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Testimonianze filosofiche su Ippaso

Testimonianze filosofiche su Ippaso

Lug 25

 

 

1. Diog., VIII, 84: Ippaso metapontino, anche questi Pitagorico. Professò dunque che v’è un tempo determinato riguardante la trasmutazione del cosmo, e che il tutto è finito e sollecitato [: in movimento] per l’eternità.

7. Arist., Metaph., I, 3, 984a 7: Il metapontino Ippaso, dunque, il fuoco, e pure l’efesio Eraclito.

Simpl., In Arist. Phys., p. 23, 33 (Theophr., Phys. Opin., fr. 1): Pure costoro, dunque, il metapontino Ippaso e l’efesio Eraclito [DK 22 A 6], [posero un universo] singolo, sollecitato [: mobile] e finito; peraltro qualificarono come fuoco l’archè, e dal fuoco estraggono gli essenti per infittimento e rarefazione, e li dissolvono ancora in fuoco, giacché questa sarebbe la singola natura qualificabile come sostrato.

Aët., I, 5, 5: Il metapontino Ippaso, dunque, e pure l’efesio Eraclito di Blosone furono persuasi che singolo sia il tutto, eternamente sollecitato [: in movimento] e finito, come pure che archè debba esser il fuoco.

Aët, I, 3, 11: A Eraclito e pure al metapontino Ippaso il fuoco sembrò archè di tutti quanti gli esistenti; siccome da fuoco tutti gli esistenti si generano e nel fuoco tutti terminano pure, allegano.

8. Clem., Protr., 5, 64, p. 49, 3 (Stähl.): Supposero dio il fuoco il metapontino Ippaso e l’efesio Eraclito.

9. Aët., IV, 3, 4: Per Parmenide ed Ippaso ed Eraclito [l’anima] è in odore d’esser pirica.

Tertull., De anima, 5: Ipparco [sic] e pure Eraclito estraggono [l’anima] dall’igne.

10. Claud. Man., De anima, II, 7: Il metapontino Ippone [sic], esponente dell’identica scuola di Pitagora, dopo aver premesso sull’anima argomenti indissolubili stando alla prospettiva del suo sentire, così si pronuncia: «Altro è il corpo, altro, e di gran lunga, l’anima, che eziandio in corpo torpido vige, eziandio in cieco vede, eziandio in morto vive; comunque donde provenga, ossia da che principio, dice d’ignorarlo».

11. Iambl., De anima in Stob. Ecl., I, 49, 32, p. 364, 8 (W.): Alcuni dei Pitagorici articolano altresì la corrispondenza tra questo [scil. il numero] e la psiche in questo modo, semplicemente. Invece Senocrate suscita la corrispondenza giacché semovente, il pitagorico Moderato per parte sua giacché avente loghi [: rapporti armonici], e Ippaso, l’acusmatico dei Pitagorici, giacché «organo critico di Dio cosmurgo [kritikón kosmourgóu theóu órganon]».

Iambl., In Nicom. Arithm., 10, 20 (Pistelli): Gli acusmatici proseliti d’Ippaso vocavano il numero «paradigma pristino della cosmopoiesi [parádeigma prōton tēs kosmopoias]» ed anche «organo critico di Dio cosmurgo [kritikón kosmourgóu theóu órganon]».

Syr., In Arist. Metaph., p. 123, 7 (Kroll): Ippaso e tutti quanti gli acusmatici vogliono che il numero sia «organo critico di Dio cosmurgo [kritikón órganon kosmourgóu theóu]» e «paradigma della cosmopoiesi [parádeigma tēs kosmopoias]».

 

I testi sono tratti dall’edizione di M. Timpanaro Cardini, Pitagorici. Testimonianze e frammenti, fasc. I: Pitagora, Cercope, Petrone, Brontino, Ippaso, Callifonte, Democede, Parmenisco, Alcmeone, Icco, Parone, Aminia, Menestore, Xuto, Firenze 1958.
Nella traslitterazione l’accento è sempre semplificato in acuto e segnato solo sui polisillabi non piani.

 

 


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