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Introduzione a “Virtualità irreale”

Introduzione a “Virtualità irreale”

Apr 17

Oggi pubblichiamo il primo articolo di Manuel Pezzali, studente di Scienze filosofiche presso l’Università degli Studi di Milano. Manuel inizia la sua collaborazione con Filosofia Blog riflettendo sulla disgregazione virtuale dell’identità. Ringraziandolo per il contributo, gli diamo il benvenuto tra i collaboratori del blog.

Premessa dell’autore: propongo qui un’anticipazione a un breve saggio, che mi auguro trovi sviluppo e problematizzazione tali da permettermi di destinarlo alla pubblicazione. Virtualità irreale è un tentativo di condensare riflessioni sull’attuale tendenza alla disgregazione identitaria a fronte di una messinscena virtuale del proprio sé e richiami alla più recente eredità filosofica tanto lungimirante quanto, a volte, non del tutto indagata.

Nel nostro essere “social” diamo grande importanza alla condivisione di pensieri, stati d’animo, punti di vista, luoghi e momenti. Cediamo, consapevolmente, all’irresistibile voglia di pubblicarci, di garantire alle nostre parole un’eco mediatica, ossia ci sforziamo di dare ai nostri pensieri una continuità che passi attraverso la mediazione di qualcun altro, di chiunque legga e condivida una nostra battuta. Si pone ai nostri occhi il tentativo estremo di attuare quella che Foucault, recuperando un’idea di confessione riconducibile alle tradizioni latina e cristiana, chiama publicatio sui, la verbalizzazione del proprio sé di fronte a qualcuno che ascolta, a un confessore. [1]

Oggi, la tendenza viene estremizzata a partire proprio da costanti tentativi di “virtualizzazione” del , di disgregazione della propria identità in un’infinità di atomi destinati all’ingresso in una rete globale.

Contrariamente a quanto il senso comune ci porta a pensare, la rete non è più semplicemente il medium che veicola e indirizza pensieri, ma viene ora a delinearsi come destinatario, come ciò a cui ci si rivolge fin dal momento originario dell’elaborazione concettuale, a fronte, invece, di una metamorfosi dell’altro utente da soggetto a tramite, a mera componente funzionale alla condivisione.

È la rete stessa a essere divenuta il target di ogni nostro atto espressivo concepito fin da subito proprio come azione finalizzata alla pubblicazione. È il progetto globalizzante di una comunità virtuale a indirizzare il soggetto nelle sue decisioni a partire dalle proprie abilità espressive. Lo stile soggettivo è divenuto, oggi, semplicemente il risultato di un’insistita presa a modello di forme standardizzate, tramite cui ogni espressione individuale è ricondotta alla dialettica conflittuale tra linguaggio standard, conforme, idoneo e un linguaggio alternativo, dall’abito anti-conformista, ma che usufruisce ancora dei medesimi stilemi e meccanismi. Con la critica all’anti-conformismo proposta a più riprese da René Girard [2], ci si avvicina a un preciso chiarimento dell’attuale e universale condizione di dipendenza da un sistema che ha inglobato al proprio interno paradossalmente anche le sue stesse vie d’uscita.

Proprio in questo senso, Deleuze, in conclusione a L’Anti-Edipo, prendeva in considerazione il corpus mysticum dell’Edipo a Colono stigmatizzandolo come l’eroe della fuga, intendendo quest’ultima non banalmente come una fuga dal sociale, ma come una fuga del sociale attraverso quelle particolari vie d’uscita che esso stesso contiene al proprio interno.

Per fuggire da questa macchina globale, da questo socius – questo corpo socio-politico di cui già Hobbes e Marx offrono una consistente problematizzazione pur da differenti prospettive – noi dovremo forse, in quanto esseri social, aprirci una via che non pretenda di porsi fin da subito come l’alternativa, ma che segua quelle stesse possibilità di fuga offerte proprio dal mondo delle relazioni socio-virtuali, che finga un’adesione in conformità ad esso per poi deviarne in maniera perversa le implicazioni? Riprendendo ancora una volta un’espressione cara a Deleuze, non dovremo forse attuare una controeffettuazione umoristica di questa socialità virtuale? [3]

Per Deleuze è semplicemente impossibile fuggire da questa macchina: “On n’échappe pas de la machine” [4], è questo il punto cardine della sua riflessione sul rapporto tra la macchina repressiva e quel soggetto che, desiderando la propria repressione, finisce con l’amare “di un amore del tutto disinteressato” la macchina stessa.

Deleuze non poteva, ovviamente, comprendere le implicazioni della caduta in una trappola virtuale che costringe il soggetto ad adeguarsi a un’aspettativa di massa, a dipingersi non come l’Altro desidera, ma come la rete di altri necessita. Non è più un duplice confronto tra Io e Altro, dove nella temporalità dell’après coup – per dirla con Lacan – retroattivamente l’Altro accoglie e riconosce la mia domanda di essere riconosciuto. Non vi è quell’altro soggetto operante, sia esso l’altro di cui parla Husserl, inteso come un altro soggetto fatto mio attraverso l’Einfühlung, oppure sia esso, in termini hegeliani, il frutto di un’autocoscienza ek-statica che nel suo riflettere su se stessa si perde e diviene altro da sé. Siamo di fronte, invece, ad un terzo elemento che agisce sì come un soggetto operante, come un ego fungente, ma che propriamente non lo è; che ordina e legifera sì come un despota o come la “macchina di Stato”, ma che non funziona esattamente allo stesso modo. [5]

Nell’intrecciarsi di personalità contrastanti – in questa operazione assolutamente priva di interruzioni e apparentemente libera da ogni ostacolo reale o possibile – la specificità dell’individuale si perde e lascia spazio a una forza impersonale che accumula le differenze al proprio interno e le trasforma in molteplici parti, in ingranaggi funzionali allo sviluppo di una rete globale che non necessità più di interrogarsi sul suo presupposto, cioè su quella particolare intuizione del singolo che riserva il proprio atto espressivo alla pubblicazione su una piattaforma che funziona per meccanismi di condivisione e gradimento.

Ciò che ci permette di dire che la rete di altri, di terzi – forse sarebbe meglio dire, con Lacan, una rete d’Altro, d’autre chose [6] – non è un soggetto che ordina ed esegue concretamente, è il semplice fatto che essa non viene a inscriversi direttamente sul piano del reale, non c’è alcuna diretta e dimostrabile evidenza degli effetti di questo nuovo orizzonte di senso, ma essa si trova installata in una maniera del tutto arbitraria su un livello virtuale che differisce, come detto, sia dalla realtà sia da una dimensione ideale, nel momento in cui realizziamo effettivamente l’esistenza di un condizionamento subito dagli utenti, certamente non dimostrabile attraverso un’indagine che operi sulla realtà concreta, nondimeno deducibile da un’interrogazione sistematica del senso di una ripetizione di gesti che sembrano dettati, per l’appunto, da terzi, da un elemento che sul piano del reale non si vede, ma che opera a un livello intermedio.

La dimensione virtuale, infatti, non è solamente una simulazione di rapporti intersoggettivi che non trovano un effettivo riscontro sul piano del reale allo stesso modo delle idee di Platone, ma si tratta di un sistema che offre un panorama variegato di modelli standardizzati che trovano risposta nell’adozione di determinati atteggiamenti, di specifiche modalità espressive da parte degli utenti.

Note

[1] M. Foucault, Storia della Sessualità. La volontà di sapere, 1976, ed. Feltrinelli, 2004, Milano, pp. 54-58.
[2] R. Girard, La voce inascoltata della realtà, 2002, Adelphi, 2006, Milano, pp. 199-201.
[3] G. Deleuze, Logica del senso, 1969, ed. Feltrinelli, 2011, Milano, p. 135.
[4] La citazione, dal saggio Kafka – Per una letteratura minore, è riportata da Carmelo Bene, in occasione dell’incontro al Maurizio Costanzo Show del 1995 (video integrale disponibile su YouTube).
[5] E. Husserl, La crisi delle scienze europee, 1954, Il Saggiatore, 2008, Milano, pp. 208-210.
[6] M. Recalcati, Jacques Lacan. Desiderio, godimento e soggettivazione, ed. Raffaello Cortina, 2012, Milano, p. 297.

Bibliografia di riferimento

  • Deleuze G., Logica del senso, 1969, Feltrinelli, 2011, Milano
  • Deleuze G., Guattari F., Capitalismo e Schizofrenia. L’Anti-Edipo, 1972, Einaudi, 2002, Torino
  • Deleuze G., Guattari F., Kafka – Per una letteratura minore, 1975, Quodlibet, 1996, Macerata
  • Foucault M., Storia della sessualità. La volontà di sapere, 1976, Feltrinelli, 2004, Milano
  • Girard R.., La voce inascoltata della realtà, 2002, Adelphi, 2006, Milano
  • Hegel G.W.F., La fenomenologia dello spirito, 1807, Einaudi, 2008, Torino
  • Husserl E., La crisi delle scienze europee, 1954, Il Saggiatore, 2008 Milano
  • Lacan J., Scritti, 1966, Einaudi, 2002, Torino
  • Recalcati M., Jacques Lacan. Desiderio, godimento e soggettivazione, Raffaello Cortina, 2012, Milano

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