Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 6
Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 6
Set 11
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6. Forse è meglio dire tutt’altro: in generale, grazie alla presenza delle facoltà, gli enti che le hanno sono quelli che agiscono in conformità ad esse, mentre esse sono immobili, fornendo il potere a quelli che le hanno. Ma se si dà questo, è possibile che, se il vivente patisce, la |5| causa del vivere che si dà al composto d’ambedue sia impassibile sia alle affezioni, sia alle attività che sono di quello che la ha.
Ma se si dà questo, anche il vivere in generale sarà non dell’anima, bensì del composto d’ambedue. O comunque, il vivere del composto d’ambedue non sarà quello dell’anima; e non sarà la facoltà sensitiva |10| a sentire, ma quel che ha la facoltà. D’altronde se la sensazione, essendo movimento attraverso il corpo, termina nell’anima, come potrà l’anima non sentire? Oppure, in presenza della facoltà sensitiva, il composto d’ambedue sentirà ciò che sentirà grazie alla presenza di questa. Ma se la facoltà |15| non si muoverà, come sentirà ancora il composto d’ambedue, contando che l’anima e la facoltà dell’anima non vi son più annoverate?
La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.
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