Temi e protagonisti della filosofia

L’ermeneutica spirituale del Corano e le origini della filosofia islamica (1)

L’ermeneutica spirituale del Corano e le origini della filosofia islamica (1)

Apr 03

 

Nota introduttiva: con questo articolo, il nostro collaboratore Roberto Calì inizia a seguire il classico percorso storico della filosofia islamica. La prospettiva “orientale” dell’islamismo dell’inizio del secolo scorso che è stata scelta per quest’articolo introduttivo, sarà confrontata e/o arricchita – nei prossimi articoli – anche dalle altre “visioni” dell’Islam che si stanno imponendo, a partire dal primo decennio di questo secolo, nel mondo accademico occidentale e mediorientale. L’idea di rendere fruibile e “percepibile” quello stesso pensiero originale e tradizionale che ha percorso tutta la speculazione filosofica islamica, deve partire da alcune premesse prima di poter affrontare le singole correnti o i vari pensatori antichi e moderni. L’argomento “islamismo”, infatti, nelle sue varie forme anche esclusivamente filosofiche, è così vasto che solo diversi volumi ben realizzati potrebbero forse delinearne i temi fondamentali. Tuttavia è a suo parere possibile inquadrare alcuni elementi fondanti e realizzare, attraverso interventi mirati, un’immagine della filosofia islamica che sia efficace e “utilizzabile” e che possa servire da stimolo per ulteriori e approfondite ricerche. In questo articolo, Roberto affronta le origini dell’esegesi spirituale coranica, facendone risaltare quei motivi “tradizionali” che sono la fonte stessa del pensiero e delle costruzioni filosofiche dell’Islam.

 

Dio è la luce dei cieli e della terra.
La Sua luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada,
la lampada è in un cristallo,
il cristallo è come un astro brillante;
il suo combustibile viene da un albero benedetto,
un olivo né orientale, né occidentale,
il cui olio sembra illuminare,
neppure essere toccato dal fuoco.
Luce su luce.
Dio guida verso la Sua luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore. [1]

L’Islam è una religione organica che insiste sull’unità fra il divino, l’umano e il mondo. Dio ha stabilito una relazione con l’uomo – fra tutte le sue creature – tramite l’Adamo primordiale.

Questa relazione speciale dell’uomo con Dio – di cui l’uomo si è fatto carico – è indispensabile all’uomo per conoscere sé stesso, per conoscere Dio e di conseguenza tramite Dio conoscere il mondo e la natura del mondo. Questa relazione è necessaria anche per Dio che ri-conosciuto si qualifica nel conoscente e qualificandosi si realizza come Dio, come scopo di Sé Stesso, tramite la relazione che si completa come unione fra conoscente e conosciuto. In altre parole possiamo dire che, nell’Islam, mentre l’Assoluto si configura come unico elemento che può relativizzare, il relativo – l’uomo e il mondo – è l’unico elemento capace di assolutizzare. Per l’Islam quindi, Dio e il mondo sono una unità completa, totale e totalizzante. Questa unità, che è composta da Dio e dal mondo con le sue creature, è espressa con il termine arabo che la qualifica: Tawhīd. [2]

È importante accennare per inciso che l’arabo, come ogni lingua semitica, per esempio l’aramaico, l’etiopico o il siriaco, ha la capacità di esprimere idee sofisticate. In questo senso ho avvertito la necessità di soffermarmi sul concetto di unità come è inteso dalla filosofia e dalla spiritualità islamica.

Ebbene, la nascita del pensiero islamico può essere fatta risalire al momento in cui il profeta dell’Islam, Muhammad – attraverso visioni e suoni e una iniziale e personale incredulità – ricerca conforto e comprensione nei familiari e nei membri della sua tribù, per capire il significato e il senso di ciò che era avvenuto in una caverna sulla montagna di Hira, presso La Mecca: l’angelo messaggero di Dio – Gabriele – [3] gli era apparso rivelandogli un “Libro”. Questa rivelazione, che Gabriele consegnava al Profeta dell’Islam, avrebbe completato il “ciclo della rivelazione” iniziato con l’Adamo primordiale e poi successivamente realizzato tramite gli altri profeti biblici fino a Gesù.

La tradizione islamica ci racconta che quest’ultima rivelazione, questi versetti che Muhammad aveva ricevuto dall’angelo Gabriele e che il profeta avrebbe ricordato a memoria per tutta la vita, sarebbero anche divenute la “chiave” per la comprensione delle rivelazioni contenute nei libri precedenti la stessa rivelazione che il Profeta dell’Islam stava ricevendo.

Questi versi (ayāt) – la parola araba traduce letteralmente segni o miracoli – furono poi raccolti in maniera non strettamente cronologica, in ben precise Sure (Capitoli) che confluirono – è bene ricordarlo – dopo la morte del Profeta, nel Libro Sacro dell’Islam, il Corano (al-Qur ān; letteralmente: “la lettura” o “la recitazione salmodiata”).

La prima parola che Muhammad ricevette dall’Angelo fu: “Leggi!” [4], e

all’ordine di Gabriele di leggere, il Profeta rispose che gli mancava la capacità di farlo, poiché era illetterato. Tuttavia il messaggio divino gli conferì la possibilità di leggere il Libro di Dio, e da allora in poi egli divenne il ricettacolo umano di questo messaggio che rese noto all’umanità. [5]

Questa parola, che apre la rivelazione islamica, è stata sempre oggetto di studio teologico e di analisi filosofica. Essa richiede uno “sforzo”, che per Muhammad fu quello dato dalla lettura della “Parola di Dio”, ma per il nascente pensiero islamico essa rappresentò l’idea dello sforzo correlato allo spirito e all’intelletto che deve afferrare e comprendere i contenuti ontologici e cosmologici che il Libro Sacro e suoi versetti dischiudono. In questo senso, con questa parola, si stabilisce una precisa relazione tra l’istante della rivelazione divina e l’istante dell’intuizione filosofica: “Leggi!“.

 

Note al testo

[1] Corano – Sura XXIV, versetto 35.

[2] All’inizio dell’articolo qualcuno potrebbe notare una impostazione decisamente “immanentistica” della relazione Dio-Uomo-Mondo sebbene il dogma irrinunciabile per l’Islam ortodosso sia dato dall’assoluta trascendenza di Dio. Nei miei prossimi articoli, quest’importante aspetto della religione islamica sarà ben posto in evidenza. Tuttavia, nella stesura introduttiva dell’articolo, ho deciso di prestare attenzione al rapporto Dio-Uomo come “unità relazionale” piuttosto che soffermarmi sulla classica nozione di “Unicità di Dio” come è intesa nella tradizione dell’Islam ortodosso sunnita. Questa mia scelta, che definisco “organica” – una sorta di equilibrio tra Trascendenza e Immanenza – è stata pensata tenendo in debito conto il prezioso contributo filosofico dato da alcuni pensatori del sufismo, dell’Islam sciita e da alcuni esponenti del mondo sunnita contemporaneo che si sono soffermati profondamente su questa relazione Dio-Uomo-Mondo, come sviluppo dell’esegesi coranica che identifica nella parola Tawhid sia “l’Unicità di Dio” che “l’Unità con Dio”.

[3] Spesso nell’Islam Gabriele viene rappresentato come Spirito Santo – come avviene anche nel cristianesimo.

[4] Corano – Sura XCVI, versetto 1 (con i primi cinque versetti di questa sura, qui riproposti, inizia la rivelazione del Corano: 1. Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato, 2. ha creato l’uomo da un’aderenza. 3. Leggi, ché il tuo Signore è il Generosissimo, 4. Colui Che ha insegnato mediante il calamo, 5. che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva.

[5] Citato da S.H. Nasr, Ideali e realtà dell’Islam, Rusconi 1989.

 

Bibliografia essenziale

Il Corano, a cura di Alessandro Bausani, BUR
Henry Corbin, Storia della filosofia islamica, Adelphi editore
Seyyed Hossein Nasr, Ideali e realtà dell’Islam, Rusconi editore
Frthjof Schuon, Comprendere L’islam, SE
Al Tabari, Vita di Maometto, BUR

 

Articolo successivo: L’ermeneutica spirituale del Corano e le origini della filosofia islamica (2)

 

 


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