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“Mente e mondo” di John McDowell. La ragione e il suo posto nella natura (5)

“Mente e mondo” di John McDowell. La ragione e il suo posto nella natura (5)

Nov 27

 
Articolo precedente: «Mente e mondo» di John McDowell. La ragione e il suo posto nella natura (4)

 
Dovremmo riflettere sulla seconda natura cui accediamo poiché riusciamo ad accettare e impariamo a disporre della nostra natura ferina nel calco del linguaggio. Possiamo parlare di Bildung, e ha senso parlarne e parlare di seconda natura, solo perché ne facciamo parte senza potervi rinunciare. Il bambino che cresce nello spazio che la Bildung gli assegna non può liberamente decidere di non parteciparvi, poiché libertà e pensiero critico sono anch’essi sue parti vincolate.

Il modellamento del carattere etico, che include l‘imposizione di una forma specifica all‘intelletto pratico, è un caso particolare di un fenomeno generale: l‘iniziazione alle capacità concettuali, che includono la reattività ad altre esigenze razionali oltre a quelle dell‘etica. Tale iniziazione è una parte normale del cammino che porta un essere umano alla maturità, e questo è il motivo per cui, benché la struttura dello spazio delle ragioni sia estranea alla configurazione della natura concepita come regno della legge, questo non comporta la lontananza dall‘umano che il platonismo sfrenato prevede. Se generalizziamo il modo in cui Aristotele concepisce il modellamento del carattere etico, arriviamo alla nozione generale di uno sviluppo della sensibilità alle ragioni acquisendo una seconda natura. Non so individuare un‘espressione della nostra lingua concisa e soddisfacente per questo, ma è ciò che compare nella filosofia tedesca come Bildung. [17]

Dunque, la Bildung svolge un ruolo essenziale nella vita dell’uomo, in quanto gli permette di concepire gli atti di esercizio della spontaneità e il suo metterli in atto efficacemente come zòon loghikòn (animale razionale) e non come struttura autonoma o integrata nel “regno della legge” (platonismo sfrenato), esprimendo quindi tutto il suo ideale costitutivo: la razionalità, appunto.

Facendo così, l’uomo non dissolverà lo spazio delle ragioni nello spazio delle mere relazioni tra le cose – dimensione causalistica – pur essendo uno spazio sui generis che non può essere totalmente inteso. È vero che la natura abbraccia la sfera degli accadimenti che appartengono alla dimensione causale, ma è pur vero che della natura fa parte anche la nostra vita che non può certamente disporsi esclusivamente nel linguaggio causale delle leggi.

Opponendoci al crudo naturalismo, ci impegniamo a sostenere che l‘idea di sapersi muovere nello spazio delle ragioni, l‘idea della reattività al sussistere di relazioni razionali, non possa essere ricostruita a partire da materiali naturalistici, nel senso che stiamo cercando di rimpiazzare. È facile che qui ci sembri di essere obbligati a un platonismo sfrenato. Può sembrare che si debba concepire lo spazio delle ragioni come una struttura autonoma – autonoma in quanto costituita indipendentemente da qualsiasi cosa specificamente umana, perché ciò che è specificamente umano è sicuramente naturale (l’idea dell’umano è l’idea di ciò che pertiene a una certa specie animale), e noi rifiutiamo di naturalizzare le esigenze della ragione. Ma la mente umana deve essere in grado, in qualche modo, di agganciarsi a questa struttura non umana. Così sembra che noi concepiamo gli esseri umani come in parte nella natura e in parte fuori di essa […] La nostra comprensione dei particolari della sua configurazione è indefinitamente soggetta a raffinamento, nell’esame riflessivo del nostro pensiero etico.
L’idea che la ragione ci rivolge queste richieste non la possiamo, non dico giustificare, ma nemmeno comprendere, se non da un punto di vista interno al sistema dei concetti e concezioni che ci permette di riflettere su tali richieste, cioè solo da un punto di vista da cui richieste di questo genere sembrano concepibili. [18]

Possiamo porre fine al dualismo di sensibile e soprasensibile (di matrice soprattutto kantiana: fenomeno/noumeno) se si dà luogo a un concettuale senza limiti, che sia in grado di riflettere, criticamente, sempre su se stesso. Si evita di cadere nel platonismo sfrenato solo se si postula che le ragioni sui generis non sono concetti separati dall’ambito naturale. La natura non è tutta corrispondente al regno della legge, non è completamente disincantata; questo è quello che vorrebbero farci credere lo scientismo moderno e il naturalismo contemporaneo.

Dalla riscoperta della seconda natura, abbiamo una nuova concezione etica dell’uomo che, adesso, è sicuramente più consapevole. Questo dà vita a un altro tipo di platonismo: il platonismo naturalizzato. In questo, lo spazio delle ragioni mantiene, come abbiamo detto, autonomia, senza però diventare completamente decondizionato dalle leggi naturali – l’uomo invero è sempre immerso nello spazio naturale datogli dalla Bildung.

 

Note

[17] McDowell, op. cit., pag. 91.

[18] McDowell, op. cit., pag. 83.

 
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