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Testimonianze filosofiche su Anassagora (8)

Testimonianze filosofiche su Anassagora (8)

Set 23

 

 

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Diels-Kranz 59 A 48

Aet. I 7, 5: Anassagora afferma che stavano fermi in principio [heistēkei kat’ arkhas] i corpi, l’intelletto di Dio, dunque, li dispose ordinatamente e produsse le generazioni di tutte le cose [nous de auta diekosmēse theou kai tas geneseis tōn holōn epoiēse].

Ibid. 7, 15: Anassagora dice esser il dio un intelletto costruttore del cosmo [noun kosmopoion ton theon].

Cfr. Eur. fr. 1018: Il nostro intelletto è in ciascuno Dio [ho nous gar hēmōn estin en hekastō(i) theos].

Philodemus, De pietate, c. 4a, p. 66 Gomperz: È stato [gegonenai] ed è e sarà e primeggia e signoreggia su tutte le cose [pantōn arkhein kai kratein]. E l’intelletto ha disposto ordinatamente tutte le cose in complesso, ch’erano infinite e mescolate [noun apeira onta [me]meigmena ta sumpanta diakosmēsai] [cfr. DK 59 B 12].

Cicero, De natura deorum, I 11, 26: Donde Anassagora, che fu discepolo di Anassimene, per primo volle che la disposizione ed il modulo di tutte le cose fossero disegnati e confezionati dalla forza e ragione d’una mente infinita [omnium rerum discriptionem et modum mentis infinitae vi ac ratione dissignari et confici]; in ciò non vide che non ci può essere né alcun moto sensibile congiunto e continuo all’infinito né una sensazione in generale, colpita dalla quale la natura tutta non abbia a sentire [neque motum sensu iunctum et continentem infinito ullum esse posse neque sensum omnino, quo non tota natura pulsa sentiret]. Quindi se volle che questa mente fosse quasi qualcosa d’animato [animal aliquod], sarà qualcosa di più interno dal quale quell’essere animato sia nominato [erit aliquid interius ex quo illud animal nominetur]. Che c’è d’altra parte di più interno della mente [quid autem interius mente]? Sia cinto allora [cingatur igitur] da un corpo esterno. Giacché non s’accetta ciò, una mente aperta e semplice, non congiunta ad alcuna cosa, con la quale possa aver sensazione [aperta simplexque mens nulla re adiuncta, qua sentire possit], sembra sfuggire alla forza ed alla razionalità dell’intelligenza nostra [fugere intelligentiae nostrae vim et rationem].

Diels-Kranz 59 A 49

Cicero, Academica priora, II 37, 118: Anassagora affermò che la materia è infinita, ma da questa sorgono particelle minute simili tra loro [sed ex ea particulas similes inter se minutas]; queste, dapprima confuse, poi furon condotte all’ordine [in ordinem adductas] da una mente divina.

Diels-Kranz 59 A 50

Aristot. Phys. 205b 1: Anassagora argomenta assurdamente per quanto riguarda il rimanere immobile dell’infinito [atopōs legei peri tēs tou apeirou monēs]: afferma infatti che l’infinito resta immobile [stērizei] sé stesso [auto hauto]; questo dunque accadrebbe perché è in sé [touto de, hoti en autō(i)]: nulla d’altro infatti lo circonda, come se dove qualcosa è, in questo luogo fosse per natura [allo gar ouden periekhein, hōs hopou an ti ē(i), pephukos entautha einai].

[Aristoteles,] De Melisso, Xenophane, Gorgia, 975b 16

Ibid. 976a 13

Diels-Kranz 59 A 51

Aet. I 14, 4: Anassagora suppose gli omeomeri polimorfi [poluskhēmona].

Lanza A 52

Aristot. Phys. 187a 20

Diels-Kranz 59 A 52

Aristot. De gen. et corr. 314a 11: Quanti pongono più di una materia [pleiō tēn hulēn henos titheasin], come Empedocle ed Anassagora e Leucippo, dovrebbero di necessità dirle dunque alternative [heteron] [scil. alterazione e generazione]; eppure Anassagora, ecco, misconobbe la propria affermazione [tēn oikeian phōnēn ēgnoēsen]: dice infatti che il generarsi ed il perire costituiscono un’identità coll’alterarsi [legei goun hōs to gignesthai kai apollusthai tauton kathestēke tō(i) alloiousthai].

[Hyppocrates,] De victu, I 4: Orbene, nessuna di tutte quante le cose perisce né si genera ciò che non era anche prima; invece mischiandosi e discriminandosi s’alterano [summisgomena de kai diakrinomena alloioutai]. Cfr. Diels-Kranz 59 A 112.

 

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