Platone, Parmenide (2)
Platone, Parmenide (2)
Apr 21Brano precedente: Platone, Parmenide (1)
«Ma ammetto», disse Socrate, «e ritengo sia come spieghi. Però dimmi questo: non giudichi che ci sia in sé e per sé un’idea di somiglianza e pure un’altra contraria a tale idea, il dissimile, e che di queste, che sono due, partecipiamo sia io sia tu sia gli altri che dunque chiamiamo molti? E che quelli che partecipano della somiglianza diventano dunque simili mediante essa e per quel tanto che ne partecipano, quelli che invece partecipano della dissomiglianza diventano dissimili e quelli che partecipano di entrambe diventano entrambi? E se anche tutti partecipano di entrambe, che sono contrarie, e sono, col partecipare di entrambe, simili e dissimili a se stessi, [129d] che c’è da stupirsi? Ecco, se qualcuno provasse che i simili in sé diventano dissimili o i dissimili simili, credo che questo sarebbe prodigioso; se invece prova che i partecipanti ad entrambe loro patisce entrambe, questo a me, Zenone, non sembra per nulla assurdo, e, se qualcuno prova che tutti gli enti insieme sono uno col partecipare dell’uno e che essi stessi sono molti col partecipare anche della pluralità, neppure questo. Ma se dimostrerà che ciò che è uno è esso stesso molti e anche che i molti sono uno, [129e] di questo sì mi stupirò. E così per tutti gli enti nel loro insieme: se si provasse che i generi in sé e le idee patiscono in sé queste passioni contrarie, varrebbe la pena stupirsi; invece che ci sarebbe di stupefacente se si provasse che io sono uno e molti, argomentando, quando si vuole provare che sono molti, che altra è la mia destra ed altra la mia sinistra, altro il davanti ed altro il dietro, e così l’alto e il basso – infatti credo di partecipare della pluralità –, quando invece si vuole provare che sono uno, si dirà che, di noi che siamo sette, [129d] io sono un uomo perché partecipo anche dell’uno, sicché si prova che entrambi gli enunciati sono veri. Qualora quindi, rispetto a tali enti, qualcuno tentasse di provare che lo stesso è molti ed uno – pietre, legni e tali enti – affermeremo che egli dimostra che qualcosa è molti ed uno, non che l’uno è molti né che i molti sono uno, né che argomenta qualcosa di stupefacente, ma cose sulle quali tutti concorderemmo; qualora invece qualcuno, a proposito degli enti di cui parlavo or ora, in primis dividesse separatamente le idee in sé e per sé, come somiglianza e dissomiglianza, pluralità ed uno, [129e] staticità e movimento e tutti gli enti di tal sorta, poi provasse che esse hanno in sé la potenzialità di confondersi e discriminarsi, io ne sarei stupendamente ammirato», disse, «Zenone. Di questo ritengo tu abbia trattato in modo assolutamente vigoroso; comunque, come dico, sarei molto più ammirato se si avesse modo di dimostrare che questa stessa aporia è implicata in vari modi nelle idee stesse, [130a] negli enti coglibili col ragionamento, così come lo è in quelli visibili che avete discusso».