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Platone, Teeteto (48)

Platone, Teeteto (48)

Lug 13

 

 

Brano precedente: Platone, Teeteto (47)

 

SOCRATE   Ebbene, l’aggiungere il logos alla retta opinione che cosa potrebbe essere ancora? Se infatti significa aggiungere un’opinione sul perché qualcosa differisce dagli altri enti, questa diverrebbe un’obbligazione totalmente ridicola.

TEETETO   Come?

SOCRATE   Sugli enti dei quali abbiamo retta opinione sul perché differiscono dagli altri, ci comanda d’aggiungere una retta opinione sul perché differiscono dagli altri. In questo modo [209e] dunque il rigirare, come si dice, una scitale od un pestello o qualunque cosa non sarebbe nulla rispetto a quest’obbligazione, che potrebbe esser chiamata più giustamente comando d’un cieco: infatti il comandare d’aggiungere le cose che abbiamo, per imparare le cose che opiniamo, sembra del tutto genuinamente da accecato.

TEETETO   Se invece ecco… ‒ che volevi sapere interrogando or ora?

SOCRATE   Se l’aggiungere, o ragazzo, il logos comanda di conoscere ma non d’opinare la differenza, allora sarebbe un soave possesso del più bel logos pertinente alla conoscenza. Il conoscere, infatti, [210a] è tal quale l’afferrare conoscenza, ecco, o no?

TEETETO   Sì.

SOCRATE   Quindi, come sembra, interrogato su che cos’è conoscenza, risponderà che è opinione retta accompagnata da conoscenza della differenza. Questo, infatti, sarebbe per lui aggiunta del logos.

TEETETO   Sembra.

SOCRATE   Eppure sarebbe in tutto e per tutto, ecco, banale, mentre noi cerchiamo la conoscenza, professare ch’è opinione retta accompagnata da conoscenza sia della differenza sia di qualunque cosa. Allora né la percezione sensibile, o Teeteto, né [210b] l’opinione vera né il logos aggiunto all’opinione vera posson essere conoscenza.

TEETETO   Non sembra.

SOCRATE   Ebbene, siamo ancora gravidi ed abbiam le doglie, o amico, per quanto concerne la conoscenza, o abbiamo partorito tutto?

TEETETO   Beh, per Giove, io, ecco, ho verbalizzato grazie a te più cose di quante ne avessi in me.

SOCRATE   Ebbene, la nostra arte maieutica non professa che tutte queste cose son nate ventose e non degne d’esser allevate?

TEETETO   Ebbene sì, in tutto e per tutto.

SOCRATE   Se, orbene, tenterai di divenire gravido d’altre cose dopo queste, [210c] o Teeteto, e se lo diverrai, grazie all’esplorazione di adesso sarai pieno di cose migliori, e se sarai vuoto, sarai meno gravoso per coloro che sono con te e più cortese, giacché, saggiamente, non crederai di sapere le cose che non sai. Infatti soltanto questo può la mia arte, di più, invece, non può nulla, né conosco alcuna delle cose che conoscono quant’altri sono o sono stati uomini grandi e meravigliosi; eppure questa maieutica io e mia madre l’abbiamo avuta in dono dal dio, lei per le donne, [210d] io invece per i giovani nobili e per quanti son belli. Beh, adesso bisogna che mi rechi al Portico del Re a oppormi all’accusa che Meleto ha scritto contro di me; domattina comunque, o Teodoro, ritroviamoci qui.

 

La traduzione si basa sull’edizione critica di Hicken: Plato, Theaetetus, edit. W.F. Hicken, in Platonis Opera, Tomus I, tetralogias I-II continens, recognoverunt brevique adnotatione critica instruxerunt E.A. Duke, W.F. Hicken, W.S.M. Nicoll, D.B. Robinson et J.C.G. Strachan, Oxford University Press, Oxford 1995.

 

Brano iniziale: Platone, Teeteto (1)

 

 


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