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Byung-Chul Han: interprete dei nostri tempi (2)

Byung-Chul Han: interprete dei nostri tempi (2)

Mar 01

 

 

Articolo precedente: Byung-Chul Han: interprete dei nostri tempi (1)

 

La pornografia dell’anima

La società della trasparenza è uno dei libri che hanno reso molto noto Byung-Chul Han in qualità di filosofo. In esso è presente una concezione molto particolare della trasparenza come elemento cardine per spiegare la nostra società del capitalismo digitale e l’economia attuale del mondo consumista. In un certo senso possiamo quindi prendere il termine trasparenza alla lettera: qualcosa è trasparente perché possiamo vedere attraverso di essa. Il fatto di poter vedere attraverso non significa solo poter scoprire cosa c’è dall’altra parte, ma ha anche un senso nichilista che mano a mano che mi addentrerò nel pensiero di questo autore sarà sempre più chiaro. Il primo senso di trasparenza è controllo: una telecamera vede quello che noi facciamo, le nuove tecnologie possono anche leggerci la mente, non c’è più niente che non possa essere oggetto dello sguardo del grande fratello invisibile. L’effetto della trasparenza in questo caso è quello del Panottico di Bentham: questa società labirintica è analoga a un edificio chiuso in cui le persone sono imprigionate, al di fuori del quale qualcuno vede tutto mentre nessuna di esse sa di essere vista. Byung-Chul Han svolge a suo modo questo concetto di Panottico. Questo libro c’interessa anche perché curiosamente in precedenza era già stato pubblicato, in ambito filosofico, un libro sul tema della trasparenza: sto parlando di Società trasparente di Gianni Vattimo [4]. Quello di Vattimo e quello di Han sembrano due scritti molto diversi; secondo me tuttavia ciò non è del tutto vero. In primo luogo credo che in Han esistano dei tratti ermeneutici, e Vattimo chiaramente appartiene alla scuola dell’ermeneutica, e, in seconda luogo, è interessante vedere come entrambi sviluppino il concetto di trasparenza. Vattimo parla infatti di trasparenza come totale consapevolezza di sé, concetto che intravede nell’immagine della società dello spirito assoluto realizzato in Hegel. Hegel infatti dice che con la realizzazione dello spirito assoluto si sarebbe arrivati ad una società in cui l’uomo avrebbe espresso nel miglior modo possibile la propria libertà. Il concetto di società completamente autocosciente, di società trasparente, intesa come società illuminata, viene poi di fatto da Vattimo associato a quello di società del controllo. In quell’opera Vattimo contrappone l’autocoscienza e quindi la trasparenza di una società del controllo, come immaginata da Adorno nella sua critica alla società a lui contemporanea ed alla televisione, al modello del multiculturalismo e di quello che secondo lui sarebbe il caos che genera mancanza di senso di realtà, caos prodotto dalla televisione e dai vari mass media. Trasparenza in Vattimo significa pensiero unico e controllo, e questo è anche il primo senso in cui la intende Byung-Chul Han, ma di questo aspetto specifico parlerò più avanti. Il controllo implica ancora un elemento di segretezza, in quanto non siamo consapevoli di chi sia la persona che sta dall’altra parte della telecamera, salvo nel caso in cui, come in David Brin, si pensi una società dove il controllo è democratico, così che la trasparenza sarebbe totale perché tutti controllerebbero tutti. Il secondo senso della trasparenza ci rimanda al nichilismo, e questo vale sia in senso ontologico, sia in senso etico. Partendo dal problema etico, oggetto del nostro interesse è il fatto che Han definisca la nostra società “senza rispetto”. Il rispetto presuppone la distanza, ma il nostro mondo non conosce distanze: è come se internet le avesse cancellate. Il rispetto presuppone il fatto di non invadere gli spazi degli altri. Ecco perché è essenziale la distanza: senza questa manca un presupposto per l’etica. Tra l’altro su questo punto Han si dimostra molto critico nei confronti dell’etica della trasparenza di un filosofo come Rousseau, il quale ad esempio sostiene che non avrebbe nessun problema nel vivere in una casa trasparente in quanto non ha nulla da nascondere e che il cuore dell’uomo etico dovrebbe essere altrettanto trasparente. Il problema riguarda tutta quell’enfasi sulla cultura dell’intimità che non è altro che un’altra parte dell’ideologia della trasparenza. Il fatto è che si vuole rendere trasparente l’anima delle persone, e questo sarà sempre più chiaro mano a mano che il testo si svolgerà. I Passagenwerk di Walter Benjamin sollevano un problema che secondo me è parte integrante dell’analisi di Byung-Chul Han: cosa succede quando la tua anima si prostituisce?. L’obbiettivo del filosofo coreano è descrivere la nostra pornosocietà; essa è porno perché si basa sulla trasparenza. Quando qualcosa si da nella sua totale nudità diventa pornografia, cosa che succederebbe anche all’anima se, appunto, si desse nella sua totale nudità. Questa insensata tendenza dei tempi per cui oggi ogni persona vuole pubblicizzare se stessa, per cui si vuole essere sempre sotto i riflettori, porta a una situazione in cui il nostro interiore, così come i nostri pensieri, sono sempre illuminati e tenuti sotto controllo. Cosa succede quando l’anima non ha uno spazio segreto in cui coltivare una vita interiore non pubblica? L’anima sembra diventare trasparente, sembra cioè cancellarsi [5]. Byung-Chul Han infatti dice: «Le cose non svaniscono nel buio, bensì nell’eccesso di illuminazione (…)» [6]. Anche se qualcosa divenendo trasparente, nel senso che si può vedere al suo interno, viene posto in risalto, più si illumina quel contenuto che si voleva far risaltare, più esso sembra scomparire; in questo senso intendo dire che la trasparenza sembra implicare del nichilismo, anche in senso ontologico. La società è trasparente perché è pornografica, è pornografica perché è espositiva. Già in Benjamin si vedeva un valore espositivo messo in contrapposizione al valore di scambio e a quello d’uso [7]. Non è solo feticismo, la merce ha proprio un valore espositivo, ma è l’esposizione e quindi l’illuminazione forte che rende tutto pornografico. Quando parlo di prostituzione dell’anima in Benjamin, mi riferisco anche e soprattutto al problema della perdita dell’interieur, trattato molto spesso nei Passagenwerk. L’interiore si perde, l’anima si prostituisce, quando viene esteriorizzata, quando viene esposta alla forte luce. L’anima in questo caso diventa la casa del borghese, la scala a chiocciola, le merci. C’è un particolare discorso in Marcuse su come l’uomo d’oggi riconosca o veda la propria anima nella sua automobile, noi potremmo anche dire nel suo portafoglio [8]. La causa principale della pornografia dell’anima è la sua possibilità di essere illuminata in quanto può essere oggetto della psicopolitica, la quale ora non ha più come funzione quella di compiere lavaggi del cervello, quanto piuttosto di leggere il pensiero, di costruire psicodrammi sulla base dei data che si hanno su una persona. Facebook e molti social rientrano in questo discorso del controllo mentale perché là è dove esponiamo impudentemente i nostri pensieri e i nostri fatti privati, ovvero dove l’interieur si fa pornografia.

 

Note

[4] Qui inserisco questo autore, che Han non cita, non solo per la vicinanza degli argomenti delle due opere, ma anche perché Vattimo è un esponente dell’ermeneutica. Qui si può intendere con ermeneutica quella corrente filosofica che sostiene che non vi sono fatti, ma solo interpretazioni. Per questo motivo si può affermare che non vi è alcuna verità in sé o verità assoluta, il che viene rappresentato da Vattimo attraverso un pensiero debole che per la sua stessa natura rende possibile un pluralismo di verità, caratteristico di una società multiculturale quale quella in cui noi stessi ci troviamo. Il multiculturalismo, come constata Società trasparente, rappresenta una forma di emancipazione dal pensiero unico.

[5] Il caso Snowden dovrebbe farci riflettere sul problema della privacy. Forse solo con una nostra “zona d’ombra”, uno spazio segreto possiamo veramente essere liberi.

[6] Han, Byung-Chul, La società della trasparenza, Figure nottetempo, Roma 2014, p. 26.

[7] Il valore d’uso indica l’utilità che ha una merce per noi, il valore di scambio consiste invece nel suo prezzo. Il valore espositivo non è il valore d’uso perché non concerne l’utilità del prodotto. L’esposizione è semplicemente quel carattere porno della merce che stimola tramite il sex appeal l’acquirente portandolo spesso a comprare dei prodotti dalla dubbia utilità. Il valore espositivo non è nemmeno il valore di scambio. Potrebbe sembrarlo perché il prezzo ha il suo carattere di feticcio, tuttavia un prezzo, per alto che sia, non rende conto del carattere porno della merce nella vetrina trasparente che affascina tanto il compratore.

[8] Basti pensare alla rappresentazione del capitalismo come religione che ne fa Benjamin.

 

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