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La filosofia politica di Gilles Deleuze (20)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (20)

Ott 23

 

 

Articolo precedente: La filosofia politica di Gilles Deleuze (19)

 

20. Neoliberismo?

Non c’è mai stato capitalismo liberale: l’azione contro i monopoli riconduce ad un momento in cui il capitale commerciale e finanziario fa ancora alleanza col vecchio sistema di produzione, e in cui il nascente capitalismo industriale non può assicurarsi la produzione e il mercato se non ottenendo l’abolizione dei privilegi. [86]

Vorrei spendere questa sezione per una riflessione sulla relazione tra il capitalismo e lo Stato. Oggi diciamo che siamo in un’epoca post-politica; con questo intendiamo che la politica è fuori gioco perché comanda l’economia. Qui bisogna osservare che da sempre nel capitalismo comanda chi ha i soldi, ma ora sono i finanziatori dei partiti ad avere nelle mani i partiti. Il capitalismo sembra non avere più limiti statali, cioè i capitali si deterritorializzano sempre di più all’estero senza conoscere delle vere frontiere. Questo fatto lo aveva riconosciuto lo stesso Deleuze, anche se notava che lo Stato sembra voler continuamente riterritorializzare il capitale e qui egli aveva in mente la realtà della guerra fredda. Il liberismo e il neo-liberismo hanno la caratteristica per cui lo Stato, in quel tipo di economie, svolgerebbe solo un ruolo di cornice, cioè dovrebbe semplicemente garantire la proprietà privata, la validità della moneta e fare delle leggi che garantiscano e incentivino la concorrenza, quindi vadano contro la formazione di monopoli, trust e cartelli. In seguito alla citazione che ho inserito, Deleuze dice:

Non c’è in questo alcuna lotta contro il principio stesso di un controllo statale a condizione che si tratti di uno Stato che conviene […] [87]

L’opposto del liberismo è un capitalismo monopolista, cioè dire l’opposto del liberismo è come dire l’opposto della concorrenza. Si pensi ad esempio all’opera Legge, legislazione e libertà di Friedrich von Hayek: essa consiste in un attacco diretto a qualsiasi forma di economia pianificata. L’economia pianificata fallisce semplicemente perché non si possono prevedere tutti gli effetti di una pianificazione economica, cioè quegli economisti come Keynes [88] avrebbero torto in primo luogo perché non si può essere onniscienti. Dunque agendo secondo un piano economico si fanno molti più danni. Nello scritto di Hayek si spiega che lo Stato, piuttosto, dovrebbe essere minimo e garantire la massima concorrenza. Ad esempio Hayek vorrebbe eliminare il monopolio di stato del servizio postale, addirittura immagina di eliminare il monopolio della moneta nello Stato, con la creazione nello stesso Stato di molteplici monete diverse in concorrenza tra loro. I Manoscritti di Karl Marx sono già molto indicativi sulle contraddizioni nel liberismo; queste contraddizioni si basano sulla relazione inversa tra la ricchezza della società e quella dei capitalisti. La concorrenza mette in moto un meccanismo di lotta tra i capitalisti che conduce sempre alla vittoria di pochi capitalisti sulla maggioranza; questi capitalisti vincono perché hanno più capitali, producono di più, hanno più macchinari e così via. Questo fenomeno fa sì che se prima la società grazie alla molta concorrenza era più ricca, poi le ricchezze si concentrano nelle mani di pochi capitalisti, salvo la contraddizione per cui questi capitalisti producono merci che nessuno consuma perché la popolazione senza lavoro non ha soldi per comprarle. Inoltre la concorrenza viene negata con la vittoria di pochi capitalisti e questo meccanismo porta ai monopoli. Quindi la concorrenza tende a negarsi da sé in questa logica di Marx, ma sospetto fortemente che certe idee dei neoliberisti come Hayek si rifacciano all’idea di Smith secondo la quale l’azione egoista, come il perseguimento del proprio arricchimento da parte del singolo, porta alla ricchezza delle nazioni, secondo il famoso fenomeno della “mano invisibile”.

Deleuze, riprendendo il discorso che facevo nella sezione precedente, non mette i monopoli alla fine del meccanismo della concorrenza, ma pone il monopolio all’inizio: dice che il pluslavoro come monopolio del lavoro è quel meccanismo di cattura del lavoro che fa funzionare la macchina capitalistica e che porta i profitti agli stessi capitalisti. In seguito va contemplato il problema della moneta: esiste un monopolio della moneta nella misura in cui solo la banca centrale può emettere moneta. Allora dov’è il punto? Stato minimo e Stato pianificatore sono solo lo stesso Stato in due situazioni diverse: quando c’è un’abbondanza di manodopera, dice Deleuze, lo Stato attenua il controllo. Il capitalismo funziona per assiomi: si possono aggiungere assiomi o sottrarne, cioè ridurre al minimo. Quello che ho definito come “liberale” è il capitalismo con meno assiomi, mentre il capitalismo “di Stato”, così come l’economia di piano, presuppone un maggiore numero di assiomi. Deleuze probabilmente oggi non parlerebbe di neoliberismo, ma è un fatto che invece lo faceva Foucault [89]. Foucault aveva in mente certi tratti dell’economia come: la costruzione di un nuovo soggetto, “l’imprenditore di sé”; il fatto che l’uomo non è considerato solo consumatore, ma anche produttore; il tentativo di mostrare agli individui come il proprio benessere non dipenda dallo Stato e dalle sue istituzioni. La politica delle liberalizzazioni oggi, cioè quell’idea secondo la quale una maggiore concorrenza porta maggiore ricchezza in un paese, è un’idea neoliberista, come è neoliberista tutto questo fenomeno di privatizzazione.

Tuttavia oggi nei paesi emergenti si constata un pesante intervento dello Stato, ad esempio per quel che riguarda i dazi doganali: si notano politiche protezioniste e l’intromissione dello Stato nell’economia, sia per quel che riguarda gli accordi tra imprese del paese con imprese straniere (es. le joint venture) sia per quel che riguarda il mercato azionario [90]; in Europa le politiche “salva banche” sono una potente intromissione di un Super-Stato nell’economia, perché se si sta alle leggi del neoliberismo, quando tu presti soldi a qualcuno e questi non te li restituisce, tu come banca fallisci [91]; Obama per salvare dalla crisi l’America ha scelto politiche di aumento dell’offerta di moneta dal sapore keynesiano. Questi sono solo degli esempi, tuttavia si dovrebbe notare una contraddizione nella concorrenza oggi che tutte le politiche neoliberiste dell’austerity non stanno facendo altro che concentrare le ricchezze del mondo in pochissime mani: ad esempio negli USA si può quasi dire che sia l’1% della popolazione a detenere le ricchezze della maggioranza degli americani. Quindi il neoliberismo sembra autonegarsi; per questo ho voluto mettere un punto di domanda su questo nome, anche perché penso che se si riguarda l’affermazione che citavo all’inizio, tutto fa pensare che Deleuze, fosse vivo ancora oggi, non parlerebbe di neoliberismo.

 

Note

[86] Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, p. 287.

[87] Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, pp. 287-288.

[88] Neanche Deleuze crede che sia possibile un’economia pianificata: infatti il molecolare fugge sempre e non è controllabile. Il molecolare in economia è anche il denaro, e Deleuze dice appunto che i flussi di denaro non sono controllabili. Se Deleuze trova qualcosa di effettivamente rilevante in Keynes dipende da due fattori: Keynes, come dice Deleuze, avrebbe il merito di aver reintrodotto il desiderio nel discorso sulla moneta; Keynes assume che la banca crea moneta dal nulla, ma questo punto, cioè la lettura del sistema economico a partire dalla banca, è condiviso dallo stesso Bernard Schmitt che in questo caso preferiva la teoria di Keynes, per l’importanza data alla moneta, alle stesse teorie del suo maestro Sraffa, che tende a non considerare il problema della moneta.

[89] Si veda su questo La nascita della biopolitica.

[90] La prima cosa che ha fatto lo Stato cinese nel caso della bolla finanziaria di Shanghai è stata impedire la vendita delle azioni, intromettendosi direttamente nella sfera economica.

 

Articolo seguente: La filosofia politica di Gilles Deleuze (21)

 

 


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