Platone, Teeteto (8)
Platone, Teeteto (8)
Ott 18
Brano precedente: Platone, Teeteto (7)
TEETETO Ebbene, o Socrate, giacché tu, ecco, inciti così, sarebbe vergognoso non profondersi in ogni modo nell’argomentare ciò che si ha da argomentare. [151e] Mi sembra quindi che colui che conosce qualcosa percepisca quel che conosce e che, per come, ecco, pare adesso qui, conoscenza non sia un che di altro dalla percezione.
SOCRATE Bene, ecco, ed ingegnosamente, o ragazzo: bisogna infatti argomentare così, mostrando il proprio parere. Ma forza dunque, ispezioniamo in comune se si dà il caso che questo sia generativo od aria fritta. Professi che conoscenza sia percezione?
TEETETO Sì.
SOCRATE C’è il rischio, toh, che abbia enunciato una definizione non sciocca di conoscenza, [152a] definizione che anzi enunciò anche Protagora. In qualche altro modo, dunque, enunciò queste stesse cose. Professa infatti ciò:
di tutte le cose è misura l’uomo, delle essenti come sono, delle non essenti come non sono (1).
Ecco, hai letto ciò?
TEETETO L’ho letto, e pure spesso.
SOCRATE Quindi non argomenta in qualche modo così, cioè: quale ciascuna cosa mi appare, tale è per me, quale appare invece a te, tale dunque anche è per te (“uomo”, or dunque, sei tu e son io)?
TEETETO Argomenta infatti così.
SOCRATE [152b] Beh, è verosimile che un uomo sapiente non cianci; seguiamolo quindi. Soffiando lo stesso vento, talvolta uno di noi non può forse aver freddo mentre l’altro no? E uno poco, mentre l’altro assai?
TEETETO Eccome.
SOCRATE Ed allora professeremo che questo vento di per se stesso è freddo oppure non freddo? O saremo persuasi da Protagora di ciò, che per l’infreddolito è freddo, mentre per il non infreddolito non lo è?
TEETETO Sembra.
SOCRATE Quindi non appare anche così a ciascuno dei due?
TEETETO Sì.
SOCRATE Dunque ecco, questo “appare” è “percepisce”?
TEETETO Lo è infatti.
SOCRATE 152c] Apparenza, allora, e percezione sono lo stesso nei casi di caldo ed in tutti i casi cotali. Infatti c’è il rischio che quali le percepisce ciascuno, tali per ciascuno siano anche le cose.
TEETETO Sembra.
SOCRATE Allora è sempre percezione dell’essente e non erronea [, siccome è conoscenza].
TEETETO Pare.
SOCRATE Ed allora, per le Grazie, era un qualcheduno di onnisciente questo Protagora, e mentre a noi, la moltitudine plebea, disse questo enigmaticamente, ai discepoli in segreto disse la verità?
TEETETO [152d] Che cosa dunque, o Socrate, intendi dire con questo?
SOCRATE Io lo dirò e, orbene, non è argomento sciocco, cioè: nessuna cosa è in sé per sé una, e non è predicabile rettamente di essa alcunché, neppure un predicato qualsiasi, ma se la si proclama grande, appare anche piccola, e se grave leggera; così dunque per tutte le determinazioni complessivamente, siccome nulla è uno, né qualcosa, né dotato di una qualunque proprietà; invece, or dunque, da trasferimento e movimento e mescolanza dell’una coll’altra si generano tutte le cose che professiamo invece essere, predicando non rettamente: [152e] infatti nulla è mai, sempre invece diviene. E su questo tutti i sapienti, uno dopo l’altro, tranne Parmenide, convengono: Protagora ed Eraclito ed Empedocle, e tra i poeti gli apici di ciascuna delle due arti poetiche, Epicarmo della commedia ed Omero della tragedia, il quale dicendo
Oceano degli dèi fu genesi e madre Teti (2)
ha affermato che tutte le cose son progenie del flusso e del movimento; o non ti sembra che argomenti questo?
TEETETO A me sì.
SOCRATE [153a] E chi allora potrebbe avventurarsi contro, ecco, un cotale esercito ed il comandante Omero senza divenire ridicolo?
TEETETO Non facile, o Socrate.
SOCRATE No infatti, o Teeteto. Poiché anche queste son sufficienti prove per l’argomento, cioè: mentre il movimento produce il sembiante essere, ovvero il divenire generativo, la quiete produce il non essere e perire: infatti il caldo, ovvero il fuoco, il quale genera e gestisce pure le altre cose, si genera esso stesso a partire da trasferimento ed attrito; questi due, or dunque, son movimenti. O non son questi i generatori del fuoco?
TEETETO [153b] Ebbene sì, questi.
SOCRATE E pure il genere, ecco, dei viventi nasce a partire da questi stessi generatori.
TEETETO E come no?
SOCRATE Che dici dunque? La condizione dei corpi non è distrutta sotto l’azione di quiete ed inoperosità, mentre è per lo più salvaguardata sotto l’azione di ginnastica e movimento?
TEETETO Sì.
SOCRATE E la condizione nell’anima non acquisisce concetti ed è salvaguardata e diviene migliore sotto l’azione di apprendimento e studio, che sono movimenti, mentre sotto l’azione della quiete, che è assenza d’apprendimento e di studio, [153c] non apprende alcunché e dimentica i concetti che casomai aveva appreso?
TEETETO Eccome.
SOCRATE Orbene, l’uno (movimento) non è un bene sia per l’anima sia per il corpo, mentre l’altro il contrario?
TEETETO Sembra.
SOCRATE E quindi son necessitato a parlarti di assenza di venti e bonaccia e quant’altro per argomentare che la quiete guasta e distrugge, mentre l’altro salvaguarda? E, dopo questi argomenti, il suggello: son necessitato a riferirmi all’aurea catena, con la quale Omero non intende nient’altro che il sole, [153d] e mostra che, sinché il percorso rotatorio in cielo è in moto, come pure il sole, tutte le cose nell’ambito degli dèi e degli uomini sono e son salvaguardate, se invece questo sostasse come legato, allora tutte le cose si corromperebbero ed allora si genererebbe il cosiddetto sottosopra di tutte?
TEETETO Ma mi sembra, ecco, o Socrate, che mostrasse gli argomenti dei quali discorri.
Note
(1) DK80B1.
(2) Il. XIV 201 e 302.
La traduzione si basa sull’edizione critica di Hicken: Plato, Theaetetus, edit. W.F. Hicken, in Platonis Opera, Tomus I, tetralogias I-II continens, recognoverunt brevique adnotatione critica instruxerunt E.A. Duke, W.F. Hicken, W.S.M. Nicoll, D.B. Robinson et J.C.G. Strachan, Oxford University Press, Oxford 1995.
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