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Churchland. Argomenti contro l’eliminazione

Churchland. Argomenti contro l’eliminazione

Lug 07

Articolo precedente: Churchland. Perché la psicologia del senso comune potrebbe essere (realmente) falsa

 

Il terzo paragrafo è il più breve del capitolo; al suo interno Churchland presenta due argomenti a favore della Psc discutendone le caratteristiche comuni. Entrambi gli argomenti sono stati proposti da autori aderenti ad un approccio alla mente noto come funzionalismo: presenterò ora questo approccio prima di discutere gli argomenti nel merito.

Il funzionalismo è una teoria nata negli anni ’50 del secolo scorso la cui tesi fondamentale afferma che ogni stato mentale sia determinato dal suo ruolo causale. Il dolore, ad esempio, è lo stato mentale prodotto da sensazioni spiacevoli provenienti dal sistema nervoso e poco importa che a comporre tale sistema siano i nervi di un uomo o di un qualunque altro animale. Non è possibile perciò identificare il dolore con uno stato neurofisiologico del cervello perché cervelli diversi fra loro possono produrne il fenomeno mentale. L’argomento delle molteplici realizzazioni proposto da Putnam ha messo in luce proprio questa difficoltà della teoria precedente (Teoria dell’identità) e proposto di considerare gli stati mentali in virtù della loro funzione nell’architettura complessiva di un organismo. Sebbene vi sia in questa prospettiva uno scarto fra mente e corpo (o, se si vuole, fra hardware e software) il funzionalismo non ripropone una ontologia dualista: la mente è un prodotto della materia, del cervello, sebbene non ogni stato mentale si identifichi con un solo evento neurofisiologico.

Churchland presenta due fra gli argomenti che il funzionalismo può portare a difesa della Psc; entrambi a suo avviso compiono un errore di fondo: ritenere che siano i sistemi empirici a doversi adeguare agli ideali della Psc e non il contrario:

La seconda opzione, come la prima, assegna un carattere fortemente stipulativo alla PSC, come se fossero i sistemi empirici ad avere l’onere di esemplificare veridicamente l’organizzazione funzionale specificata dalla PSC, mentre l’onere dovrebbe essere della PSC, che dovrebbe descrivere veridicamente le attività interne di una classe naturalmente distinta di sistemi empirici. (1)

Naturalmente un funzionalista potrebbe rispondere che Churchland chiede alla Psc di fare ciò che essa già fa, ovvero descrivere veridicamente le attività interne di un sistema empirico. Forse sarebbe opportuno chiarire il significato di ‘veridicamente’ prima di affrontare la questione; non mi soffermerò però su questo compito, non essendovi nel capitolo elementi sufficienti ad una discussione.

Considererò ora il primo degli argomenti, che l’autore attribuisce a Dennett e fa riferimento al carattere normativo della Psc.

La prima via concerne il carattere normativo della PSC o, se non altro, di quel nucleo centrale della PSC che tratta degli atteggiamenti proposizionali. Come dirà qualcuno, la PSC è la caratterizzazione di un ideale, o almeno di un modo lodevole di attività interna. Essa delinea non solo quello che significa avere ed elaborare credenze e desideri, ma anche e inevitabilmente quello che dev’esserci di razionale nel loro controllo. […] Né è necessario che la PSC sia messa nuovamente in discussione sulla base di quegli insuccessi di cui si è detto, neppure come caratterizzazione descrittiva, perché resta vero che le nostre attività possono essere interpretate utilmente e accuratamente come razionali […] Di conseguenza, se è vero che le neuroscienze possono incrementarla, non c’è nessuna necessità pressante perché venga tolta di mezzo, anche come teoria descrittiva. Né potrebbe essere sostituita, qua caratterizzazione normativa, da nessuna teoria descrittiva dei meccanismi neurali, dato che la razionalità è definita su atteggiamenti proposizionali come credenze e desideri. (2)

Non è sufficiente conoscere cosa significhi avere credenze, desideri o altri fenomeni mentali: la Psc ci informa anche sul modo in cui questi vengono controllati razionalmente; essa è quindi una teoria descrittiva insostituibile dalla neuroscienza perché situata ad un livello diverso. Alle neuroscienze il compito di aumentare le nostre conoscenze sul come credenze e desideri si vadano a formare, alla Psc il compito di descrivere le procedure di pensiero in atto nel loro controllo, ovvero la razionalità. La riduzione della Psc alle neuroscienze è in questa prospettiva impraticabile perché descrivere la razionalità è possibile solo su atteggiamenti proposizionali.

Presentato questo primo argomento, passiamo al secondo, che Churchland attribuisce a Putnam e che verte sulla natura astratta della Psc.

La seconda via riguarda la natura astratta della PSC. L’affermazione centrale del funzionalismo è che i princìpi della PSC caratterizzano i nostri stati interni, in un modo che non fa nessun riferimento alla loro natura intrinseca o alla loro costituzione fisica. Essi sono piuttosto caratterizzati nei termini della rete delle relazioni causali che li collegano gli uni agli altri, e alle circostanze sensoriali e al comportamento manifesto. […] Data la possibilità reale di esemplificazioni multiple in substrati fisici eterogenei, non possiamo eliminare la caratterizzazione funzionale a favore di qualsiasi teoria specifica relativa a un unico substrato. (3)

In questo secondo argomento la realizzabilità multipla dei fenomeni mentali contesta ad una ricerca neurofisiologica la possibilità di arrivare al cuore del problema. I fenomeni mentali non possono essere spiegati esclusivamente in termini neurofisiologici: si tratta infatti di domini distinti e chi intenda sovrapporli lo fa per riproporre l’identità mente/cervello, al cui abbandono Putnam ha già fornito ragioni sufficienti.

Prima di concludere il terzo paragrafo, Churchland dedica una breve osservazione anche al pensiero di Fodor, cercando di mostrare come le sue posizioni riguardo al linguaggio mentale non implichino, di per sé, la difesa della Psc:

Quanto detto sopra, se va bene per qualche funzionalista, non per questo va del tutto bene a Fodor. Dal suo punto di vista, lo scopo della psicologia è quello di trovare la migliore caratterizzazione funzionale di noi stessi, e cosa ciò sia è un problema empirico. Per di più, il suo argomento a favore dell’ineliminabilità del vocabolario mentalistico dalla psicologia non equivale a sostenere che la PSC in particolare sia ineliminabile. (4)

Churchland ritiene gli argomenti di Fodor sostenibili anche per chi rinunci alla Psc. Non conosco  Fodor a sufficienza per valutare questa ipotesi; mi è possibile però riscontrare come egli muova una critica al connessionismo in merito alle rappresentazioni. (5)  La proposta di una mente modulare considera diversi componenti: trasduttori che trasformano gli input sensoriali in rappresentazioni, moduli in cui le rappresentazioni vengono elaborate e un sistema centrale in cui risiedono capacità cognitive di alto livello. I moduli elaborano rappresentazioni linguistiche secondo modalità che potrebbero coincidere con regole della Psc; questa possibilità sembra preclusa ad una rete neurale perché in essa le rappresentazioni sono distribuite lungo i nodi e le connessioni della rete stessa.

Da un lato, tutti questi fenomeni sembrano dipendere dal fatto che le rappresentazioni mentali complesse sono costruite a partire da parti ricorrenti messe insieme in modi diversi; dall’altro lato, non v’è modo per le architetture a rete di dire che le rappresentazioni possono avere parti ricorrenti, come, per esempio, le hanno in «Giovanni ama Maria» e «Maria ama Giovanni». (6)

Fodor ritiene che non avere rappresentazioni ricorrenti sia una caratteristica delle reti neurali; ebbene, se, come afferma Churchland, le tesi di Fodor non escludono l’eliminazione della Psc, allora per quale motivo proprio sulle rappresentazioni (di cui la Psc può essere una teoria) viene a concentrarsi la critica di Fodor al connessionismo? Come potrebbero i moduli da lui previsti elaborare informazioni in modo linguistico senza gli atteggiamenti proposizionali della Psc?

 

NOTE

(1) Churchland P., (1992), pagg. 41-42.

(2) Churchland P., (1992), pagg. 40-41.

(3) Churchland P., (1992), pag. 41.

(4) Churchland P., (1992), pag. 42.

(5) Si tratta di osservazioni basate sui testi a mia disposizione, sarebbe un aspetto da approfondire quello delle rappresentazioni. La loro distribuzione nelle reti permette a quest’ultime di adattarsi maggiormente rispetto ad una macchina di Turing, ovvero ad una macchina procedente per stati successivi determinati da una sintattica di simboli. Il modello di Turing, ideale in quanto non è stata costruita la “Macchina di Turing”, è senza dubbio il candidato antagonista contro cui le reti neurali possono avanzare maggiori critiche. I miei studi non sanno valutare l’impatto di questo modello nel funzionalismo; anche questo sarebbe un aspetto da approfondire.

(6) Fodor J., (1987), pag. 63.

 

BIBLIOGRAFIA (IN ORDINE ALFABETICO)

  • Churchland P., (1992), La natura della mente e la struttura della scienza: una prospettiva neurocomputazionale, Il Mulino, Bologna.
  • Crane T., (2001), Fenomeni mentali, un’introduzione alla filosofia della mente, Raffaello Cortina, Milano.
  • Fodor J., (1990), Psicosemantica. Il problema del significato nella filosofia della mente, Il Mulino, Bologna.
  • Jackson F., (1986), What Mary didn’t know, tratto da The Journal of Philosophy, Volume 83, Issue 5.
  • Wittgenstein L., (1980), Osservazioni sulla filosofia della psicologia, Adelphi edizioni, Milano.

 

Articolo seguente: Churchland. La natura conservatrice del funzionalismo


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