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Testimonianze filosofiche su Anassagora (13)

Testimonianze filosofiche su Anassagora (13)

Ott 11

 

 

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Diels-Kranz 59 A 94, Lanza A 94

Aristot. Eth. Nic. 1154b 7: Sempre infatti pena [ponei] il vivente, come i fisiologi testimoniano, affermando che il vedere e l’udire sono dolorosi [to horan kai to akouein phaskontes einai lupēron]; ma ormai siamo assuefatti [ēde sunētheis esmen], così professano.

Aspasius ad locum, p. 156, 14: Anassagora infatti diceva che sempre pena il vivente mediante le sensazioni [dia tōn aisthēseōn]. Non dice dunque queste cose come se gli si confacessero [hōs sunkatatithemenos], ma facendo storia, poiché ad essi, ecco, non sembrava che il vivente fosse sempre in pena [historōn, epei ouk edokei ge autois aei en ponō(i) einai to zō(i)on]. Ed accusa Anassagora, < come anche > Teofrasto nell’Etica, dicendo che il piacere scaccia [exelaunei] il dolore quale contrario.

Aet. IV 9, 16: Anassagora dice che ogni sensazione è accompagnata da pena [pasan aistēsin meta ponou].

Diels-Kranz 59 A 95

Cicero, Academica posteriora, I 12, 44: Per l’oscurità di quegli argomenti [rerum] che avevano condotto [adduxerant] Socrate alla professione d’ignoranza [ad confessionem ignorationis] e già prima di Socrate Democrito, Anassagora, Empedocle, quasi tutti gli antichi, che dissero che non si può conoscere nulla, percepire nulla, sapere nulla [nihil cognosci, nihil percipi, nihil sciri posse]: angusti i sensi [DK 31 B 2], deboli [imbecillos] le anime [DK 59 B 21], brevi i corsi [curricula] della vita e, usando Democrito, la verità è immersa [demersam] nel profondo [DK 68 B 117], tutte le cose si mantengono nelle opinioni e nelle circostanze [opinionibus et institutis omnia teneri], nulla è lasciato alla verità, dunque dissero che tutte le cose sono circondate da tenebre [tenebris circumfusa].

Diels-Kranz 59 A 96

Aet. IV 9, 1: Anassagora, Democrito, Pitagora, Empedocle, Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso, Metrodoro, Protagora, Platone affermano che le sensazioni sono mendaci [pseudeis].

Diels-Kranz 59 A 99, Lanza A 99

Aristoteles, De anima, 404a 25: Similmente dunque anche Anassagora dice che è l’anima che muove [psukhēn einai tēn kinousan], e chiunque altro abbia enunciato che l’intelletto mosse il tutto [to pan ekinēse nous], benché non argomenti del tutto, ecco, come Democrito.

Diels-Kranz 59 A 100, Lanza A 100

Aristot. De anima 404b 1: Anassagora invece è meno chiaro intorno ad essi [hētton diasaphei peri autōn]: più volte infatti dice che l’intelletto è la causa del bene e del corretto [to aition tou kalōs kai orthōs ton noun legei], altre volte invece che questo è l’anima: esso infatti sussiste [enuparkhein] in tutti [en hapasin] i viventi nell’insieme, sia grandi sia piccoli, sia importanti sia meno importanti [atimoterois]. Eppure non pare proprio che l’intelletto definito come mente [ou phainetai d’ ho kata phronēsin legomenos nous] sussista similmente in tutti i viventi, ma neppure in tutti gli umani.

Ibid. 429b 23: Se l’intelletto è un che di semplice [haplon] ed impassibile e non ha nulla di comune con nulla [mētheni mēthen ekhei koinon], come afferma Anassagora, come intenderà, se l’intendere è un qualche patire (in quanto, ecco, sussiste in entrambi qualcosa di comune, l’uno sembra agire, l’altro patire), ed inoltre è esso stesso intelligibile [pōs noēsei, ei to noein paskhein ti estin (hē(i) gar ti koinon amphoin, to men poiein dokei to de paskhein), eti d’ ei noētos kai autos]?

Ibid. 405a 13: Anassagora sembra sì dire che anima ed intelletto sian diversi [eoike men heteron legein psukhēn te kai noun], come s’è detto anche prima, usa però entrambi come un’unica natura, tranne fare dell’intelletto, ecco, il principio di tutte le cose in generale [khrētai d’ amphoin hōs mia(i) phusei, plēn arkhēn ge ton noun tithenai malista pantōn]: afferma infatti che solo [monon] esso tra gli enti [auto tōn ontōn] è semplice e non-misto e puro. Or dunque, dota d’entrambe le proprietà lo stesso principio, il conoscere ed il muovere, dicendo che l’intelletto mosse il tutto [apodidōsi d’ amphō tē(i) autē(i) arkhē(i), to te gignōskein kai to kinein, legōn noun kinēsai to pan], come abbiam detto anche prima.

Ibid. 405b 19: Anassagora solo [monos] afferma che l’intelletto è impassibile e che non ha nulla di comune con nessuna delle altre cose [koinon outhen outheni tōn allōn ekhein]. Essendo però tale [toioutos], come conosca e per quale causa [pōs gnōriei kai dia tin’ aitian] egli né lo ha argomentato né è chiaramente comparso nel contesto degli argomenti [ek tōn eirēmenōn sumphanes estin].

Ibid. 429a 18: È necessario allora, poiché intende tutte le cose [epei panta noei], che sia non-misto, come afferma Anassagora [DK 59 B 12], affinché domini [hina kratē(i)], ossia affinché conosca [gnōrizē(i)].

 

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