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Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 10

Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 10

Apr 12

 

 

Brano precedente: Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 9

 
10. È latente, ordunque, [l’attività dell’intelletto] forse per il fatto che non perlustra alcuno dei sensibili: pare infatti agire attraverso la sensazione, come per mezzo d’una mediatrice, nel loro perimetro e per quel che li concerne. Ordunque, perché non sarà in atto l’intelletto stesso e l’anima nel suo perimetro, la quale precede la sensazione ed in generale la percezione? |5| Deve infatti esservi l’atto prima della percezione, se per davvero son lo stesso pensare ed essere [25]. E sembra che la percezione vi sia e si generi quando il pensiero è riflesso e quel ch’è in atto conformemente al vivere dell’anima è come rimandato indietro, come avviene per l’immagine in uno specchio dalla superficie levigata e splendente [26], |10| quieta. Quindi come, in tali circostanze, quando lo specchio si presenta si genera l’immagine, mentre quando non si presenta o non esibisce questa condizione si presenta in atto ciò di cui avrebbe potuto esservi l’immagine, così avviene anche per l’anima mentre rimane tranquillo quello che in noi è tale quale uno specchio su cui appaiono le immagini della ragione discorsiva e dell’intelletto; |15| queste ultime son guardate e son conosciute quasi sensibilmente attraverso la conoscenza precedente (ciò che l’intelletto e la ragione discorsiva stanno attuando). Se invece questo [specchio] è calamitosamente corrotto per lo sconquasso dell’armonia del corpo, la ragione discorsiva e l’intelletto pensano senza immagine, e allora v’è il pensiero senza rappresentazione; cosicché si potrebbe anche |20| pensare qualcosa di tal sorta: che il pensiero si generi accompagnato da rappresentazione ma che il pensiero non sia rappresentazione [27].

Si potrebbero, ordunque, trovare molte e belle attività, messe in atto anche da svegli, sia teoretiche sia pratiche, delle quali, quando contempliamo e quando agiamo, noi non dobbiamo esser consapevoli. Non è infatti necessario che il lettore |25| sia consapevole che legge, soprattutto allorquando legga accompagnato dall’attenzione, né che il coraggioso sia consapevole che è coraggioso e che agisce conformemente al coraggio quando agisce, e così in migliaia d’altri casi, cosicché le riflessioni consapevoli rischiano di rendere più offuscate le stesse attività che son consapevoli, |30| mentre allorquando [le attività] sono rimaste sole sono pure, ed è migliore l’agire ed è migliore il vivere; ordunque, quando i virtuosi pervengono a tale stato, il lor vivere è migliore, non riverso nella sensazione, tutt’altro: coagulato in se stesso, in un solo punto.

 

Note

[25] Cfr. Parmenide, frammento B 3 Diels-Kranz.

[26] Cfr. Platone, Timeo, 46 b 2-3.

[27] Cfr. Aristotele, Sull’anima, Γ 7, 431 a 16-17.

 
La traduzione dal greco è condotta sul testo dell’editio minor Henry-Schwyzer:
Plotini Opera, ediderunt P. Henry et H.-R. Schwyzer, 3 voll., Clarendon Press, Oxford 1964-82.

 
Brano seguente: Plotino, Enneade I 4 [46: Sulla felicità], 11

 

 


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