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La filosofia politica di Gilles Deleuze (22)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (22)

Ott 27

 

 

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22. Plusvalore come cattura: la teoria di Bernard Schmitt in Deleuze

Ho già spiegato che il profitto è una delle forme di cattura dell’apparato; le altre sono la rendita e i tributi. Nella teoria di Karl Marx il plusvalore è la forma reale del profitto; esso si genera nella produzione, quindi dipende dal lavoro degli operai nella fabbrica. Un operaio vende la propria forza lavoro e in cambio di questa riceve un salario, ma il lavoro che svolge in fabbrica non coincide con la forza-lavoro: è molto di più. Il lavoro dell’operaio ha due funzioni: ricostituire e mantenere il valore delle materie prime; creare nuovo valore. Se per riprodurre la forza lavoro servono una certa quantità di ore di lavoro, il plusvalore deriverà da tutte quelle ore di lavoro svolte in più, cioè dal pluslavoro. Il pluslavoro genera plusvalore, ma solo quando la merce è venduta sul mercato si realizza propriamente il profitto. Deleuze legge tutto questo alla rovescia rispetto a Marx, cioè parte sempre dal pluslavoro, supponendolo come monopolio che fa funzionare la macchina della produzione. Questo lo si spiega grazie alla struttura significante/significato dello strutturalismo, per esempio nelle letture che connettono Marx con lo strutturalismo, come nel caso di Althusser e di Lacan. La struttura significante/significato è costituita di due serie eterogenee, i cui elementi rimandano l’uno all’altro, serie che convergono in un punto paradossale dove il significante eccede sul significato (pluslavoro, plusvalore, plus che godere, sovrappiù di senso). La struttura però funziona a partire da quell’eccedenza, anche se l’eccedenza è prodotta dalla struttura stessa. Infatti non è forse il capitale, che la struttura del capitalismo produce, a far funzionare la struttura stessa? E questo capitale non è moltiplicato dall’accumulazione e dai profitti? Tutta la differenza tra Deleuze e Lacan sulla lettura della struttura in Marx sta nel fatto che Deleuze pensa il sovrappiù che finisce nelle tasche del capitalista come taglio stacco, alienazione del lavoratore, come una parte del prodotto totale che viene catturata dal capitalista, mentre Lacan, nel suo discorso del capitalista, legge il plusvalore come l’oggetto di godimento del capitalista, come la vera malattia economica: il voler godere del plus che godere appropriandosi dell’oggetto del desiderio.

Quello che deve essere assolutamente fatto notare è che Deleuze in queste letture si ispira evidentemente a Bernard Schmitt, ma Schmitt non condivide la teoria del valore di Marx [100]. Ho già detto che Schmitt afferma che il valore della merce non corrisponde alla quantità di lavoro in essa contenuta, ma al salario, proprio al contrario di quanto aveva affermato Ricardo. Inoltre Marx dicendo che solo il lavoro vivo crea valore sta affermando che non esiste nessun costo di ammortamento, cioè che il macchinario non trasferisce valore, se si intende valore di scambio. Su questo punto Schmitt non è d’accordo. Schmitt crede che la riduzione del lavoro complesso al lavoro semplice possa avvenire solo grazie al fatto che si usano come misura i salari monetari e non il tempo di lavoro, cioè si passa da una misura-dimensione ad una misura conteggio. A questo punto Schmitt dice che il plusvalore non si forma nella produzione, ma nella realizzazione di esso. Perciò Schmitt dice che il plusvalore sarebbe uguale alla somma del reddito nazionale meno i salari monetari che vanno ai lavoratori. Infatti Schmitt non considera i salari monetari come reddito. Per salari monetari intendo i salari nominali, cioè quanto una persona per esempio riceve al mese di stipendio. Al contrario di quello che pensa Marx, Schmitt è perfettamente convinto che il profitto si generi dalla differenza tra il valore della merce e il suo prezzo. Quindi mentre nella teoria di Marx il plusvalore derivato da pluslavoro faceva pensare ad un plusprodotto, ora nell’ottica di Schmitt non c’è plusprodotto, ma una parte del prodotto totale è sottratta al lavoratore salariato: ecco la cattura! Schmitt critica Marx per non aver capito James Steuart; Steuart affermava semplicemente che le merci sono vendute ad un prezzo più alto del loro valore: dati determinati salari, questo di più è il profitto. Quindi non si deve pensare a delle equivalenze in origine perché si possa dare lo scambio, ma è lo scambio che determina le equivalenze [101]. La misura del prodotto è data secondo Schmitt dalla somma dei salari reali con i profitti reali, ma il plusvalore monetario e reale è il risultato della sottrazione del salario reale a quello nominale. Il salario reale è il salario nominale sul livello medio dei prezzi; in linguaggio deleuziano questo è un differenziale.

Tutto il discorso di Bernard Schmitt si fonda sull’eterogeneità della moneta e delle merci. Deleuze spiega Schmitt in questo modo: la moneta viene creata dalla banca (produzione), e in questo caso è nulla o puro segno; la moneta verrà distribuita ai lavoratori (distribuzione), con il pagamento dei salari (salari monetari o nominali) avviene un’equivalenza tra la moneta e la merce, la moneta come misura conteggio della merce; successivamente si dà un confronto quando si passa dal piano della produzione a quello della circolazione delle merci, nel qual caso la moneta acquisisce la funzione di potere d’acquisto, funzione che nella produzione non possiede; ora, dato che il confronto avviene tra il salario monetario e il mondo dei beni (consumo), il salario monetario diventa salario reale e in quel momento avviene una cattura: il salario reale è inferiore a quello monetario. Questo scarto rappresenta la cattura che è il plusvalore nell’ottica di Bernard Schmitt; Deleuze chiama la cattura “nexum”. Questo può succedere perché le merci sono vendute ad un prezzo maggiore del loro valore e quindi si genera un differenziale rispetto al salario monetario ‒ nel salario reale, salario monetario confrontato con il mondo dei beni e quindi con i prezzi. Il plusvalore in questo senso consiste nella cattura di una parte del prodotto del lavoro, cioè in un vero e proprio spossessamento. L’analogia per Deleuze tra capitalismo e psicoanalisi passa attraverso l’analogia tra il desiderio a cui è sottratto l’oggetto e il fatto che il lavoratore è spossessato di una parte del suo prodotto. In teoria si potrebbe pensare che il lavoratore se cercasse con il suo salario di comperare le merci che ha prodotto in un dato tempo non riuscirebbe a comprarle tutte: alcune merci formerebbero quello scarto che rappresenta la parte catturata.

 

Note

[100] In questo caso il riferimento è ai testi di Bernard Schmitt e del suo amico Alvaro Cencini su Marx raccolti in La pensée de Karl Marx, critique et synthèse. Sono scritti divisi in due volumi, il primo è sul valore (la valeur), il secondo il plusvalore (la plus-value).

[101] Marx afferma che se qualcuno vendesse una merce che vale 100 a 110, quindi la vendesse ad un prezzo più alto del suo valore, e questo commerciante con quei 110 comprasse poi un’altra merce, non sarebbe cambiato praticamente nulla e non avrebbe realizzato nessun profitto. Questo Marx lo pensa perché parte dal punto di vista secondo il quale lo scambio è uno scambio di equivalenti, quindi di merci che hanno lo stesso valore. Marx crede che profitto e salario siano già fissati nella produzione; un aumento successivo del prezzo della merce non aumenterebbe assolutamente il profitto, se lo scambio avviene tra equivalenti: la merce con il prezzo aumentato verrebbe ceduta semplicemente per un’altra merce con quel prezzo, come se le due merci avessero il medesimo valore. Schmitt invece pensa che le equivalenze non siano determinate già all’inizio, ma si generino nello scambio. Se il valore della merce è il salario, sarà sufficiente aumentare il prezzo della merce fino a 110 e venderla a quel prezzo per realizzare un profitto di 10.

 

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