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Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (7)

Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (7)

Mar 14

Articolo precedente: Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (6)

 

3.2 Un cambio di direzione

Un automa può essere realizzato da infinite configurazioni fisiche, di cui il cervello è solo un esempio arbitrario. Dunque se in psicologia volessimo descrivere la mente con un vocabolario puramente fisico, non riusciremmo a catturare le generalizzazioni corrette.

La tesi di Putnam lasciava però spazio a una forma di riduzionismo, anche se di ordine diverso. Per lui ogni tipo di stato mentale corrispondeva a un tipo di stato nella descrizione delle tavole che definiscono un automa finito. Questo aspetto della teoria permetteva dunque di ridurre i tipi di stati mentali, se non direttamente a stati fisici, comunque a tipi di stati della macchina.

Le critiche contro le teorie computazionali si basavano sull’idea che queste caratterizzassero la mente come un sistema chiuso, il cui funzionamento è indipendente dall’ambiente. L’accusa, cioè, è quella di caratterizzare la cognizione in un modo solipsistico o individualistico, quindi come se il mondo non esistesse. Il funzionalismo computazionale, sostengono i critici, recita l’anti-individualista, ignora il mondo, inteso tanto come natura, quanto come società.

In base alla “condizione di formalità”, secondo cui gli stati mentali hanno potere causale, decidibile e sintattico e sono descritti come il resto del mondo naturale, le computazioni sono sensibili esclusivamente alle proprietà intrinseche delle rappresentazioni interne; ne consegue che, così caratterizzati, i processi mentali risultano “sconnessi” dal mondo.

Quindi, per i critici, il funzionalismo computazionale non ha, in linea di principio, le risorse per riprodurre i nostri processi mentali, che sono chiaramente intenzionali, semantici; pongono, quindi, in evidenza lo scarto fra la semplice utilizzazione dei modelli computazionali e l’idea di ridurre ad essi i fenomeni della coscienza.

Lo stesso Putnam, dopo essersi reso conto che esistono infiniti stati mentali distinti, mentre l’insieme degli stati che costituiscono un automa probabilistico è per definizione finito, abbandona la versione originaria del funzionalismo.

In effetti, Putnam porta delle argomentazioni eleganti per affermare le contraddizioni o le insufficienze teoriche che fanno fallire il progetto funzionalista. E questo sembra anche alquanto singolare perché, come ammette lo stesso Putnam, la sua più recente posizione è apertamente critica nei confronti del “Putnam” di qualche anno fa.

È ben noto, infatti, che proprio la tesi secondo cui “pensare” significhi, in fondo, “computare”, sia stata da lui stesso rifiutata come uno dei motivi principali della rinuncia alle proprie tesi funzionaliste, sostenendo che il funzionalismo, interpretato come quella tesi secondo cui gli atteggiamenti proposizionali sono stati computazionali del cervello, non può essere corretta.

Inoltre, il funzionalismo analizza le proprietà estrinseche e relazioni delle entità mentali della coscienza cognitiva, ma le proprietà intrinseche e ineffabili (i qualia) della coscienza fenomenica, sfuggono a una tale prospettiva, poiché non svolgono alcun ruolo causale nella spiegazione del comportamento dell’agente.

Insomma, il funzionalismo getta un ponte solo tra mondo naturale e coscienza cognitiva, lasciando fuori dall’analisi la coscienza fenomenica. La dimostrazione dei limiti del funzionalismo avviene per mezzo di argomentazioni che si appellano a ormai celebri esperimenti mentali, il cui obiettivo è mostrare come la prospettiva in prima persona, coscienza fenomenica, non venga colta e resta esclusa dalla prospettiva in terza persona, oggettiva e scientifica.

Nonostante, però, le critiche che Putnam muove a se stesso, le tesi di fondo del suo funzionalismo si dimostrano sufficientemente ricche da poter includere le critiche stesse e svilupparle verso nuove direzioni, e questo non per amore di una teoria da difendere ad ogni costo, ma perché la strada imboccata sembra essere in grado di soddisfare esigenze di tipo sia osservativo-sperimentale che filosofico, in senso lato.

In una delle sue ultime interviste, alla domanda: «Negli anni Sessanta lei ha proposto una nuova teoria della mente, oggi nota come funzionalismo basata sull’analogia con i programmi di calcolo. Che cosa ne pensa dopo quarant’anni?», Putnam risponde:

Il funzionalismo è riuscito a porre un altro piatto nel menù della filosofia della mente. Di positivo, ci ha mostrato che possiamo vedere le nostre proprietà mentali come esercizi di coinvolgimento dell’organismo col mondo; una versione moderna di ciò che Aristotele chiamava ilomorfismo. Di negativo c’era che costituiva ancora una forma di riduzionismo. (Putnam 2001)

 

Bibliografia

  • Putnam, H. (2001), Filosofia e barricate. Intervista a Hilary Putnam, a cura di P. Odifreddi, La Repubblica, 6 settembre 2001.

Altri testi

  • Aristotele, De Anima, tr. it. Movia, G. (a cura di) (2001), L’ Anima, testo greco a fronte, Milano: Bompiani.
  • Cambi, F. (2003), La ricerca educativa nel neopragmatismo americano. Per una teoria dell’educazione, vol.2 (pp. 67-93), Roma: Armando Editore.
  • De Anna, G. (2001), Realismo metafisico e rappresentazione mentale. Un’indagine tra Tommaso d’Aquino e Hilary Putnam (pp. 158-175), Padova: Il Poligrafo.
  • Irwin, T.H. (1996), I principi primi di Aristotele (pp.16‐68), Roma: Vita e Pensiero.
  • Paternoster, A. (2002), Introduzione alla filosofia della mente, Roma-Bari: Laterza.
  • Popper, C. e Eccles J.C. (1977), The Self and Its Brain: an Argument for the Interactionism, trad. it. (1981), L’io e il suo cervello, Roma: Armando.
  • Putnam, H. (1963a), Introduzione: La filosofia del linguaggio e il resto della filosofia, in H. Putnam, Mente, linguaggio e realtà (pp. 11-21), Milano: Adelphi.
  • Putnam, H. (1963b), Filosofia e vita mentale, in H. Putnam, Mente, linguaggio e realtà (pp. 318-330), Milano: Adelphi.

 

Articolo iniziale: Realismo e funzionalismo nella filosofia di Putnam (1)

 

 


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