Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 2
Plotino, Enneade III 7 (45: Su eternità e tempo), 2
Apr 10
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2. Che cosa, ebbene, bisogna professare sull’essere dell’eternità? È forse, ecco, la stessa essenza intelligibile (1), come se si argomentasse che il tempo è in complesso tutto il cielo ed il cosmo? Ed ecco che alcuni (2) hanno avuto anche quest’opinione, dicono, per quanto concerne il tempo. [5] Siccome, infatti, immaginiamo e pensiamo che l’eternità sia qualcosa di molto venerabile, e pure quel ch’è proprio della natura intelligibile è molto venerabile, e non è possibile dire quale dei due sia più venerabile dell’altro ‒ di quel ch’è al di là (3) neppure questo è predicabile ‒, qualcuno potrebbe congiungerli in identità. Ed infatti il cosmo intelligibile e l’eternità [10] son entrambi contenitori delle stesse cose. Peraltro quando argomentiamo che alcune cose si pongono nell’altra ‒ nell’eternità ‒ e quando di esse predichiamo l’eternità ‒ infatti, professa, si dava il caso che la natura del paradigma fosse eterna (4) ‒, allora argomentiamo che l’eternità è altro, professiamo comunque che è intorno a quella (5) od in quella o ch’è presente [15] a quella. Il fatto, dunque, che ciascuna delle due sia venerabile non dimostra l’identità: forse infatti la venerabilità per una di esse potrebbe nascere dall’altra. E poi, mentre nell’una il contenere sarà come contenere di parti, nell’eternità l’intero sarà tutto insieme, non come un composto di parti, tutt’altro, giacché tutte le quiddità eterne sono tali conformemente ad essa. [20]
Altrimenti va professato che l’eternità è conforme alla stasi di là, così come professano che qua il tempo è conforme al movimento? D’altronde evidentemente qualcuno potrebbe ricercare se l’eternità va concepita identica alla stasi oppure non simpliciter bensì alla stasi pertinente all’essenza. Se, ecco, è identica alla stasi, per prima cosa non [25] potremo dire eterna la stasi, come neppure potremo dire eterna l’eternità: è infatti eterno quel che partecipa dell’eternità. Inoltre, come può esser eterno il movimento? In questa maniera, infatti, sarebbe anche stabile. Inoltre, come il concetto di stasi avrebbe in sé il sempre? Parlo, dunque, non di quello nel tempo, bensì di ciò che pensiamo quando parliamo del perpetuo. Se [30] invece è identica alla stasi dell’essenza, estrometteremo daccapo dall’eternità gli altri generi (6). Inoltre, si deve pensare l’eternità non solo in stasi, ma anche in unità; inoltre anche inestesa, affinché non sia identica al tempo; la stasi, invece, non ha in sé, in quanto stasi, né il concetto dell’unità né quello dell’inestensione. Inoltre, dell’[35]eternità predichiamo il permanere nell’unità (7); parteciperebbe orbene della stasi, ma non sarebbe stasi in sé.
Note
(1) L’Intelletto (nous), seconda ipostasi, cioè sostanza metafisica.
(2) I Pitagorici.
(3) L’Uno, prima ipostasi, principio ineffabile al di là di tutto, anche dell’essere, del pensiero e della vita (uniti nell’Intelletto).
(4) Cfr. Platone, Timeo, 37 c 8-d 3.
(5) L’essenza intelligibile.
(6) Gli altri generi rintracciati nel Sofista di Platone assieme alla stasi (quiete): essere, identico, altro/diverso, movimento.
(7) Cfr. Platone, Timeo, 37 d 6.
La traduzione dal greco si basa sull’editio minor Henry-Schwyzer: Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Oxford 1064-82 (1964, pp. 337-361).
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