Plotino, Enneade V 9 [5: Sull’intelletto e le idee e l’essente], 9
Plotino, Enneade V 9 [5: Sull’intelletto e le idee e l’essente], 9
Lug 23
Brano precedente: Plotino, Enneade V 9 [5: Sull’intelletto e le idee e l’essente], 8
9. Quali sono quindi, nell’intelletto [nel pensiero] singolo [uno], queste cose che noi dividiamo pensando? Occorre infatti riferire di esse presentandole quiescenti, come occorre guardare, estraendole dalla scienza stabile ch’è nella semplicità [nell’unità], le cose presenti in essa.
Ordunque, giacché questo cosmo è un vivente avente come pertinenze tutti i viventi nel loro insieme e |5| avente da altro l’essere e l’essere in tal modo, dopo aver attuato la riconduzione all’intelletto da cui è [derivato], è necessario che nell’intelletto sia l’archetipo tutto [intero] e che questo intelletto sia il cosmo intelligibile, che Platone professa esser nel «vivente che è» [8]. Giacché come, una volta che vi siano da una parte la forma razionale d’un qualche vivente e dall’altra la materia ricevente la ragione |10| seminale, è necessario si generi un vivente, allo stesso modo, se v’è una natura intellettuale e onnipotente e nulla s’interpone, cosicché non vi sia nulla tra questa e quel che può riceverla, è necessario che quest’ultimo sia ordinato e quella invece ordini. E quel ch’è stato ordinato ha l’eidos [la forma] divisa in parti: |15| qui un umano e altrove il sole; l’altra invece è tutto le cose in un singolo [unità].
Note
[8] Platone, Timeo, 39 e 8.
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
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