Platone, Teeteto (19)
Platone, Teeteto (19)
Dic 06
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TEODORO O Socrate, incalziamo troppo il mio compare.
SOCRATE Toh, ma, o amico, non è chiaro se incalzandolo travalichiamo il corretto. È comunque immaginabile che lui, essendo più vecchio, sia più sapiente di noi; [171d] e se adesso da qui sotto spuntasse sino al collo, allora rimprovererebbe molto sia me che ho sparlato, com’è immaginabile, sia te che hai concordato sull’argomento, e allora calandosi giù se ne andrebbe di corsa. Ma per noi è necessario, credo, servirci di noi stessi, quali che siamo, e le dottrine che opiniamo, argomentare sempre queste. E dunque anche adesso che altro dobbiamo professare se non che chiunque, ecco, concorderebbe nell’argomentare questo, ossia che uno è più sapiente d’un altro, ed anche più ignorante?
TEODORO A me, ecco, sembra di sì.
SOCRATE Ed allora anche che l’argomento è stabilito in questa maniera, in cui [171e] l’abbiamo delineato soccorrendo Protagora, cioè: la più parte delle cose nella maniera in cui sembrano, in questa anche sono per ciascuno: calde, secche, dolci, con tutte quante le proprietà di questo tipo; se invece in qualche modo concederà che in alcuni casi uno differisce da un altro, per quel che concerne le cose salutari e nocive sarà disposto allora a professare che non ogni donna e bambino, od anche animale, sarà capace di curarsi conoscendo quel che è salutare per sé, ma proprio in questi casi, dunque, se mai in altri, uno differisce da un altro?
TEODORO A me, ecco, sembra che sia così.
SOCRATE [172a] Quindi anche per la politica, le cose belle e brutte, giuste ed ingiuste, pie e non, quali ciascuna società politica, con le sue credenze, ponga normative per sé stessa, queste anche sono in verità per ciascuna, ed in queste cose né un privato è più sapiente di un altro privato né una società politica è più sapiente di un’altra società politica; invece nel porre quel che è conveniente per se stessa e quel che non è conveniente, in questi casi, se mai, concorderà nell’argomentare che un consigliere differisce da un altro e l’opinione d’una città differisce da quella d’un’altra relativamente alla verità, e non oserebbe assolutamente mai professare [172b] che le norme che una città casomai ponga credendole convenienti per se stessa converranno al meglio anche assolutamente in ogni caso; ma in quel contesto di cui parlavo, nel contesto delle cose giuste ed ingiuste, pie ed empie, son disposti ad affermare che nessuna di esse è per natura, avendo una sua propria essenza, ma la dottrina opinata dalla comunità, questa diviene vera allorquando lo sembri e per quanto tempo lo sembri. Anche quanti, ecco dunque, non argomentano in tutto e per tutto l’argomento di Protagora, indagano la sapienza in qualche modo così. Eppure, o Teodoro, ci [172c] prende un argomento, uno maggiore da un argomento minore.
La traduzione si basa sull’edizione critica di Hicken: Plato, Theaetetus, edit. W.F. Hicken, in Platonis Opera, Tomus I, tetralogias I-II continens, recognoverunt brevique adnotatione critica instruxerunt E.A. Duke, W.F. Hicken, W.S.M. Nicoll, D.B. Robinson et J.C.G. Strachan, Oxford University Press, Oxford 1995.
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