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Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 6

Plotino, Enneade V 5 [32: Che gli intelligibili non son all’esterno dell’intelletto e intorno al bene], 6

Set 17

 

 

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6. D’altronde questi argomenti siano letti come si desidera. Dunque, se l’entità [: la sostanza] generata è eidos [: forma] ‒ ordunque, non si può evocare qualcos’altro come quel ch’è generato quindi [: da lassù] ‒, ed eidos [: forma] non di qualcosa bensì di tutto, cosicché non può esservene alcun’altra reliquia, di necessità quello [: l’uno] è informe. |5| Essendo dunque informe, non è entità [: sostanza], siccome l’entità [: la sostanza] dev’essere questo qualcosa determinato; questo dunque è riguardabile come definito; quest’altro [: l’uno] invece non è possibile assumerlo come un questo determinato, siccome non sarebbe più principio, tutt’altro: rimarrebbe solo quel questo determinato che avevi verbalizzato essere. Se quindi tutti gli enti son nel generato, quale di questi verbalizzerai esser quello [: l’uno]? Non essendo dunque nessuno di questi, rimane possibile solo |10| giudicarlo al di là di questi. Questi dunque son gli essenti e l’essente; sicché è al di là dell’essente [3]. Sì, questo «al di là dell’essente» non enuncia un questo determinato ‒ siccome non reifica ‒ né enuncia un suo nome [4], tutt’altro: rimane solo l’offerta del non-questo. Producendo dunque questo, [l’espressione «al di là dell’essente»] non lo recinge per nulla; è ridicolo difatti cercare di cingere quella incompletabile [: infinita] |15| natura; colui che difatti volesse produrre questo si distanzierebbe dal gire, in un qualunque modo e sia pure brevemente, incontro ad una traccia di esso; ma come chi vuole vedere la natura intelligibile vedrà teoreticamente [: contemplerà] ciò ch’è al di là del sensibile non avendo nessuna fantasia [: rappresentazione] del sensibile, in questo stesso modo anche colui che desidera vedere teoreticamente [: contemplare] |20| quel ch’è al di là dell’intelligibile vedrà teoreticamente [: contemplerà] dopo aver gettato via da sé l’intelligibile tutt’intero, giacché, benché attraverso questo abbia appreso mediatamente che [l’uno] è, quale sia [può vederlo solo] gettando via da sé questo [: l’intelligibile]. Il «quale» dunque potrebbe significare «non-quale»; siccome neanche il «quale» vi è in quello cui non appartiene neanche il «che [cosa]». D’altronde noi, nei nostri travagli, siam importunati dall’aporia su che cosa bisogna argomentare e discutiamo per quanto concerne il non-verbalizzabile [: l’ineffabile] |25| e lo nominiamo, desiderando significarlo a noi stessi, come possiamo. Forse dunque anche questo nome, l’«uno», ha una relazione di eliminazione [: negazione] nei confronti dei più [: molti]. Ondepercui i Pitagorici denominandolo simbolicamente, nei colloqui degl’uni cogl’altri, anche Apollo significavano professione di abolizione [: negazione] dei più [: molti]. Se invece questo «uno» fosse una qualche tesi [positiva], sia il nome sia l’illustrato [: la cosa denotata], allora diverrebbe ancor più immanifesto |30| che se qualcuno non enunciasse un nome di esso; forse difatti questo [: l’uno] fu enunciato affinché colui che cercava, iniziando da esso, che è semantico di totale semplicità, sconfessasse [: negasse], terminando, anche questo [: l’uno], siccome, qualificato [positivamente] quanto e quale era acconcio per colui che lo qualificava [positivamente], non era degno comunque neanche questo [nome] dell’illustrazione di quella natura, |35| giacché quello [: l’uno] né è udibile né de’’esser oggetto comprensibile per l’uditore, tutt’altro: se [è comprensibile] per qualcuno, [deve esserlo] per il guardante. D’altronde se il guardante cerca di osservare un eidos [: una forma], neanche questo vedrà [: saprà].

 

Note

[3] Platone, Repubblica, VI, 509 b 9.

[4] Platone, Parmenide, 142 a 3.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.

 

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