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La filosofia politica di Gilles Deleuze (15)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (15)

Ott 01

 

 

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15. Macropolitica e micropolitica

Siamo segmentati da ogni parte e in ogni direzione. L’uomo è un animale segmentato. La segmentarietà appartiene a tutti gli strati che ci compongono. [69]

Questo è l’inizio di uno dei saggi più importanti per capire il problema politico in Deleuze, il saggio Micropolitica e segmentarietà, contenuto in Mille piani. Questa sezione deve di necessità spiegare una serie di concetti preliminari per comprendere tutto quello che leggerete successivamente; in particolare qui si comincia a parlare di segmentazione e segmentarietà e si deve cercare di capire cosa hanno a che fare questi termini con la micropolitica e la macropolitica. Segmentare vuol dire dividere; può trattarsi di un fatto spaziale, ad esempio (questo lo si vedrà ancora meglio quando palerò dello spazio striato), ma non necessariamente il fatto è solamente spaziale. Una città è sicuramente spazialmente segmentata: ci sono delle strade, poi ci sono dei marciapiedi, delle case, tutte queste case sono divise dalle mura, oppure ci sono dei giardini divisi da staccionate. Se prendiamo una casa abbiamo delle stanze e anche delle zone precise nelle stanze: abbiamo per esempio un divano, un tavolo con delle sedie e così via. Tutti questi sono dei territori, la casa è un territorio, lo è anche il divano, persino la televisione [70]. Tuttavia sono segmenti anche la famiglia, le classi sociali, i sessi e così via. Deleuze e Guattari distinguono tre forme di segmenti:

  1. i segmenti binari (es.: classi sociali, uomo/donna, adulti/bambini);
  2. segmenti circolari (es.: i miei affari, gli affari di quartiere, quelli del Paese, del mondo);
  3. segmenti lineari (es.: famiglia, esercito, lavoro, scuola).

Se si osserva per esempio l’ultimo tipo di segmenti, si vede che il discorso di Deleuze è perfettamente in linea con quello di Foucault quando si parla di società disciplinare e di biopolitica. L’intera vita dell’uomo è segmentata ed amministrata in un modo particolare: l’uomo nasce in una famiglia dove viene educato, da questa famiglia passa alla scuola, poi passa all’esercito ed infine al lavoro, seguendo un certo tipo di indottrinamento in ogni fase della sua esistenza. Il segmento è diverso dal centro, anche se anche il centro è segmentato. È importante parlare di centro o di centri, a seconda dei casi, perché tutto intorno al centro ruotano i vari segmenti. Quello che accade è che mentre nei popoli selvaggi ci sono più centri redistribuiti con segmenti che si intersecano, nel momento in cui sorge lo Stato il centro diventa uno solo e tutto sembra ruotare attorno a questo. Il punto di vista dello Stato è il punto di vista della macropolitica, la macropolitica che si relaziona ad una segmentazione rigida e binaria: borghesia contro proletariato, i nomadi contro lo Stato. Dal punto vista della macropolitica ci sono solo segmentazioni genericamente binarie, il suo punto di vista è quello della “quantitas”, del numero intero, del molare. Al contrario, la micropolitica riguarda una segmentazione che non è più binaria, non è rigida, ma flessibile. Il punto di vista della microplotica è quello del desiderio, quello dell’inconscio, del “quantum”, cioè la quantità intensiva, ancora una volta ripresa dalla matematica riemaniana.

A questo punto conviene fare degli esempi: Deleuze e Guattari dicono che la classe è macropolitica, la massa invece è micropolitica: la classe rappresenta una segmentazione binaria (es. borghesia contro proletariato), la massa invece è la molteplicità desiderante (es.: il caso del Sessantotto); maschio e femmina sono segmentazioni molari, sono macropolitica, invece la micropolitica concepisce infinite combinazioni di sessi, ma tutto questo avviene ben al di sotto del grande sesso molare; oppure il denaro secondo Deleuze e Gauttari (che si rifanno ad una certa concezione economica di Bernard Schmitt, la teoria del circuito), ha due aspetti: c’è un denaro “quantum”, emesso dalle banche che è puro segno e nullo, e poi c’è un denaro “quantitas”, denaro che assume la funzione di potere d’acquisto nel mondo dello scambio. Un ultimo esempio va fatto perché forse è troppo importante per poter essere tralasciato: Deleuze e Guattari distinguono lo Stato totalitario dal fascismo: il primo è molare e macropolitico, il secondo è molecolare e micropolitico. Tutta questa impostazione deve permettere di capire che, se è vero che il potere si basa su delle a-simmetrie ‒ e questo sarebbe di nuovo il discorso della mediazione ‒, anche se si potesse eliminare tutte le asimmetrie, non sarebbe finita qua. Supponendo di poter ridurre tutto il trascendente al piano immanente, quindi abolire lo Stato [71], non finirebbero qui i problemi, ne rimarrebbe ancora almeno uno: il desiderio può desiderare il fascismo, cioè la sua schiavitù.

 

Note

[69] Gilles Deleuze, Félix Guattari, Mille piani, Castelvecchi, Roma, 2010, p. 265.

[70] Deleuze spiega che se alziamo troppo il volume della televisione diamo fastidio ai vicini, sicché la televisione sembra descrivere un territorio.

[71] Non si può eliminare definitivamente lo Stato per Deleuze, questo deve essere chiaro. In coerenza con l’idea dell’ottimismo senza speranza, Deleuze afferma che esistono sempre delle strade per fuggire dallo Stato, ma lo Stato permane ancora. La fuga presuppone sempre ciò da cui si fugge.

 

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