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Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 3

Plotino, Enneade I 1 (53: Che cos’è il vivente e che cos’è l’uomo?), 3

Ago 31

 

 

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3. D’altronde, l’anima va fatta esser nel corpo, sia essa precedente a questo od immanente in questo; il tutto esito della composizione di quest’ultimo e di essa è chiamato vivente. Usando, ebbene, il corpo come strumento, non è necessitata ad accogliere le affezioni mediate dal corpo, |5| come neppure gli artigiani le affezioni degli strumenti; accoglie la sensazione, invece, forse necessariamente, perché deve usare lo strumento nel conoscere le affezioni che patisce dall’esterno estratte dalla sensazione: così usare gli occhi è guardare. Peraltro vi son anche danni per quel che riguarda la vista, cosicché vi son anche dolori e la sofferenza e |10| in generale tutto ciò che può generarsi per una qualunque parte del corpo, cosicché vi son anche desideri dell’anima ricercante la terapia per lo strumento. D’altro canto, le affezioni come arriveranno dal corpo ad essa? Un corpo, infatti, manderà le sue a un altro corpo; un corpo come le manderà invece a un’anima? Questo infatti è come se un essere patisse il patire d’un altro. |15|

Sinché, infatti, si dice che una cosa è l’utilizzatore ed un’altra è ciò che esso utilizza, ciascuna delle due è separatamente: separa, ecco, colui che dà all’anima la funzione di utilizzatore. Ma prima del separare mediante filosofia, essa che condizione esibiva? Beh, era mescolata. Ma se era mescolata, o v’era una qualche fusione, o era come complicata, o era come una forma |20| non separata od una forma in contatto, com’è per il timoniere, oppure una parte di essa era in questo modo mentre l’altra parte era in quel modo: intendo dire, dunque, in quanto una parte è separata, cioè l’utilizzatore, mentre l’altra è mescolata in qualche guisa ed è essa stessa messa nel posto di quello che essa utilizza, in attesa che la filosofia s’occupi di volgere sia quest’ultimo sia essa verso l’utilizzatore e |25| distolga l’utilizzatore, per quanto permesso dalla necessità, da quello che utilizza, cosicché non l’utilizzi pure per sempre.

 

La traduzione dal greco è condotta sul testo della seguente edizione commentata: Plotino, Che cos’è l’essere vivente e che cos’è l’uomo?: I 1 [53]. Introduzione, testo greco, traduzione e commento di Carlo Marzolo. Prefazione di Cristina D’Ancona, Pisa 2006.

 

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