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Testimonianze filosofiche su Anassagora (6)

Testimonianze filosofiche su Anassagora (6)

Set 16

 

 

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Diels-Kranz 59 A 45

Aristot. Phys. 203a 19: Quanti invece rendono [poiousi] infiniti gli elementi, come per esempio Anassagora e Democrito, l’uno con [ek] le omeomerie, l’altro con la panspermia delle forme [panspermias tōn skhēmatōn], affermano che l’infinito è continuo [sunekhes] per contatto [tē(i) haphē(i)]. Il primo afferma anche che una qualsiasi delle parti è un miscuglio, similmente a quel che vale per il tutto, con riguardo al fatto che qualunque cosa si genera da qualunque cosa [hotioun tōn moriōn einai meigma homoiōs tō(i) panti dia to horan hotioun ex hotououn gignomenon].

Lanza A 45

Aristot. Phys. 203a 25: Sembra, ecco, che per questo [enteuthen] affermi anche che tutte le cose erano una volta [pote] insieme, come questa carne e quest’osso, e così qualunque cosa; tutte ed ognuna, orbene, ancorché simultaneamente [kai panta ara; kai hama toinun]: il principio, infatti, della discrezione non solo è in ciascuna, ma anche di tutte [arkhē gar ou monon en hekastō(i) esti tēs diakriseōs, alla kai pantōn]. Poiché, ecco, il generato si genera da un tale corpo, di tutte v’è genesi, tuttavia non simultaneamente [to gignomenon ek tou toioutou gignetai sōmatos, pantōn d’ esti genesis plēn oukh hama], e dunque deve esservi un qualche [tina] principio della genesi, questo, or dunque, è unico, ciò che [mia, hoion] egli chiama intelletto, l’intelletto [nous], dunque, da un qualche principio opera intuendo [ap’ arkhēs tinos ergazetai noēsas], cosicché è necessario che una volta [pote] tutte le cose fossero insieme ed iniziassero in un qualche momento a muoversi [arxasthai pote kinoumena].

Lanza A 45

Aristot. De gen. et corr. 327b 20: Ma non argomentano bene questo coloro che affermano che tutte le cose una volta erano insieme ed eran mescolate [alla touto legoousi ou kalōs hoi panta pote homou phaskontes einai kai memikhtai]: non tutto infatti è misto a tutto, ma ciascuno dei due mischiati deve sussistere separato [ou gar hapan hapanti mikton, all’ huparkhein dei khōriston hekateron tōn mikhthentōn].

Ibid. 31: È da distinguersi l’impasse comportato da queste premesse: se la mistione sia qualcosa di relativo alla percezione [to de sunekhes toutois aporēma diaireteon, poteron hē mixis pros tēn aisthēsin ti esti].

Diels-Kranz 59 A 45

Simpl. Ph. 460, 4: Poiché entrambi, Anassagora per le omeomerie e Democrito per gli atomi, li ipotizzano [hupotithetai] infiniti di numero come principi [tō(i) plēthei hōs arkhas], visionando in primis la dottrina di Anassagora c’insegna anche la causa [tēn aitian] per cui [di’ hēn] Anassagora giunse a tale [eis toiautēn ēlthen] supposizione [huponoian], ed indica ch’era necessario non solo ch’egli argomentasse l’infinitezza in magnitudine dell’intero miscuglio [ou monon to holon migma apeiron anankē tō(i) megethei legein auton], ma anche che ciascuna omeomeria, similmente a quel che vale per l’intero, avesse contenute in sé tutte le cose, e non infinite solamente, ma anche infinitamente infinite [hekastēn homoiomereian homoiōs tō(i) holō(i) panta ekhousan enuparkhonta, kai oude apeira monon alla kai apeirakis apeira]. Ma a tale concetto [eis men tēn toiautēn ennoian] Anassagora giunse ritenendo che nulla si generi dal niente e che tutto sia nutrito dal simile [hēgoumenos mēden ek tou mē ontos ginesthai kai pan hupo homoiou trephesthai]. Vedendo quindi che tutto si genera da tutto, seppur non immediatamente ma con ordine [horōn oun pan ek pantos ginomenon, ei kai mē amesōs alla kata taxin] (ed infatti dal fuoco si genera l’aria e dall’aria l’acqua e dall’acqua la terra e dalla terra la pietra e dalla pietra ancora [palin] il fuoco, ed ingerendo lo stesso [tēs autēs] alimento, come pane, si generano molte cose dissimili [polla kai anomoia], carne, ossa, vene, nervi, capelli, unghie e pure ali, se questo è il caso, e corna, ed il simile aumenta col simile [auxetai de to homoion tō(i) homoiō(i)]). Per queste ragioni [dia tauta] assunse [hupelaben] che nel cibo e nell’acqua, se di questa si nutrono gli alberi, vi sono legno e corteccia e frutto. Perciò diceva che tutte le cose son mescolate in tutte le cose e che la generazione avviene per secrezione [panta en pasin elegen memikhtai kai genesin kata ekkrisin ginesthai]. A questo dunque aggiunse forse anche il generarsi di alcune altre cose permanenti [to menontōn tinōn ginesthai ap’ autōn alla], come dalla pietra il fuoco e dall’acqua bollente l’aria. Vedendo dunque da ciascuna delle cose adesso discrete secernersi tutte le cose [aph’ekastou tōn nun diakekrimenōn panta ekkrinomena], come dal pane la carne, l’osso e le altre cose, come se tutte simultaneamente sussistessero in esso e fossero mescolate insieme, a partire da queste osservazioni suppose anche che tutti gli enti fossero mescolati insieme in precedenza, prima di discriminarsi [hōs pantōn hama enuparkhontōn autō(i) kai memigmenōn homou, ek toutōn hupenoei kai panta homou ta onta memikhthai proteron prin diakrithēnai]. Perciò iniziò così il suo scritto: «erano insieme tutte le cose [ēn homou panta khrēmata]» [DK 59 B 1], cosicché «ciascuna», come questo pane, «è un miscuglio similmente a come avviene per il tutto [migma einai homoiōs tō(i) panti]» [cfr. fr. 16 Schaubach] sia di questa carne sia di quest’osso.

Ibid. 1123, 21: Sembrava dunque che Anassagora dicesse che, essendo tutte le cose insieme e stando in quiete per il tempo infinito prima di questo, avendo voluto l’intelletto ordinatore discernere le specie [ēremountōn ton apeiron pro tou khronon boulētheis ho kosmopoios nous diakrinai ta eidē], che chiama omeomerie, impresse ad esse movimento [kinēsin autais enepoiēsen]: non vi sarebbe [ēn] infatti discrezione corporea senza generarsi del movimento [diakrisin sōmatikēn aneu kinēseōs genesthai].

 

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