Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 7
Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 7
Mar 07
Brano precedente: Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 6
7. «D’altronde contempla teoreticamente il dio», potremmo evocare. Ma se qualcuno concorderà coll’assemblea degli argomentatori sulla lettura che egli conosce il dio, anche per questa via sarà necessitato a concedere che conosce anche se stesso. E difatti conoscerà quante cose ha da quello [: dal dio] e le cose che ha dato e le cose che egli può. |5| Dunque, dopo aver afferrato colla mente e conosciuto queste cose, anche in questa maniera conoscerà se stesso; e difatti egli stesso sarà un qualcosa nell’insieme delle cose donate, o meglio egli stesso è tutte le cose donate. Se quindi conoscerà anche quello [: il dio] avendolo afferrato mentalmente conformemente alle sue potenze, conoscerà anche se stesso, essendo stato generato quindi [: da lassù] e avendo ricevuto le cose che può; se dunque non potrà vederlo |10| chiaramente, giacché il vedere è forse lo stesso oggetto guardato, allora in questo senso gli sarà lasciato al meglio il vedere e l’avvedersi di [: il conoscere] se stesso, se il vedere è questo, essere la cosa guardata stessa.
Difatti che gli potremmo anche dare di altro [: diverso]? La quiete, per Giove. D’altronde per il nous [: l’intelletto] quiete non è estasi dal nous [: deviazione dall’intelletto], tutt’altro: quiete del nous [: dell’intelletto] è |15| energia attiva affrancata dalle altre cose; giacché anche alle altre oggettività, per le quali v’è quiete dalle altre [: diverse], rimane la loro propria energia [: il loro proprio atto], e al meglio a quelle il cui essere non è in potenza, bensì in energia [: atto]. L’essere quindi è energia [: atto] e non v’è nulla cui l’energia [: atto] si relazioni; è presso se stessa allora. Pensando allora se stesso in questo modo, [l’intelletto] ha l’energia [: atto] presso |20| di sé e rivolta a se stesso.
E difatti, se qualcosa emerge da lui, questo avviene giacché è rivolto a sé in se stesso. Siccome doveva prima esser in se stesso e dopo [rivolgersi] anche ad altro, o qualcos’altro doveva derivare da lui assimilandosi a lui, come anche al fuoco ch’è prima in se stesso fuoco e ha l’energia [: atto] del fuoco in questo modo appunto [è dato il] potere di realizzare |25| una traccia di sé in altro. E difatti il nous [: l’intelletto] è un’energia [: un atto] dal canto suo in sé, mentre, quanto alla psiche [: all’anima], quanto è rivolto al nous [: all’intelletto] le è come interno, mentre l’esterno al nous [: all’intelletto] è rivolto all’esterno. Per un verso difatti [l’anima] somiglia sempre a ciò donde deriva, per l’altro invece, anche se s’è dissimilata, s’assimila pur sempre anche qui, sia che agisca praticamente |30| o realizzi poieticamente; e difatti anche agendo praticamente contempla pur sempre teoreticamente e, realizzando poieticamente, realizza eidē [: forme], come noesi [: pensieri] assolutamente articolati, così che tutte le cose sono tracce di noesi [: pensiero] e di nous [: intelletto]: conformemente all’archetipo procedono nel loro iter e l’imitano, quelle accanto meglio, le estreme invece conservandone un’icona [: immagine] oscura.
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.
Brano seguente: Plotino, Enneade V 3 [49: Sulle ipostasi conoscitrici e su quel ch’è al di là], 8