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Platone, Parmenide (20)

Platone, Parmenide (20)

Lug 18

Brano precedente: Platone, Parmenide (19)

 

«E dunque argomentiamo per la terza volta. Se l’uno è come abbiamo esposto, non è forse necessario che esso, essendo uno e molti e né uno né molti ed avendo parte del tempo, talora abbia parte dell’essere perché è uno, e talaltra non ne abbia parte perché non è?» «Necessario». «Orbene, come sarà capace di non aver parte allorquando ha parte od aver parte allorquando non ha parte?» «Non ne sarà capace». «Allora in un tempo ha parte ed in un altro non ha parte: solo così infatti sarebbe capace di aver parte e non aver parte dello stesso». [155a] «Rettamente». «Quindi non c’è il tempo in cui prende parte all’essere e quello in cui s’allontana da esso? O come sarà capace talora di avere, talaltra di non avere lo stesso predicato se mai lo prende e l’abbandona?» «In nessun modo». «Ecco dunque, non chiami forse ‘generarsi’ il prender parte all’essere?» «Io sì». «Invece non chiami forse ‘distruggersi’ l’allontanarsi dall’essere?» «Eccome, assolutamente sì». «L’uno, dunque – così sembra –, prendendo ed abbandonando l’essere si genera e si distrugge». [156b] «Di necessità».  «Dunque, essendo uno e molti e generandosi e distruggendosi, non si distrugge forse l’esser molti quando si genera come uno e non si distrugge forse l’essere uno quando invece si genera come molti?» «Assolutamente sì». «Generandosi dunque come uno e molti, non è forse necessario che si disgreghi e si aggreghi?» «Sì, assai». «E quando, ecco, si genera come dissimile e simile, non è necessario che assomigli e dissomigli?» «Sì». «E quando si genera come maggiore e minore ed uguale, non è necessario che aumenti e si consumi e s’uguagli?» «Così». [156c] «Inoltre, quando muovendosi staziona e quando da statico muta stato per muoversi, esso, ecco, non deve affatto essere in alcun tempo». «Come lo argomenti dunque?» «Non è possibile che gli capiti il muoversi dopo esser stato prima statico e lo stazionare dopo essersi prima mosso senza passare da uno stato all’altro». «Come potrebbe infatti?» «Ecco dunque: non c’è alcun tempo in cui qualcosa sia capace di muoversi e stazionare simultaneamente». «Ecco no, non ne sarebbe capace». «E neppure muta senza passare da uno stato all’altro». «Non è verosimile». «Quindi quando muta di stato? Ecco, non muta di stato né essendo statico né muovendosi né essendo nel tempo». [156d] «Beh no, ecco». «Quindi c’è forse questo incollocabile, in cui l’uno sarebbe allorquando muta di stato?» «Quale incollocabile dunque?» «L’istante. Infatti ‘l’istante’ sembra significare qualcosa tale che a partire da lui si muta verso uno dei due stati. Infatti, ecco, non si muta a partire da uno stare che resti ancora tale, né si muta a partire dal movimento che si muova ancora, ma questa stessa natura dell’istante – un che d’incollocabile – risiede a metà tra il movimento e la staticità, non essendo in alcun tempo, [156e] e dunque verso questa e a partire da questa quel che si muove muta verso lo stato di esser statico e quel che è statico verso lo stato di esser in movimento». «C’è il rischio». «E l’uno, dunque, se è statico e si muove, allora muterà verso uno dei due stati – solamente così, infatti, potrebbe fare entrambe le cose –; dunque, mutando di stato, muta istantaneamente e, allorquando muterà di stato, non sarà mai in alcun tempo, né mai si muoverà né mai stazionerà». «Ecco no». «Ora, si ha questo anche rispetto agli altri mutamenti: quando muta dall’essere al distruggersi o dal non essere al generarsi, [157a] non diviene allora intermedio tra quegli stati di movimento e stazionamento, e allora né è né non è, né si genera né si distrugge?». «Ecco, sembra di sì». «Dunque, secondo lo stesso argomento, anche transitando da uno a molti e da molti ad uno non è né uno né molti, né si disgrega né s’aggrega. E transitando da simile a dissimile e da dissimile a simile non è né simile né dissimile, né somigliante né dissomigliante; e [157b] transitando da piccolo a grande e ad uguale e viceversa non sarà mai né piccolo né grande né uguale, né aumentato né consumato». «Sembra di no». «Dunque, se l’uno è, allora patisce tutte queste passioni». «E come no?»


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