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Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 10

Plotino, Enneade V I [10: Sulle tre ipostasi originarie], 10

Dic 14

 

 

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10. Dunque, che bisogna credere che v’ha questo, cioè che v’è l’uno al di là dell’essente ‒ al modo in cui l’argomento voleva dimostrare così com’è possibile dimostrare per quanto riguarda queste cose ‒, che dunque successivamente vi sono l’essente e l’intelletto, che la natura dell’anima è dunque terza, è già stato indicato. |5| Come dunque nella realtà vi sono questi tre gradi verbalizzati, così bisogna credere che questi siano anche presenti in noi. Intendo, dunque, non nei sensibili ‒ questi [i tre gradi] infatti son separati ‒, bensì occorrenti esternamente ai sensibili, e intendo questo esternamente nello stesso modo in cui [giudico] anche quelli [gl’intelligibili] esterni all’intero cielo; in questo modo stanno anche le cose per l’uomo, |10| come dice Platone: l’uomo interiore [35].

Allora anche la nostra anima è un che di divino, ed è d’una natura altra, qual è la natura universale dell’anima; questa dunque è perfetta avendo l’intelletto: l’intelletto, ordunque, è da una parte ragionante, dall’altra abilitante a ragionare. Ordunque, questa parte ragionante dell’anima, che per ragionare |15| non abbisogna di nessun organo corporeo e ha il proprio atto nella purezza, al fine di essere in grado anche di ragionare puramente, se qualcuno la ponesse nell’intelligibile primo, separata e non fusa col corpo, non sbaglierebbe. Infatti non bisogna cercare un luogo in cui insediarla, ma bisogna estrometterla da ogni luogo. In questo modo infatti |20| si ha il per sé, l’esterno, l’immateriale: quando sia rimasto solo, nulla avendo dalla natura del corpo. E per questo [Platone] professa ancora che dall’esterno [36] [il dio] avvolse l’anima all’universo, indicando quel che dell’anima rimane nell’intelligibile; su di noi invece, occultando, verbalizzò: sulla sommità [37] del capo.

Dunque anche l’avvertimento di |25| separarsi [38] è leggibile non in senso locale ‒ questo [l’intelligibile] infatti è separato per natura ‒, ma nel senso di non annuire, di non lasciarsi andare alle fantasie, e di serbare l’alternatività nei confronti del corpo, se in qualche modo si fosse in grado di sollevare la restante specie di anima e di portare con sé verso l’alto la parte di essa risiedente qui, la quale sola è |30| demiurgo e plasmatore del corpo ed ha cura di questo [corpo].

 

Note

[35] Platone, Repubblica, VIII, 589 a 7 – b 1.

[36] Platone, Timeo, 36 e 3.

[37] Platone, Timeo, 90 a 5.

[38] Cfr. Platone, Fedone, 67 c 6-7.

 
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.

 
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