Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 7
Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 7
Set 14
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7. Beh, sarà il composto d’ambedue [a sentire], non perché l’anima, nell’esser presente, dia se stessa tale quale al composto d’ambedue od all’altra componente, bensì perché estrapola, da un corpo con tali proprietà e qualcosa come una luce data presso di lei, la |5| natura del vivente: qualcosa d’altro, di cui sono il sentire e quant’altro è detto affezioni del vivente.
Ma com’è che noi sentiamo? Beh, perché non siam alienati da questo vivente, con tali proprietà, anche se altri elementi di maggior valore son presenti nella nostra intera essenza di uomini, esito di più elementi. Dunque la facoltà di sentire dell’anima |10| deve, piuttosto che esserlo dei sensibili, essere recettiva delle impronte generate nel vivente a partire dalla sensazione ‒ queste infatti son già intelligibili ‒, cosicché la sensazione dell’esterno è immagine di questa, mentre quell’altra, che è più vera per essenza, è impassibilmente contemplazione delle sole idee. Ordunque, da queste |15| idee, dalle quali l’anima già riceve, lei sola, l’egemonia sul vivente, derivano pensieri ed opinioni ed intellezioni: qui, dunque, noi siam soprattutto. Ordunque, gli elementi che precedono questi son nostri, comunque noi, soprastanti al vivente, consistiamo in quest’altezza. Nulla dunque vieterà di definire vivente il composto totale, ch’è misto nelle bassure, mentre nella |20| parte superiore v’è l’uomo vero; quelle invece son la parte leonina, la fiera, insomma, variopinta. Infatti, giacché l’uomo è in concomitanza coll’anima razionale, quando ragioniamo siamo noi a ragionare per il fatto che i ragionamenti sono azioni dell’anima.
La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.
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