Platone, Parmenide (22)
Platone, Parmenide (22)
Lug 28
Brano precedente: Platone, Parmenide (21)
«E se accantonassimo questi argomenti come già illustrati ed esaminassimo daccapo se, nel caso in cui l’uno è, gli altri dall’uno hanno un contegno anche diverso da questo o solo questo?» «Beh, esaminiamolo assolutamente». «Argomentiamo dunque dall’inizio che cosa bisogna che gli altri dall’uno patiscano se l’uno è». «Argomentiamolo, ecco». «Quindi, non è forse separato dagli altri e gli altri non sono separati dall’uno?» «Perché dunque?» «Perché non vi è, accanto a questi, alcun diverso che sia altro dall’uno ed altro dagli altri: [159c] infatti s’è detto tutto quando s’è detto ‘l’uno e gli altri’». «Tutto, infatti». «Allora non c’è in più un diverso, in cui l’uno e gli altri sarebbero in un identico». «No, ecco». «Allora l’uno e gli altri non sono mai nell’identico». «Si vede di no». «Allora son separati?» «Sì». «Neppure affermiamo, ecco, che quel ch’è veramente uno ha parti». «Come potrebbe, infatti?» «Allora l’uno non può essere negli altri – né lo può da intero né lo possono parti di esso –, se è separato dagli altri e non ha parti». «Come potrebbe, infatti?» [159d] «Allora, non partecipando né di qualche sua parte né dell’intero, in nessun modo gli altri possono partecipare dell’uno». «Si vede di no». «In nessuna maniera, allora, gli altri sono uno, né hanno in sé stessi nulla di uno». «Quindi no, ecco». «Allora gli altri non sono neppure molti: infatti, se fossero molti, allora ciascuno di essi sarebbe una parte unica dell’intero; ora, invece, gli altri dall’uno non sono né uno né molti, né intero né parti, poiché non partecipano in alcuna maniera di esso». «Rettamente». «Allora gli altri in sé non sono né due né tre né due e tre sono insiti in essi, dal momento che sono in toto privi dell’uno». [159e] «Così».
«Allora gli altri in sé non sono né simili a né dissimili dall’uno, né sono insite in essi somiglianza e dissomiglianza: infatti, se essi fossero simili e dissimili o avessero in sé stessi somiglianza e dissomiglianza, allora gli altri dall’uno avrebbero in sé stessi due idee affatto contrarie l’una all’altra». «Pare». «Però, ecco, era impossibile che ciò che non partecipa neppure di una partecipasse di due idee qualsiasi». «Impossibile». «Allora gli altri non sono né simili né dissimili né entrambe le idee. [160a] Infatti, se fossero simili a o dissimili dall’uno, allora parteciperebbero di una delle forme alternative; invece se fossero entrambi parteciperebbero dei due contrari; questo, però, parve impossibile». «Vero».
«Allora non sono né identici né diversi, né moventisi né stazionanti, né generantisi né distruggentisi, né maggiori né minori né uguali, né passibili di nessun’altra di tali passioni: infatti se gli altri rimanessero passivamente sottoposti a qualcuna di tali passioni parteciperebbero anche dell’uno e del due e del tre e del pari e del dispari; idee delle quali parve impossibile partecipassero [160b] in quanto, ecco, in tutto e per tutto privati dell’uno». «Verissimo». «Così dunque, se è uno, l’uno è tutte le idee e non è neppure una, sia in relazione a sé sia, allo stesso modo, in relazione agli altri». «Beh, perfetto».
Brano seguente: Platone, Parmenide (23)