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Karl Marx visto dalla prospettiva di Friedrich Pollock (2)

Karl Marx visto dalla prospettiva di Friedrich Pollock (2)

Dic 03

 

 

Articolo precedente: Karl Marx visto dalla prospettiva di Friedrich Pollock (1)

 

2 Pollock critica Marx

Perché Pollock possa davvero scrivere storia della critica del capitalismo, deve tenere presente che le idee di Marx hanno carattere storico, così come la verità dei suoi scritti, e questo non sfugge mai al nostro economista di Francoforte. Nessuno potrebbe pensare Il Capitale come una Bibbia, quello che vi è scritto va collocato nell’800, ma lo spirito del capitalismo è sempre lo stesso, con tutte le sue contraddizioni. L’idea di Marx è che le contraddizioni insite nella concorrenza avrebbero portato alla fine del capitalismo in quanto autolesive. Friedrich Pollock non condivide quest’idea che il capitalismo possa arrivare ad una fine, pensa invece che ci saranno sempre più depressioni, sempre più lunghe. In pratica Pollock afferma che Marx non aveva contemplato il fatto che i pochi capitalisti arricchiti con i loro monopoli avrebbero potuto mettersi assieme, creare cartelli e trust in modo tale da avere sempre prezzi alti, fissi e sbarazzarsi per sempre della concorrenza perché non ci sarebbe più stata competizione. Questo tipo di evoluzione delle cose cominciava ad intravedersi con la crisi del ’29, quando si stava cominciando a introdurre il tema, di cui si andò via via parlando sempre più, dell’economia di piano. L’economia di piano è tipica del capitalismo di Stato e prevede un continuo intervento politico nell’economia nel tentativo di pilotarla. Per riuscirci si deve creare un piano economico in cui si deve calcolare quanto si vuole produrre, quanto investire, cercare di prevedere le crisi prima che avvengano, pilotare i prezzi cercando di pilotare la domanda. Il ‘29 metteva in discussione l’idea liberale di abbandonare l’economia a se stessa. La crisi è apparsa una conseguenza delle politiche liberali e ne ha quasi decretato la fine. Una serie di critiche venivano tradizionalmente fatte all’economia di piano: poiché la concorrenza è del tutto assente per via del fatto che il potere economico è totalmente in mano ai monopoli, allora la produzione deve calare, perché solo la concorrenza delle aziende costringe queste a produrre sempre di più; inoltre non ci dovrebbe essere innovazione nei prodotti, in quanto questa dipende sempre dalla concorrenza; infine non ci dovrebbe essere ampia libertà di consumo visto che l’abbattimento della concorrenza eliminerebbe la varietà di scelta tra i prodotti. Tutte queste critiche sono state abbattute dalla stessa storia, come dice Pollock, il quale, riguardo all’ultima, afferma che non vi è mai stata una reale libertà nel consumo.

Il capitalismo, secondo Pollock, si sposta verso l’economia pianificata. Quello che non aveva previsto Marx, oltre alla possibilità dell’intervento in economia da parte dello Stato e, anche, alla possibilità di una stabilizzazione di monopoli, è il metodo Procuste. Secondo Pollock il metodo Procuste consiste in una distruzione sistematica di mezzi di produzione e prodotti in eccedenza; esso è un sistema forzato per risolvere le crisi di sovrapproduzione che non può che portare a depressioni più lunghe, ma non alla fine del capitalismo. Quello che è veramente interessante è che il metodo Procuste denuncia la possibilità di una società migliore, una società che sconfigge definitivamente il problema della fame. Se io raccolgo pesche, cerco di venderle e ho numerose eccedenze invendute, non mi conviene regalarle ai poveri perché sarebbe altamente antieconomico (legge capitalista), allora le butto tutte via come fossero marce: ecco il metodo Procuste. Le pesche in più, le eccedenze di produzione derivate dall’evoluzione tecnologica, fanno sperare in una società senza più il problema della fame, perché nel capitalismo sarebbe assurdo parlare di penuria. Già Marx con il concetto di crisi di sovrapproduzione notava che mentre nel Medioevo c’erano carestie per carenza di cibo, adesso qualcuno muore di fame perché c’è troppo cibo. L’economia pianificata deve calcolare la produzione e cercare di prevenire la sovrapproduzione, ma se questa si genera non può far altro che distruggerla.

 

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