, cioè quella lacaniana, avrebbe preferito più semplicemente abbandonarla per il pensiero delle macchine desideranti di Guattari. Žižek dice quindi che la svolta in Deleuze, rispetto al suo primo pensiero, sarebbe avvenuta grazie alle influenze negative di Guattari. Io personalmente non sono d’accordo, e non è nemmeno così chiaro cosa abbia portato la svolta in Deleuze. Nel 1969 Lacan manifesta il suo apprezzamento per l’opera Logica del senso; Deleuze risponde che un giorno si sarebbe interessato di psicoanalisi, ma sempre in quell’anno incontra Guattari e nel 1972 verrà pubblicato lo scritto L’anti-Edipo. Quando Deleuze parla del suo incontro con Guattari, dice che Guattari aveva costruito questa teoria delle macchine desideranti, ma essa era ancora molto influenzata dall’ortodossia psicoanalitica. Se prestiamo fede a queste parole, salta all’occhio che non può trattarsi solo dell’influenza di Guattari. In realtà, piuttosto che contrapporre il primo Deleuze al secondo, sarebbe meglio trovare la continuità tra i due. Se si cerca bene la si raggiunge: la distribuzione nomadica prima era la distribuzione diabolica, le potenze della macchina celibe sono sempre le quantità intensive, le macchine desideranti sono le membra disjuncta, sono le determinazioni che comunicano, ma comunicano per sintesi disgiuntive inclusive (ciò che prima era la “o” affermativa, diventa una “e”), c’è sempre la contrapposizione superficie/profondità (corpo senza organi/macchine desideranti) e così via. Mentre Žižek contrappone il primo Deleuze al secondo, si schiera dalla parte del primo e accusa il secondo di essere semplicemente il teorico del capitalismo digitale.

Su questo argomento andrebbero letti in particolare i capitoli “Uno yuppie che legge Deleuze”, “Mirco-fascismi” e “Netocrazia?”. Nel primo capitolo Žižek, commentando un’osservazione di Lecercle su uno yuppie che legge Che cos’è la filosofia? di Deleuze e Guattari, afferma, contrariamente a quello che potrebbe sembrare ovvio, che lo yuppie si troverebbe meravigliato dal libro, che anche se questo libro sembra scritto contro di loro, contro il marketing, la sperimentazione senza limiti, la molteplicità delle intensità del desiderio, il divenire-macchina dell’uomo, la produttività affettiva impersonale sono gli stessi elementi che caratterizzano le sue pubblicità, i videogiochi a base di sesso a cui lui lavora, certi giocattoli dei bambini come i transformers. Questi sono i motivi per cui Žižek pensa che lo yuppie potrebbe trovare negli scritti del secondo Deleuze numerosi spunti per i suoi prodotti da capitalismo digitale. È in effetti divertente constatare che esisterebbe anche un esempio di yuppie deleuziano: Johan Peretti e il suo progetto Buzzfeed, sito giornalistico. Quando gli hanno chiesto cosa gli ha permesso di diventare così ricco e quale fosse il segreto del suo talento, ha risposto dicendo che tutto dipendeva da una tesi che lui stesso aveva svolto proprio su Gilles Deleuze e su L’anti-Edipo. Tuttavia c’è qualcosa che non torna in tutta questa concezione di Žižek: tutto funziona a patto che il virtuale coincida con il digitale, ma era questo il virtuale a cui si riferiva Deleuze? Non dobbiamo dimenticare che il concetto di virtuale Deleuze lo riprende da Bergson, filosofo che certo non poteva conosce tutto il mondo digitale che oggi è così diffuso. Quando Žižek collega il virtuale alla fisica quantistica, alle opere artistiche di Jackson Pollock, alla scena del film Ivan il terribile in cui il denaro continua a cadere sulla testa nonostante i vassoi vuoti, sembra essere sulla buona strada, cioè aver capito il concetto di virtuale. Ne capitoli che ho citato, però, il virtuale è continuamente confuso con il digitale, cioè la categoria filosofica di “virtuale” viene costantemente banalizzata e fatta aderire a quella più comune che vede il virtuale nel mondo digitale di internet, nel computer, nei videogame. Il secondo concetto di virtuale, quello più vicino al senso comune, intende il virtuale come una realtà che riproduce quella attuale, ma che si pone come un mondo finto, parallelo all’attuale. Il primo concetto di virtuale non si riferisce ad una realtà “finta”, una pura “simulazione”, ma è tanto reale quanto l’attuale; si tratta solo di capire che il mondo che vediamo con i sensi non è tutta la realtà. Oltretutto il virtuale è l’altro dell’attuale, non semplicemente un suo “parallelo”, come invece accade nei videogames o negli avatar di internet. Non è lo yuppie ad essere deleuziano, ma è l’hippie che è deleuziano. La sperimentazione di intensità non va a confluire in un mondo parallelo finto digitalizzato, ma nel corpo-yoga, nella meditazione zen, nella ricerca di nuove intensità che l’hippie ha trovato nella realtà spirituale e nella riscoperta dalla natura, nei divenire-animale dello sciamano. Ciò che ispirava Deleuze non era il digitale, ma Castaneda [120]. Dopo tutto gli hippie avevano usato come strategia rivoluzionaria quella di tracciare una linea di fuga per scappare e sottrarsi al potere e al sistema. Qual è il punto? In Deleuze sembra avere una funzione decisamente minore la ragione, o almeno non si riscontra la riflessione sulla ragione come possibilità di libertà rispetto al mero piano del desiderio che è presente in Spinoza. Sarebbe lecito chiedersi che fine fanno il IV e V libro dell’Ethica di Spinoza nei testi del secondo Deleuze. Si nota invece che è lo stesso desiderio a fare la rivoluzione e quindi lo stesso desiderio diviene l’origine del fascismo. Al di là dell’influenza di Reich su questa idea, essa sembra l’esito di un’impostazione del problema, perché si parte probabilmente dall’idea della non libertà di Spinoza. Tuttavia il piano del desiderio, cioè il molecolare, è qualcosa che sfugge al controllo, nel senso che, nonostante tutti i tentativi di riterritorializzazione, qualcosa di esso fugge sempre. Mentre Žižek vede in Deleuze la Netocrazia, cioè il fatto che il nomadismo del digitale si accorda perfettamente con gli strumenti di controllo di quella realtà da parte di chi detiene l’informazione, secondo me questa valenza del molecolare che fugge lascia la speranza che non tutto su internet venga veramente catturato; dopotutto ci sono sempre i corridoi sotterranei di TOR e controllare l’informazione su internet diventa complesso perché spesso si estende a macchia d’olio molto velocemente. Quello che dovrebbe diventare rilevante su questi punti sarebbe il creare una serie di strategie per non rimanere identificati, ma dopotutto non ci potrebbero essere utili proprio in questo caso i concetti deleuziani di divenire e divenire-impercettibile?

 

Note

[120] Punto di riferimento anche per gli hippie.

 

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2 comments

  1. jean claude

    Interessante, è la prima volta che leggo, affiancata all’analisi del virtuale, l’idea di (banalizzando) zen, yoga, Castaneda. Ritengo che sia molto vicina al vero. Non so, sinceramente, quanti abbiano colto tale aspetto: complimenti.

    • Dario Currado

      Grazie. In effetti Deleuze ha questo grande fascino per l’oriente e riesce sempre a darne una lettura particolare.

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