Plotino, Enneade IV 8 [6: Sulla discesa dell’anima nei corpi], 1
Plotino, Enneade IV 8 [6: Sulla discesa dell’anima nei corpi], 1
Dic 25
1. Più volte, svegliatomi a me stesso dal corpo e divenendo esterno alle altre cose, interno invece a me stesso, guardando quanta meravigliosa bellezza si mostrasse e confidando allora al meglio d’essere della parte eccellente, attuando dunque la vita più valida |5| e divenuto della stessa natura del divino ed insediato in esso, avendo proceduto verso quell’atto ed insediato al di sopra d’ogni altro intelligibile me stesso, una volta venuto giù, dopo questa sosta nel divino, dall’intelletto al raziocinio, non porto soluzioni su come mai anche adesso vengo giù e come, in qual modo mai, l’anima mi sia nata dentro al |10| corpo, se è questo, quale apparve di per sé, anche se è in un corpo.
Eraclito, infatti, che ci invita a cercare questo, ponendo migrazioni necessarie da un contrario all’altro, evocando la via all’alto ed al basso [1] ed il fatto che cambiando riposa [2] e che è fatica |15| lavorare ed obbedire agli stessi [3], ha dato da congetturare, incurante di chiarificare questo ragionamento per noi, forse siccome ciascuno deve cercare da sé, come anch’egli cercando trovò.
Empedocle, dunque, evoca il fatto che è legge per le anime che han sbagliato cadere qui, e che, egli stesso divenuto esule, esiliato da dio, arrivò |20| affidato al folle astio [4], svelando tanto quanto anche Pitagora ‒ credo ‒ ed i di lui seguaci hanno detto enigmaticamente per quanto concerne sia questo sia molti altri argomenti. In costui comunque si presenta, anche per la forma poetica, assenza di chiarezza.
Ci resta dunque il divino Platone, che disse molte e belle cose per quanto riguarda l’anima e ha verbalizzato per quanto riguarda l’arrivo |25| di essa in più parti dei suoi dialoghi, cosicché v’è per noi speranza d’apprendere da lui qualcosa di chiaro.
Che argomenta, quindi, questo filosofo? Non parrà argomentare la stessa cosa dappertutto, dimodoché chiunque avrebbe potuto facilmente vedere la volontà di quest’uomo; d’altronde, disprezzando dappertutto tutto quel ch’è sensibile e lamentando la comunanza dell’anima con il corpo, |30| argomenta che l’anima è in catene [5] ed è sepolta [6] in esso, e che grande è quel discorso pronunciato nei Misteri, che professa che l’anima è in carcere [7]; e la spelonca [8] per lui ‒ come per Empedocle l’antro [9] ‒ significa ‒ mi pare ‒ questo universo [10], là dove, |35| ecco, professa che scioglimento dalle catene [11] e ascesa [12] all’esterno della spelonca, per l’anima, sono il portarsi [13] verso l’intelligibile. Nel Fedro, dunque, giudica la perdita delle ali la causa dell’arrivo qua [14]; e, una volta risalita, dei periodi, per lui, la ritrasferiscono su questa terra [15]; dei decreti [16], dunque, ne immettono qui altre, e anche delle sorti e dei casi e |40| delle necessità [17] .
Anche se nell’insieme di tutti questi passi ha lamentato l’arrivo dell’anima al corpo, nel Timeo, discutendo di questo universo, loda questo cosmo ed argomenta che è un dio beato [18] e che l’anima è stata data dal buon demiurgo [19], affinché questo universo fosse intelligente [20], |45| giacché esso doveva essere intelligente, mentre senza anima non era, ordunque, possibile che questo si generasse [21]. Ordunque, per questo fine sono state immesse in esso dal dio sia l’anima dell’universo sia quella di ciascuno di noi, affinché si determinasse questo, che esso fosse perfetto [22], giacché doveva sussistere nel cosmo sensibile la stessa quantità di questi generi di viventi che sussistono nel cosmo intelligibile [23]. |50|
Note
[1] Cfr. frammento 22 B 60 Diels-Kranz: «via all’alto al basso una e medesima».
[2] Frammento 22 B 84a Diels-Kranz.
[3] Frammento 22 B 84b Diels-Kranz.
[4] Cfr. frammento 31 B 115, 13-14 Diels-Kranz: «Tra costoro anche io adesso son, esiliato da dio, e errante, | affidato al folle astio».
[5] Platone, Fedone, 67 d 1.
[6] Platone, Cratilo, 400 d 2.
[7] Cfr. Platone, Fedone, 62 b 2-5.
[8] Platone, Repubblica, VII, 514 a 5.
[9] Cfr. frammento 31 B 120 Diels-Kranz: «Siam arrivati sotto al tetto di quest’antro…».
[10] Cfr. Platone, Repubblica, VII, 517 b 1-3.
[11] Platone, Repubblica, VII, 515 c 4-5; 532 b 6.
[12] Platone, Repubblica, VII, 517 b 4-5.
[13] Platone, Repubblica, VII, 532 e 3.
[14] Cfr. Platone, Fedro, 246 a 2 – 247 c 2.
[15] Cfr. Platone, Fedro, 247 d 5; 248 c 3; 248 e 5 – 249 a 5.
[16] Platone, Fedro, 249 a 6.
[17] Platone, Repubblica, X, 619 d 7; Fedro, 249 b 2.
[18] Platone, Timeo, 34 d 8-9.
[19] Platone, Timeo, 29 a 3.
[20] Platone, Timeo, 30 b 1; 30 b 8.
[21] Cfr. Platone, Timeo, 30 b 1-6.
[22] Cfr. Platone, Timeo, 92 c 5-9.
[23] Cfr. Platone, Timeo 30 c 4 – 31 a 1; 39 e 7-9.
La traduzione è condotta sul testo greco della seguente edizione:
D’Ancona C. et al., Plotino. La discesa dell’anima nei corpi (Enn. IV 8 [6]); Plotiniana arabica (Pseudo-Teologia di Aristotele, capitoli 4 e 7; Detti del sapiente greco), Padova 2003.
Brano seguente: Plotino, Enneade IV 8 [6: Sulla discesa dell’anima nei corpi], 2