Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 11
Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 11
Dic 18
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11. Giacché quindi l’anima ragionante s’interessa delle cose giuste e delle cose belle ed il ragionamento ricerca se questo sia giusto e se quest’altro sia bello, è necessario che anche vi sia qualcosa di giusto che resti stabile, da cui si genera anche il ragionamento per l’anima. Sennò come potrebbe ragionare? E |5| se qualche volta l’anima ragiona intorno a queste cose, qualche volta invece no, deve esservi in noi l’intelletto non ragionante ma sempre avente il giusto, esservi dunque anche il principio dell’intelletto e la causa, ovvero dio ‒ quello [dio] non è divisibile, tutt’altro: quello permane [in sé], e permane non in un luogo ‒ [che deve] a sua volta essere contemplato in una pluralità, conformemente a ciascuno |10| di quelli che possono riceverlo quasi come altro [da] se stesso, così come anche il centro è in sé, eppure anche ciascuna delle cose che son nel cerchio ha un punto in esso ed i raggi riferiscono a questo [centro] la propria peculiarità. Infatti, con qualcosa di cotale tra le capacità in noi siam atti a toccarlo, siamo con lui e siam sue articolazioni dipendenti; comunque vi risiediamo |15| sol quando convergiamo là.
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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