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Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 4

Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 4

Set 04

 

 

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4. Facciamo conto, allora, che fosse mescolata. Ma se è mescolata, il peggiore (il corpo) sarà migliore, mentre l’altro (l’anima) sarà peggiore, ovvero migliore il corpo giacché partecipa della vita, peggiore, invece, l’anima giacché partecipa di morte ed irrazionalità. Quel che dunque è stato privato in qualunque modo di vita come potrebbe |5| assumere, in aggiunta, il percepire? Al contrario, invece, il corpo che ha preso vita, questo potrebbe essere il partecipante della sensazione e delle affezioni esito della sensazione. Questo dunque si dirigerà anche al desiderio ‒ questo infatti guadagna anche dai desideri cui si dirige ‒ e temerà per se stesso: sarà lui infatti a non raggiungere i |10| piaceri e ad esser distrutto.

Bisogna ricercare dunque anche la modalità della mescolanza, se mai non sia impossibile, come se per caso qualcuno argomentasse che linea s’è mescolata a bianco, una natura a un’altra diversa. Comunque il fatto che l’anima sia complicata non rende simili nelle affezioni gli intrecciati nel complesso, tutt’altro: è possibile che il complicato sia impassibile ed è possibile che l’anima, |15| pur se diffusa per il corpo, non patisca le affezioni di quello, come avviene anche per la luce, e molto di più se è diffusa in questo modo per l’intero corpo con cui è complicata; quindi non soffrirà le passioni del corpo perché è complicata con esso.

Ma sarà nel corpo come forma nella materia? In primis, vi sarà come forma separata, se per davvero è sostanza; |20| sarebbe meglio concepirla come utilizzatore. Ma se sarà come per la scure lo schema che è dato al ferro, ed il complesso d’entrambi (la scure) compirà gli atti che compirà il ferro schematizzato in questo modo ‒ conformemente allo schema, beninteso ‒ molto di più potremmo rendere al corpo tutte quante le affezioni comuni, a quello, beninteso, tale da esser fisico, |25| organico e da avere la vita in potenza. Ed infatti è assurdo ‒ professa* ‒ giudicare che l’anima tesse, sicché anche desidera e si duole: piuttosto, lo farà il vivente.
* Cfr. Aristotele, L’anima, I 4, 308 b 12-13.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.

 

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