Temi e protagonisti della filosofia

Platone, Teeteto (20)

Platone, Teeteto (20)

Dic 09

 

 

Brano precedente: Platone, Teeteto (19)

 

TEODORO   Beh, non siamo agevolati dal tempo libero, o Socrate?

SOCRATE   Pare che lo siamo. Ecco dunque che spesso, o portento, anche altre volte ho osservato, ma adesso ancor di più, come visibilmente coloro che hanno trascorso molto tempo nelle diatribe filosofiche andando in tribunale paiano retori ridicoli.

TEODORO   Com’è che parli così, dunque?

SOCRATE   Coloro che s’aggirano sin da giovani in tribunali ed in luoghi cotali rischiano, di fronte a coloro [172d] che sono stati allevati nella filosofia e nelle occupazioni cotali, di parer esser stati allevati come schiavi di fronte a liberi.

TEODORO   Perché dunque?

SOCRATE   Perché per gli uni c’è sempre ciò che tu hai detto, tempo libero, e foggiano gli argomenti in serenità occorrendo tempo libero; come noi adesso qui già la terza volta ripigliamo un argomento a partire da un altro argomento, così anche loro, se quello sopraggiungente garba loro, come vale per noi, di più di quello presente; e non cale per nulla di argomentare mediante discorsi lunghi o brevi, se solo vanno a segno nel toccare quel che è in discussione; gli altri invece argomentano sempre in indisponibilità di tempo libero [172e] ‒ li incalza infatti l’acqua che scorre* ‒ e non è loro permesso foggiare gli argomenti sull’oggetto che desidererebbero discutere, ma l’avversario sta addosso esibendo la necessità di legge e l’atto recitato delle accuse all’esterno delle quali non bisogna parlare; i discorsi, dunque, son sempre su un compagno di schiavitù, rivolti verso un padrone seduto che ha qualche causa in mano, e le gare non vanno mai da una parte e dall’altra ma sempre percorrono la stessa direzione, spesso dunque la corsa è anche per la vita; [173a] sicché, per effetto di tutte queste ragioni assieme, son in tensione e divengono scaltri, sapendo lusingare colla parola il padrone ed ingraziarselo coi fatti, piccoli e non retti di anima. Infatti la schiavitù esperita sin da giovani li toglie dall’aumento di moralità e dalla dirittura e dal senso di libertà, necessitandoli a praticare scelleratezze, mettendo anime ancora tenere in grandi rischi e paure, che non possono soffrire colla scorta del senso del giusto e del vero, volgendosi subito al falso ed all’esser ingiusti gli uni verso gli altri [173b] in molti modi si curvano e si corrompono, cosicché terminano il passaggio da adolescenti a uomini non avendo alcunché di sano nella mente, divenuti bravi e sapienti, come credono. E tali sono, ordunque, costoro, o Teodoro; quelli, invece, del nostro coro vuoi che li passiamo in rassegna oppure che, lasciatili andare, ritorniamo all’argomento per non abusare troppo della libertà di cambiamento degli argomenti, del che or ora parlavamo?

TEODORO   Nient’affatto, o Socrate, passiamoli invece in rassegna. Questo infatti l’hai detto assolutamente bene, [173c] cioè che noi, i componenti di tale coro, non serviamo gli argomenti, ma gli argomenti son nostri come schiavi, e ciascuno di essi rimane in attesa d’esser terminato quando a noi sembri opportuno: infatti nessun giudice né alcuno spettatore ci sovrasta censurandoci e comandandoci come avviene ai poeti.

 

* Nella clessidra, che fissava il tempo disponibile per concludere un’orazione.

 

La traduzione si basa sull’edizione critica di Hicken: Plato, Theaetetus, edit. W.F. Hicken, in Platonis Opera, Tomus I, tetralogias I-II continens, recognoverunt brevique adnotatione critica instruxerunt E.A. Duke, W.F. Hicken, W.S.M. Nicoll, D.B. Robinson et J.C.G. Strachan, Oxford University Press, Oxford 1995.

 

Brano seguente: Platone, Teeteto (21)

 

 


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