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Plotino, Enneade IV 8 [6: Sulla discesa dell’anima nei corpi], 3

Plotino, Enneade IV 8 [6: Sulla discesa dell’anima nei corpi], 3

Gen 01

 

 

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3. Per quanto riguarda, dunque, l’anima umana, la quale, s’argomenta, nel corpo patisce tutti i mali e se la passa duramente [30] nascendo in mezzo a insensatezze e desideri e paure ed agli altri mali [31], per la quale il corpo è sia catena sia tomba, mentre il cosmo è per essa spelonca |5| ed antro, adesso enunciamo quale nozione abbia [Platone], non dissonante in quanto espone cause della discesa che non son le medesime.

Orbene, giacché nel luogo dell’intellezione [32] ‒ che dunque identifichiamo col cosmo intelligibile ‒ v’è l’intelletto universale, ch’è totale ed universale, ma vi sono altresì le potenze intellettuali contenute in questo e gli intelletti individuali ‒ |10| non è infatti solo uno, ma uno e molti ‒ anche le anime dovevano essere molte ed una, e da quell’unica dovevano derivare le molte differenti, come da un unico genere derivano le specie, alcune migliori, altre peggiori: tali da esser alcune più intellettuali, altre meno intellettuali in atto. Ed infatti là, nell’intelletto, da una parte v’è l’intelletto contenente in potenza |15| le altre cose, come un grande vivente [33], dall’altra, vi son degl’intelletti, ciascuno dei quali realizza in atto le potenzialità che l’altro [l’intelletto universale] conteneva in potenza, come se vi fosse una città animata contenente altri esseri animati: pur essendo più perfetta e più potente quella [l’anima] della città, nulla vieta che anche le altre siano della stessa natura. Oppure è come se dalla totalità del fuoco derivassero da una parte uno grande, dall’altra |20| piccoli fuochi; l’essenza, comunque, è per tutti quella della totalità del fuoco, o meglio, quella da cui proviene anche quella della totalità.

Ordunque, funzione dell’anima più razionale è, sì, pensare, ma non solo il pensare: in che cosa altrimenti, ecco, differirebbe dall’intelletto? Ha infatti aggiunto all’essere intellettuale anche altro, perciò non è rimasta intelletto; ha dunque una funzione anche |25| essa, se per davvero ne ha tutto ciò che è tra gli intelligibili. Guardando, dunque, verso quel ch’è prima di essa, pensa; guardando, invece, a se stessa, ordina e gestisce quel ch’è dopo di essa, e lo domina, giacché non sarebbe stato possibile neppure che tutti gli enti stazionassero nell’intelligibile, siccome poteva successivamente generarsi qualcos’altro, ch’è, sì, inferiore, eppure è necessario, se per davvero |30| lo è anche quel che precede esso.

 

Note

[30] Platone, Fedone, 95 d 3.

[31] Platone, Fedone, 81 a 6-8.

[32] Cfr. Platone, Repubblica, VI, 508 c 1.

[33] Cfr. Platone, Timeo, 30 c 2 – 31 b 3.

 
La traduzione è condotta sul testo greco della seguente edizione:
D’Ancona C. et al., Plotino. La discesa dell’anima nei corpi (Enn. IV 8 [6]); Plotiniana arabica (Pseudo-Teologia di Aristotele, capitoli 4 e 7; Detti del sapiente greco), Padova 2003.

 
Brano seguente: Plotino, Enneade IV 8 [6: Sulla discesa dell’anima nei corpi], 4

 

 


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