Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 8
Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 8
Set 24
Brano precedente: Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 7
8. Comunque non si deve cercare donde [è apparsa]; siccome non v’è questo «donde»; siccome né arriva in né esce da nessun posto, tutt’altro: appare e non appare; perciò bisogna non tallonarla, tutt’altro: rimanere in quiete, sinché non appaia, preparando se stesso a essere il contemplante, come per parte sua l’occhio |5| permane in attesa della levata del sole; questo dunque, apparso sull’orizzonte ‒ dall’oceano [5], professano i poeti ‒, ha dato se stesso agli occhi perché lo contemplino.
Questo qui, dunque, che il sole imita, donde dovrà superare?
Ebbene, che cosa superando apparirà? Ecco, dovrà superare l’intelletto stesso, ovvero il contemplante; eh già, ristarà |10| l’intelletto di fronte alla visione teoretica [: contemplazione] non osservando null’altro che il bello, torcendo e abbandonando tutto se stesso là; ristante dunque e come riempito di forza mentale, vede in primis se stesso divenuto più bello e s’osserva risplendente, siccome lui [: l’uno] è accosto. Questi [: l’uno] dunque non era uscito, come qualcuno si sarebbe aspettato, ma era arrivato come non essendo arrivato, |15| siccome era stato adocchiato non come chi era arrivato, bensì come chi s’era presentato prima d’ogni singola cosa, prima anche che arrivasse l’intelletto. È l’intelletto invece colui ch’è arrivato e questi è anche colui ch’esce, giacché non ha visto [: non sa] dove si deve rimanere e dove egli [: l’uno] rimane, giacché [l’uno non è] in nulla.
E se dunque fosse possibile anche all’intelletto stesso non rimanere in nessun posto ‒ non perché sia in un luogo; siccome neanche |20| esso è in un luogo, tutt’altro: non è assolutamente saldo in nessun posto ‒, allora sarebbe eternamente lì a osservare lui [: l’uno]; comunque neanche l’osserverebbe, tutt’altro: sarebbe uno assieme con lui e non due. Adesso invece, giacché è intelletto, osserva in questo modo, allorché osserva, col proprio non-intelletto. Meraviglia dunque come, non essendo arrivato, è presente, e come, non essendo in nessun posto, non v’è nessun posto in cui non è. È possibile |25| quindi così in questo modo lì per lì meravigliarsi, comunque per colui che lo conosce ci sarebbe da meravigliarsi se, anziché quello, fosse il contrario; o meglio, neanche è possibile, in maniera che qualcuno anche se ne meravigli. V’ha dunque questo:
Note
[5] Omero, Iliade, VII 422.
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
Brano seguente: Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 9