Temi e protagonisti della filosofia

Pseudo Dionisio Areopagita, Teologia mistica III

Pseudo Dionisio Areopagita, Teologia mistica III

Giu 20

III

Orbene, nellle Istituzioni teologiche [Theologikais Hupotupōsesi] celebrammo i punti principali [ta kuriōtata] della teologia affermativa [kataphatikēs]: come [pōs] la divina e buona natura [phusis] si dica unica [henikē legetai], come si dica trinitaria [triadikē]; quale sia la paterinità predicata di essa e quale la filiazione [tis hē kat’ autēn legomenē patrotēs te kai huiotēs]; che cosa voglia mostrare la teologia dello Spirito [ti bouletai dēloun hē tou pneumatos theologia]; come dall’immateriale [ek tou ahulou] ed imparcellizzabile bene [amerous agathou] sorsero [exephu] le luci interiori della bontà [enkardia tēs agathotētos] e come sian rimaste [apomemenēken] in lui [en autōi], in se stesse [en heautois] e l’una nell’altra [en allēlois], inamovibili [anekphoitēta] dalla [tēs] manenza coeterna alla germinazione [sunaïdiou tēi anablastēsei monēs]; come il sopraessenziale [huperousios] Gesù sia veramente essenziato nella natura umana [anthrōpophuïkais alētheiais ousiōtai] e quant’altro, esposto nella Parola di Dio [hosa alla pros tōn logiōn ektephasmena], è celebrato nelle [kata tas] Istituzioni teologiche. Nello scritto Sui nomi divini, poi, si espone come sia chiamato buono, essente, vita, sapienza, potenza e quant’altro è tra i nomi intelligibili di Dio [en de tōi Peri Theiōn Onomatōn pōs agathos onomazetai, pōs ōn, pōs zōē kai sophia kai dunamis kai hosa alla tēs noētēs esti theōnumias]. Nella Teologia simbolica, poi, si espone quali siano le rinominazioni dei sensibili nei nomi divini [en de tēi Sumbolikēi Theologiai, tines hai apo tōn aisthētōn epi ta theia metōnumiai], quali le divine forme [morphai], quali le divine figure, parti e funzioni [schēmata kai merē kai organa], quali i divini luoghi [topoi] ed ordini [kosmoi], quali i furori [thumoi], quali i dolori [lupai] e le ire [mēnides], quali le ebbrezze [methai] e le crapole [kraipalai], quali i giuramenti [horkoi] e quali le imprecazioni [arai], quali i sogni [hupnoi] e le veglie [egrēgorseis], e quant’altre sono formazioni santamente plasmate della rappresentazione simbolica di Dio [hosai allai tēs sumbolikēs eisi theotupias hieroplastoi morphōseis].

Ebbene, credo tu ti sia avveduto di come gli ultimi scritti [ta eschata] siano più prolissi [polulogōtera] dei primi [tōn pōtōn]; ed infatti bisognava che le [kai gar echrēn tas] Istituzioni teologiche ed il riadattamento [anaptuxin] dei Nomi divini fossero più brachilogici della [brachulogōtera einai tēs] Teologia simbolica, poiché di quanto accenniamo verso l’alto, d’altrettanto le parole si contraggono nell’occhiata d’insieme degli intelligibili [epeiper hosōi pros to anantes ananeuomen, tosouton hoi logoi tais sunopsesi tōn noētōn peristellontai]; così anche adesso che c’immergiamo nel buio superiore all’intelletto [kathaper kai nun eis ton huper noun eisdunontes gnophon] troveremo [heurēsomen] non la brachilogia ma la totale indicibilità ed inintelligibilità [brachulogian, all’ alogian pantelē kai anoēsian]. E là, scendendo dall’alto verso gl’infimi, il discorso, secondo il quantum della discesa, si allargava proporzionalmente in estensione [kakei men apo tou anō pros ta eschata katiōn ho logos kata to poson tēs kathodou pros analogon plēthos ēuruneto];  adesso invece, salendo dalle cose in basso verso il sovrastante, secondo la misura dell’elevazione si contrae [nun de apo tōn katō pros to huperkeimenon aniōn kata to metron tēs anodou sustelletai] e, dopo tutta l’elevazione, sarà interamente muto [meta pasan anodou holōs aphōnos estai] e s’unirà [henōthēsetai] interamente all’ineffabile [tōi aphthenktōi].

Perché [dia ti] dunque, dirai, mentre poniamo le [themenoi tas] divine posizioni [theseis] a partire dal primissimo [apo tou prōtistou], iniziamo la [archometha tēs] divina astrazione dalle ultime [apo tōn eschatōn]? Perché, ponendo quel che è al di sopra d’ogni posizione, bisognava che ponessimo l’affermazione ipotetica a partire da quel che gli è maggiormente congenito [hoti to huper pasan tithentas thesin apo tou mallon autou sungenesterou tēn hupothetikēn kataphasin echrēn tithenai]; invece, astraendo quel che è al di sopra d’ogni astrazione, bisognava astrarre a partire dalle cose che gli sono maggiormente distanti [to de huper pasan aphairesin aphairountas apo tōn mallon autou diestēkotōn aphairein]. Non è forse vita e bontà piuttosto che [ē ouchi mallon esti zōē kai agathotēs ē] aria e pietra? E non crapolone e non adirato piuttosto che non parlante e non intelligente [kai mallon ou kraipalai kai ou mēniai ē ou legetai oude noeitai]?

 


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