Temi e protagonisti della filosofia

La filosofia politica di Gilles Deleuze (10)

La filosofia politica di Gilles Deleuze (10)

Set 20

 

 

Articolo precedente: La filosofia politica di Gilles Deleuze (9)

 

10. Il discorso di Deleuze contro la società dei consumi

Il bisogno come pratica del vuoto non ha altro senso: andare a cercare, a catturare, a parassitare le sintesi passive là ove stanno. Abbiamo un bel dire: non siamo erba, è un pezzo che abbiamo perduto le sintesi clorofilliane, bisogna pur imparare […] Loro, al contrario, sanno che son vicini all’erba, e che il desiderio ha “bisogno” di poche cose, non le cose che si lasciano loro, ma le cose stesse di cui non si cessa di spossessarli, e che non costituivano una mancanza nell’intimo del soggetto, ma piuttosto la oggettività dell’uomo, produrre in realtà. Il reale non è impossibile, nel reale anzi, tutto è possibile, tutto diventa possibile. [46]

In questa citazione in parte appare il problema della mancanza nel desiderio. Il desiderio invero non è mancante, è che una certa rappresentazione che è stata fatta del desiderio rimanda ad una mancanza, cioè il desiderio è stato confuso con il bisogno. Dell’alienazione del desiderio parlerò più diffusamente nel prossimo paragrafo; ora invece sarà oggetto d’interesse questa confusione tra desiderio, bisogno e interesse. Il bisogno è già una rappresentazione del desiderio come mancante, rappresentazione che, come vedremo più avanti, è considerata da Deleuze e Guattari falsa e all’origine del problema dell’alienazione del desiderio. In quella citazione si dice che i bisogni reali del proletariato sono pochi, in generale il proletariato ha bisogno proprio di ciò da cui lo si spossessa sempre; questo andrebbe riferito al problema della genesi della proprietà privata. Si parla della separazione dei produttori dai mezzi di produzione, si parla della cattura di parte del prodotto, il quale dal punto di vista psicoanalitico corrisponde allo “oggetto a” che avevo menzionato nel paragrafo dedicato a Lacan. Deleuze è stato accusato di essere un difensore della società dei consumi, perché, una volta superato un certo capitalismo che si fondava sulla semplice nuda vita del proletariato, risultato dello stesso spossessamento, giunti ad una forma di capitalismo che segue certi ideali fordisti, dato accesso al proletariato al mondo del consumo, i discorsi sulla mancanza e sulla povertà finiscono per non avere più nessun senso. La dottrina deleuziana della produzione, distribuzione e consumo come parti di una sola produzione (“produzione di produzione”, “produzione di distribuzione”, “produzione di consumo”), una certa descrizione del desiderio che scorre tra queste macchine senza avere più dei limiti, un’immagine di quella che sembra una produzione infinita, sono tutti elementi che possono far pensare che il discorso di Deleuze si accordi con un certo capitalismo dei consumi. Tuttavia ciò deriva dalla confusione tra desiderio e bisogno.

Il discorso sulla società dei consumi è un discorso sui bisogni. La società dei consumi funziona in questo modo: la produzione aumenta perché si vuole vendere il più possibile, fare profitti, anche cedendo i prodotti a prezzi più bassi; ovviamente se si produce e non si consuma scoppia una crisi di produzione, ma per evitare questo non si produce di meno, si usano una serie di tecniche per invogliare le persone a consumare di più; queste tecniche rientrano nella voce “marketing”. Si pensi a Che cos’è la filosofia?, non è forse uno dei più grandi libri contro il marketing? Vi si accusa il marketing di volersi appropriare dei concetti [47], dei concetti che sono solo dei filosofi, secondo una certa concezione di Deleuze e Guattari. Il marketing, adoperato in quel modo in cui lo usa il capitalismo, ha lo scopo di innestare bisogni inesistenti nelle persone, quindi di far credere alla gente che ha assolutamente bisogno di certe merci e che non potrebbe vivere senza, perciò cerca di innestare una mancanza che prima non c’era. La critica alla società dei consumi è già un tema esplorato da Herbert Marcuse: il filosofo contrapponeva i bisogni veri a quelli falsi [48]. Questa differenza è importante per capire di cosa abbiamo realmente bisogno, perché il desiderio abbisogna di poche cose. Una certa società della seconda metà del Novecento ‒ si pensi ad esempio al boom economico ‒ era caratterizzata da un forte aumento della produzione. Questo fatto per filosofi come Pollock dischiude la possibilità di poter davvero cancellare una volta per tutte il problema della fame nella società. Questo non è successo, nel senso che il capitalismo ha preferito il metodo Procuste [49]. Ad ogni modo il discorso della società dei consumi si gioca sul piano del bisogno e non su quello del desiderio.

Rimangono ancora da considerare due cose: in primis la differenza che intercorre tra l’interesse e il desiderio e, in secondo luogo, se davvero la produzione delle macchine desideranti non abbia nessun limite. L’interesse riguarda non il piano dell’inconscio, come accade nel caso del desiderio, ma quello della coscienza o forse si dovrebbe dire del pre-conscio. Deleuze espone questo esempio: potrebbe essere che vogliamo lavorare nel mondo accademico, potremmo pure dire che questo è il nostro sogno, ma se ci poniamo questo come obbiettivo dovremmo prima prendere una laurea, dare degli esami, seguire dei seminari e così via, fino a quando, finito il percorso di studio, ci mettiamo a cercare sul mercato un posto di lavoro in quel settore che ci interessa, per esempio come ricercatore o insegnante nel mondo accademico. Questo è l’interesse, il desiderio è molto diverso. Mentre l’interesse si può ingannare, il desiderio non viene mai ingannato: esso costituisce il punto di vista dell’inconscio, non conosce mancanza e non trova il suo oggetto esterno a sé. Il desiderio è il discorso della potenza: la potenza nella visione di Spinoza non si può alienare, esiste piuttosto una servitù passionale, ma anche questa servitù se esiste è sempre desiderata. Quest’ultimo discorso coincide con quanto ha detto Wilhelm Reich; discorso che dovrà essere visto meglio più avanti, qui basta ricordare che il desiderio è pura positività. Per quanto riguarda invece il problema della produzione desiderante delle macchine che appare senza limiti, si noti questo:

Le macchine desideranti non funzionano se non guastate, guastandosi incessantemente. [50]

Godani ha scritto un bel saggio dal titolo Il rovescio della struttura, contenuto nel libro Legge, desiderio e capitalismo, in cui l’autore spiega come la produzione desiderante non sia senza limiti. Deleuze semplicemente elimina un grosso limite o taglio (il significante), per porre un sistema di piccoli tagli che regolarmente interrompono il flusso del desiderio. Questo è il motivo per cui le macchine non funzionano se non guastate, perché in un certo senso si bloccano. La serie binaria delle macchine paranoiche segue due fasi: il colo e il taglio, il taglio rappresenta una piccola interruzione: la bocca del poppante ad un certo punto si chiude e interrompe il flusso di latte [51].

 

Note

[46] Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, p. 30.

[47] Concetto per Deleuze vuol dire evento. Il concetto è il problema della filosofia, la filosofia non è altro che una costruzione di concetti. In Che cos’è la filosofia? Deleuze spiega bene la differenza tra l’agire dei filosofi e il mondo dell’opinione. È già stata confutata da Hegel l’idea che chiunque può essere un filosofo solo perché ha la ragione: la filosofia è una questione di metodo (chiaramente non si sta negando che tutti abbiano la ragione). Quello che fanno i filosofi, a dire il vero, ha poco a che vedere con il dialogo o la chiacchiera del mondo delle opinioni. Deleuze descrive questo mondo parlando di gruppi di persone che condividono pensieri, tutti uniti in tavoli ben precisi. Ad esempio, dice Deleuze, alcuni opinano che il formaggio è fetido, puzzolente e sgradevole; queste persone fanno parte del gruppo di individui che detestano il formaggio. I filosofi sono seduti ad un altro tavolo e giocano a dadi (un riferimento ad Eraclito?); il dado lanciato rappresenta un problema costruito che dà la sua soluzione. Il filosofo non cerca opinioni, è un costruttore di problemi, abita i problemi, problematizza, ma dal modo in cui si costruiscono i problemi si genereranno per necessità determinate soluzioni. Tutto sta nella capacità di costruire problemi.

[48] Sembra molto semplice distinguere i bisogni veri da quelli falsi: ciò che è assolutamente necessario è veramente un bisogno dell’uomo, mentre falso è il superfluo. Tuttavia chi potrebbe vivere oggi senza un computer o un cellulare? Non è un problema semplice; Marcuse sembra rimandarlo ai singoli, se solo i singoli non fossero manipolati anche dalla pubblicità. Tutto il problema della scuola di Francoforte è l’autodeterminazione. Nel caso specifico Marcuse distingue un edonismo cirenaico da uno epicureo; questo ci aiuterebbe forse di più a risolvere il problema dei bisogni. L’edonismo cirenaico consiste nel perseguire il piacere qualunque esso sia, mentre l’edonismo epicureo distingue tra piacere vero e piacere falso; per esempio ci sono piaceri immediati che provocano dolori futuri (ad esempio l’alcol), i quali sono piaceri falsi.

[49] Il metodo Procuste di cui parla Pollock consiste nella distruzione dell’eccedenza di produzione; esso è un atto economicamente violento svolto per fermare una crisi. È ovvio che se rimane dell’invenduto non conviene regalarlo a chi ne ha bisogno perché sarebbe del tutto anti-economico, nel senso che la gente vedendo che si regalano le merci potrebbe approfittarne.

[50] Gilles Deleuze, Félix Guattari, L’anti-Edipo, Einaudi, Torino 2010, p. 10.

[51] Ci sono due tipi di tagli: un taglio stacco e un taglio prelievo: mentre quello del bambino è il taglio prelievo del consumatore che gode del flusso, il taglio stacco, al contrario, separa l’oggetto dal desiderio. In economia il taglio stacco potrebbe essere il plusvalore di Marx.

 

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