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Plutarco, Sull’amore (2)

Plutarco, Sull’amore (2)

Mag 20

Articolo precedente: Plutarco, Sull’amore (1)


[Stob. 4,20,67] Dalle esposizioni di Plutarco concernenti il fatto che l’amore non è il risultato di una scelta:
Ecco, c’è chi ritiene l’amore un morbo, chi un desiderio, chi un affetto, chi una mania o un qualche eccitamento della psiche ispirato da un dio oppure da un demone e chi anzi lo considera un dio vero e proprio. Per questo giustamente secondo la dottrina di alcuni all’inizio è un desiderio, quando invece supera il limite una mania, quando è reciproco un affetto, se invece è deteriore un’infermità, quando, infine, è felice un invasamento entusiastico. Per questo i poeti si riferiscono a esso come al “portatore di fuoco” e così lo raffigurano scultori e pittori, giacché lo splendore del fuoco è soavissimo, mentre il suo bruciare è dolorosissimo.

[Stob. 4,20,68] In questo stesso scritto:
Ecco, come è meglio riprendere e consigliare gli amici sani se sbagliano e costumiamo non discutere né contendere nelle loro protervie e nei loro deliri ma assecondarli e annuire, così occorre reprimere e frenare con la parresia coloro che errano per ira o ingordigia, mentre occorre avere comprensione per gli innamorati, come se ne ha per i malati. Per questo è meglio fin dall’esordio non accogliere né il seme né l’inizio di questa passione; se, d’altronde, ti si è già ingenerata, vai agli altari degli dei apotropaici come consiglia Platone, entra nelle assemblee degli uomini sapienti, scaccia via da te stesso la fiera prima che sviluppi unghie e denti, sennò combatterai un mostro fatto e finito, sebbene l’abbia preso in braccio quand’era ancora piccino e infante. Quali sono dunque le unghie e i denti dell’amore? Sospetto, gelosia. D’altronde ha un che di seducente e fulgido. Indubbiamente anche la Sfinge attraeva col colore variopinto delle ali e

sotto i raggi del sole erano auree per l’occhio
le ali della fiera. Se si rivolgevano alle nubi
come iride riflettevano livida luce.

In questo modo, dunque, anche l’amore ha un che di raffinato e non inelegante bensì gradevole e fascinoso; ghermisce dunque vite, proprietà, nozze e poteri senza proporre un enigma ma essendo esso stesso un enigma difficile e insolubile, se qualcuno volesse intendere che cosa odia e ama, che cosa fugge e persegue, che cosa minaccia e supplica, che cosa lo indigna e impietosisce, che cosa vuole e non vuole far posare, perché si rallegra e rattrista moltissimo per lo stesso motivo, perché la stessa cosa addolora e guarisce. Ecco sì, l’enigma della Sfinge contiene per lo più metafore, e così il vecchio non ha veramente tre piedi se ha preso un bastone per camminare meglio né l’infante è quadrupede giacché colle mani sostiene la cedevolezza e la debolezza dei passi. Di contro le passioni degli amanti son vere: desiderano-odiano; bramano qualcosa se assente, tremano in presenza dello stesso; lusingano-insultano, si lasciano prendere dalla morte per l’altro e lo uccidono, si votano al non amare e non vogliono posare dall’amare; si contengono e tentano, insegnano e corrompono, vogliono comandare e sopportano di servire. Soprattutto per una causa di questo genere si suppone che la passione sia una mania.

Amavo; ordunque, impazzimento sarebbe l’amor pei mortali

dice Euripide [fr. 161 Nauck], uomo esperto d’amore.


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