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Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 2

Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 2

Lug 24

 

 

Brano precedente: Pltotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 1

 

2. Per prima cosa, orbene, bisogna prendere in considerazione le virtù conformemente alle quali professiamo d’assimilarci [a dio], affinché troviamo pure quell’identico quid che presso di noi, essendo imitazione, è virtù, mentre là, essendo quale archetipo, non è virtù, osservando che l’assimilazione è duplice, ovvero: quella che |5| richiede l’identico in tutti quanti i simili che si son egualmente assimilati in dipendenza dallo stesso [principio]; nelle cose in cui invece una s’è assimilata in relazione ad un’altra, ma quest’altra è prima, non è in relazione reciproca a quella né è detta simile ad essa, qui bisogna assumere l’assimilazione in un’altra accezione, richiedendo non una forma identica, ma piuttosto |10| un’altra, se per davvero c’è stata assimilazione conformemente al secondo modo.

Che cos’è mai allora la virtù, sia tutta in complesso, sia ciascuna? Il ragionamento sarà, dunque, più chiaro occupandosi di ciascuna: in questo modo infatti sarà facilmente mostrato anche ciò: quel qualcosa di comune conformemente al quale tutte son virtù.

Orbene, le virtù civili, che sopra in qualche punto abbiamo evocato, costruiscono realmente un ordine |15| e rendono migliori limitando e misurando i desideri e in generale misurando le passioni e togliendo false opinioni grazie a quel che in generale è migliore, ovvero grazie all’essere limitati ed essere all’esterno delle cose smisurate ed illimitate ed esser quel che è stato misurato; ed essendo state limitate esse stesse, in quanto, ecco, misure in una materia (l’anima), sono assimilate alla misura di là |20| ed esibiscono traccia dell’ottimo di là. Quel ch’è totalmente smisurato, infatti, essendo materia, è totalmente dissimilato; di quanto, invece, partecipa della forma, d’altrettanto s’assimila a quell’essente informale. Gli enti vicini [a quest’ultimo] partecipano di più; l’anima, ordunque, gli è più vicina del corpo ed è più congenere; sicché partecipa di quella di più (1), |25| cosicché escogita l’inganno, apparendo dio, che la totalità di dio sia questo. Ebbene, in questo modo costoro s’assimilano (2).

 

Note

(1) L’anima partecipa della forma più del corpo.

(2) In questo modo s’assimilano a dio coloro che hanno le virtù civili.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Sulle virtù: I 2 [19]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Giovanni Catapano. Prefazione di John M. Rist, Pisa 2006.

 

Brano seguente: Plotino, Enneade I 2 (19: Sulle virtù), 3

 

 


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