Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 4
Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 4
Nov 09
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4. Si potrebbe vederlo, ordunque, anche esprimendolo in questo modo: se qualcuno ammira questo cosmo sensibile, considerando la magnitudine e la bellezza, l’ordine del movimento eterno, gli dèi in esso, quelli guardabili e pure quelli inapparenti, |5| i demoni, gli animali e tutte le piante, una volta venuto in alto all’oggettività archetipo di esso e alla realtà più vera, anche là veda tutti gl’intelligibili, presso di sé eterni nella propria soggettività cosciente e vita, e l’intelletto immacolato [8] soprastante ad essi, sapienza incalcolabile, e la vita davvero al tempo di Crono [Kronos], dio |10| ch’è sazietà [koros] [9] ed intelletto.
Ha infatti in sé tutti gli enti immortali, ogni intelletto, ogni dio, ogni anima, stabili eternamente. A che infatti cercherebbe di cambiare, abitando bene? Dove dunque potrebbe traslocare, avendo presso di sé tutte le cose? Neppure cerca aumento, tutt’altro, essendo perfettissimo. Perciò anche gli enti presso di lui son tutti perfetti, dimodoché sia totalmente |15| perfetto, lui che non ha nulla che non sia tale, che non ha in sé nulla che non pensi; pensa, ordunque, non cercando, ma avendo. E la beatitudine per lui non è acquisita, tutt’altro: è tutte le cose nell’eternità, ed è ontologicamente l’eternità, che il tempo imita correndo intorno, rigettando [tra le cose] le une mentre va incontro alle altre. Ed infatti vi son cose sempre alternative l’una all’altra per l’anima: |20| una volta ecco Socrate, una volta invece un cavallo, sempre qualcuno degli essenti; l’intelletto invece è tutti. Ha quindi tutte le cose stabili nell’identico, ed è soltanto [10], e questo «è» è eternamente, ovvero in nessuna parte v’è il futuro ‒ è infatti anche allora ‒ né il passato ‒ non v’è infatti alcunché, là, di passato ‒, tutt’altro: [tutte le cose] son in lui stabili eternamente |25| giacché sono le medesime ‒ come dire? ‒ amando se stesse in questo abito. Ciascuna di esse, dunque, è intelletto ed essere ed il tutto complessivo è intelletto totale ed essere totale: mentre l’intelletto istituisce l’essere conformemente al pensare, l’essere, coll’esser pensato, dà all’intelletto il pensare e l’essere. Comunque causa del pensare è altro, che lo è anche per l’essere: d’entrambi, quindi, |30| simultaneamente è causa altro [11]. Quelli, infatti, simultaneamente sussistono congiuntamente e non si lasciano l’un l’altro, tutt’altro: pur essendo due, questo uno è insieme intelletto ed essere e pensante e pensato, l’intelletto conformemente al pensare, l’essere, invece, conformemente al pensato. Non potrebbe infatti generarsi il pensare se non vi fosse alterità, dunque anche identità. |35|
I generi primi quindi divengono intelletto, essere, alterità, identità; si deve dunque assumere anche movimento e stasi [12], ovvero il movimento giacché pensa, la stasi, invece, affinché [sia] il medesimo. L’alterità, dunque, [dev’esser assunta] affinché sia pensante e pensato. Sennò, se toglierai l’alterità, divenuto uno, tacerà; dunque anche i pensati devono essere altri l’uno dall’altro. |40| Dunque, [si deve assumere] l’identità, giacché è uno con se stesso e c’è pure qualcosa d’unitario comune a tutti in complesso, mentre la differenza è l’alterità [13]. Questi [generi primi], dunque, divenuti più, producono numero e la quantità; e la qualità è invece la peculiarità propria di ciascuno di questi, dai quali, come da principi, emergono le altre cose.
Note
[8] Platone, Cratilo, 396 b 7.
[9] Platone, Cratilo, 396 b 6-7.
[10] Platone, Timeo, 37 e 6.
[11] L’uno (prima ipostasi), causa non duale della dualità pensare-essere presente nell’intelletto (seconda ipostasi).
[12] Cfr. Platone, Sofista, 249 d ss.
[13] Aristotele, Metafisica, Γ 2, 1004 a 21-22.
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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