Platone, Teeteto (38)
Platone, Teeteto (38)
Mar 29
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SOCRATE Ebbene, hai sentito come adesso definiscono il conoscere?
TEETETO Forse; comunque di presente, ecco, non rammemoro.
SOCRATE [197B] Professano che esso è in qualche modo avere conoscenza.
TEETETO Vero.
SOCRATE Noi, orbene, facciamo una piccola trasformazione e lo definiamo possedere conoscenza.
TEETETO In che cosa dunque professerai che questo differisce da quello?
SOCRATE Forse in nulla; sentendo dunque ciò che sembra giudica con me.
TEETETO Se per davvero, ecco, sarò capace.
SOCRATE Orbene, l’avere non mi pare lo stesso del possedere. Ad esempio, se qualcuno ha comprato una veste e n’è proprietario, professeremmo allora non che ce l’ha, bensì che la possiede.
TEETETO Rettamente, ecco.
SOCRATE [197c] Guarda dunque così anche la conoscenza, se è possibile che qualcuno, possedendola, non l’abbia, detto altrimenti come se qualcuno, avendo pigliato degli uccelli selvatici, colombi o qualcos’altro, li allevasse in casa, avendo preparato una colombaia, in certo qual modo potremmo allora professare che egli li ha sempre, giacché appunto li possiede. Così o no?
TEETETO Sì.
SOCRATE Invece, ecco, in altro modo potremmo professare che non ne ha nessuno, ma che s’è generata per lui la possibilità per quanto riguarda essi ‒ giacché se li mise sottomano in un recinto domestico ‒ di prenderli ed averli quando voglia, [197d] cacciando quello che di volta in volta desideri per lasciarlo andare ancora una volta e che è possibile fare questo ogniqualvolta gli piaccia.
TEETETO È così.
SOCRATE Daccapo dunque: come negli argomenti precedenti nelle anime abbiamo costruito non so quale plasma ceroso, adesso invece in ciascuna anima foggiamo una qualche colombaia con uccelli d’ogni varietà, dei quali alcuni sono in stormi separati dagli altri, altri in piccoli gruppi, mentre alcuni rimangono soli volando in mezzo agli altri dove capita.
TEETETO [197e] La si foggi dunque. Ma indi che ne consegue?
SOCRATE Beh, bisogna professare che quando s’è bambini questo vaso è vuoto (anziché, dunque, ad uccelli pensa a conoscenze); dunque, quando qualcuno rinserra la conoscenza di cui s’è impossessato, bisogna professare che egli ha imparato o trovato la realtà di cui questa era la conoscenza, e che questo è il conoscere.
TEETETO Sia.
SOCRATE [198a] Allora l’andare daccapo a caccia di qualunque conoscenza uno voglia e prendendola averla e lasciarla andare un’altra volta, ispeziona di quali denominazioni abbia bisogno, se delle stesse che sono state usate prima, quando se n’era impossessato, oppure di alternative. Da questo quindi intenderai più chiaramente che cosa argomento: definisci un’arte, ecco, l’aritmetica?
TEETETO Sì.
SOCRATE Assumi dunque che questa sia caccia di conoscenze di ogni determinazione pari e dispari.
TEETETO L’assumo.
SOCRATE Credo dunque che con quest’arte costui sottomano [198b] ha le conoscenze dei numeri e le trasmette a un altro, colui che le trasmette.
TEETETO Sì.
SOCRATE E chiamiamo, ecco, il trasmettere insegnare, il ricevere, invece, imparare, l’averle, invece, essendosene impossessati in quella colombaia, conoscere.
TEETETO Ebbene sì, assolutamente.
SOCRATE Presta dunque attenzione a quel che indi consegue. Chi è nel senso compiuto del termine, ecco, aritmetico non conosce senz’altro tutti quanti i numeri? Infatti nella sua anima vi sono conoscenze di tutti i numeri.
TEETETO Beh, e con ciò?
SOCRATE [198c] Orbene, questo tale potrebbe mai contare qualche numero, o contandoli tra sé e sé o contando qualcos’altro tra le cose esterne, quante hanno numero?
TEETETO Ecco, come no?
SOCRATE Dunque del contare, ecco, non faremo altro che l’ispezionare quanto grande si dia il caso che un qualunque numero sia.
TEETETO Così.
SOCRATE Allora pare ispezionare ciò che conosce come se non lo conoscesse colui sul quale abbiamo argomentato concordemente che conosce ogni numero. È quasi ovvio che senti proprio queste obiezioni.
TEETETO Io sì.
La traduzione si basa sull’edizione critica di Hicken: Plato, Theaetetus, edit. W.F. Hicken, in Platonis Opera, Tomus I, tetralogias I-II continens, recognoverunt brevique adnotatione critica instruxerunt E.A. Duke, W.F. Hicken, W.S.M. Nicoll, D.B. Robinson et J.C.G. Strachan, Oxford University Press, Oxford 1995.
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