Plutarco, Sull’amore (3)
Plutarco, Sull’amore (3)
Mag 27Articolo precedente: Plutarco, Sull’amore (2)
[Stob. 4,20,69] Dello stesso autore, Sull’amore:
L’amore non ha nascimento ex abrupto e tutto insieme come la collera né s’appressa veloce benché sia chiamato alato, tutt’altro: s’accende a poco a poco e quasi struggendosi, quantunque dopo essersi attaccato alla psiche vi permanga molto tempo e non posi neppure in alcuni anziani ma, acutizzandosi su teste incanutite, è ancora più gagliardo e giovane; se di contro svanisce e si dissolve, appassito dal tempo o spento dall’intelletto, non s’aliena ancora in tutto e per tutto dalla psiche, ma lascia un ramo combusto e segni caldi, come i fulmini fumiganti. Ecco, quando s’è alienato il dolore, non permane alcuna traccia albergante nella psiche, e neanche quando si calma l’ira rude, si ritrae dunque anche la fiamma dell’impulso che ha procurato il grossolano eccitamento; di contro i morsi amorosi, anche se la fiera s’è distanziata, non esauriscono il veleno, tutt’altro: cresce il rodimento interiore e s’ignora che cosa sia, come sia venuto e donde sia cascato nella psiche.
[Stob. 4,21,25] Estratto dalla perlustrazione di Plutarco Sull’amore:
È piacevolissimo guardare i belli, ma avvicinarsi e fruirne non è senza pericoli; in più, come afferma Senofonte, il fuoco brucia soltanto coloro che lo toccano, mentre i belli incendiano pure coloro che stanno molto distanti [Ciropedia 5,1,16], siccome la vista è la presa della passione.
Articolo iniziale: Plutarco, Sull’amore (1)