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La filosofia politica di Gilles Deleuze (18)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (18)

Ott 13

 

 

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18. Dai selvaggi al capitalismo: la storia del debito

Nell’ultimo capitolo de L’anti-Edipo, “Introduzione alla schizoanalaisi”, si trova uno schema, o meglio due, che spiegano l’evoluzione della società, nell’ottica di Deleuze e Guattari, dai selvaggi ai civilizzati [77]. La prima rappresentazione è piramidale, sembra partire da un vertice da cui seguono due direzioni che rappresentano un certo dualismo di Deleuze. Questo dualismo non è troppo radicale, perché, come spiegherò, la teoria di Deleuze in realtà non è dualista, ma monista. Questo dualismo è: schizofrenia/paranoia; esso corrisponde al dualismo molecolare/molare. In mezzo alla piramide ci sono vari livelli che rappresentano i passaggi dal territorio ad una deterritorializzazione sempre più assoluta. Nella seconda rappresentazione si vedono meglio queste fasi in sequenza: essa mostra una sola linea tracciata, una sola linea di fuga che punta verso il corpo senza organi, come limite esterno del capitalismo sempre spostato. Le varie fasi della storia nella lettura di Deleuze e Guattari sono disposte in questo ordine:

  1. capitale della terra (selvaggi, perversioni territoriali);
  2. corpo dispotico (barbari, l’impero, psicosi);
  3. corpo del capitale-denaro (civilizzati, nevrosi, Edipo, capitalismo).

Tutto il discorso qui è rivolto ad una storia del debito. Sono finiti i tempi in cui in economia, sociologia, filosofia e non solo, si raccontava che la società è stata fondata e si fonda sullo scambio, cioè su un rapporto paritario tra le persone. La nostra economia del debito ha portato alla luce quell’intuizione che ha guidato Nietzsche nella sua lettura della società: la società nasce dal debito. Debito e colpa sono una cosa sola [78], in tedesco una sola parola li identifica: Schlud. Il capitolo “Selvaggi, barbari e civilizzati” de L’anti-Edipo è dedicato ad una storia del debito: come il debito da codificato diventa decodificato, come da finito diventa infinito.

Ci sono tre elementi essenziali nelle società dei selvaggi, selvaggi che, secondo Deleuze, non conoscono lo Stato, ma operano per scacciarlo; questi elementi sono: la terra, la filiazione e l’alleanza. La terra è il primo corpo sociale, la fonte della ricchezza, la quasi-causa della produzione. I popoli selvaggi sono organizzati in tribù secondo parentele. Nelle parentele troviamo due elementi: filiazione ed alleanza. La filiazione corrisponde all’aspetto amministrativo e gerarchico delle parentele (padri, figli, ecc.), l’alleanza riguarda un patto compiuto con altre famiglie: femmina membro di una famiglia va in sposa ad un altro membro di un’altra famiglia. Un capitale fisso come stock filiativo viene staccato diventando capitale circolante come debito mobile. Nelle prime società il debito è codificato: x. Per esempio x semi in cambio di y raccolto, tale però che x e y si equivalgono. Il debito è il plusvalore del codice staccato, la separazione nello stock genera una mancanza. L’alleanza tra le famiglie diventa una relazione di debito.

Il corpo del despota rappresenta in qualche modo un’evoluzione di tutto questo meccanismo; ciò che cambia è l’apparizione dello Stato: un solo Stato per surcodificare i lignaggi. In questo caso lo stock diventa un oggetto di accumulo.

Gli stock sono oggetto d’un accumulo, i blocchi di debito diventano una relazione infinita sotto forma di tributo. [79]

Tutto un apparato burocratico fa funzionare lo Stato, anche il monopolio che consiste nell’accumulo dello stock ha la sua funzione. Un solo Stato si impone sui singoli villaggi con la sua macchina di cattura, ed esso diventa il centro unico attorno al quale si dispongono i vari segmenti.

Allo Stato imperiale segue quello capitalista, quindi si passa al corpo del capitale-denaro. La tendenza delle società è la decodificazione dei flussi, tuttavia, dicono Deleuze e Guattari, non bastano flussi decodificati perché si dia il capitalismo, ci vuole la summenzionata ingegneria del desiderio e dei flussi. Marx ha detto, giustamente, che il capitalismo comincia a partire da una situazione dove si trovano in contrapposizione un lavoratore deterritorializzato, con la sua sola forza-lavoro, e il denaro deterritorializzato sotto forma di capitale. Dopo la società dei selvaggi il debito è sempre più decodificato, cioè diventa infinito:

Insomma, il denaro, la circolazione del denaro, è il modo per rendere il debito infinito. [80]

Si realizza un’alleanza tra capitalismo mercantile e capitalismo finanziario, alleanza che autori come Gallino hanno chiamato: finanzcapitalismo [81]. Questa alleanza è ciò che è diventato sempre più palese nell’ultimo capitalismo che noi definiamo neoliberale. La filiazione, la moltiplicazione senza limiti del denaro sembra portare il capitalismo sempre più verso il suo limite: la schizofrenia e la deterritorializzazione assoluta.

 

Note

[77] Cfr. Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, p. 321.

[78] Si veda a questo proposito il fantastico libro Debito di David Graeber, antropologo contemporaneo, che traccia la storia del debito nelle varie epoche, spiegando come il debito preceda la stessa moneta.

[79] Cfr. Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, p. 219.

[80] Cfr. Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, p. 222.

[81] Gallino a parte, qui è interessante il discorso che fa Radaelli nel suo saggio “Godere del debito: il sogno perverso del capitalismo”, contenuto in Legge, desiderio, capitalismo. Si tratta in realtà di un saggio dagli aspetti molto lacaniani che spiega come il problema della decodificazione del debito consista nell’identificazione della moneta trascedentale con quella reale. Cioè, a dispetto di Deleuze, vorrebbe non cancellare il debito, ma tornare ad un debito codificato. A parte questo, il suo testo è molto indicativo per le sue deduzioni sulla decodificazione del debito già a partire dal Medioevo, ad esempio con il caso della “lettera di cambio”.

 

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