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Platone, Parmenide (19)

Platone, Parmenide (19)

Lug 14

Brano precedente: Platone, Parmenide  (18)

 

«Che dici dunque di questo? L’uno sarebbe forse nato contro la propria natura, [153c] o è impossibile?» «Impossibile». «Ma ecco che l’uno parve avere parti; se dunque ha parti, ha anche principio e termine e mezzo».  «Sì». «Ed il principio non si genera prima di tutti gli enti (sia dell’uno stesso sia di tutti gli altri), e dopo il principio si generano anche tutti gli altri fino al termine?» «Mah, che c’entra?» «E affermeremo, ecco, che tutti questi altri sono parti dell’intero, cioè dell’uno, e che esso è divenuto unità integrata insieme al termine?». «Ecco, l’affermeremo». «Il termine dunque – ecco, credo – si genera in ultima, ma l’uno è di natura tale da generarsi insieme a lui; [153d] sicché, dal momento che è necessario che l’uno in sé non si generi contro natura, allora, essendo nato simultaneamente al termine, sarebbe di natura tale da generarsi per ultimo rispetto agli altri». «Pare». «Allora l’uno è più giovane degli altri, mentre gli altri son più vecchi dell’uno». «Così pare anche a me». «Che ne dici dunque? Il principio, o qualsiasi altra parte dell’uno o di qualsiasi altro ente, qualora sia parte ma non parti, non è necessario che sia uno, essendo, ecco, parte?» «Di necessità». «Quindi l’uno si genera sia insieme a quel che si genera per primo, sia insieme a quel che si genera per secondo, [153e] e non tralascia nessuno degli altri che si generano, qualunque sia quello che sì aggiunge a qualunque altro, sinché, raggiunto l’estremo, diviene intero unitario, non tralasciando, nella generazione, né il punto medio né il primo né l’estremo né nessun’altro». «Vero». «Allora l’uno ha la stessa età di tutti gli altri; sicché, se l’uno in sé non è nato contro natura, allora non s’è generato né prima degli né dopo gli altri, ma insieme. [154a] Ed allora, secondo questo argomento, l’uno non è né più vecchio né più giovane degli altri, né gli altri son più vecchi o più giovani dell’uno; invece, secondo l’argomento precedente, l’uno è sia più vecchio sia più giovane, e così anche gli altri rispetto a lui». «Beh, assolutamente». «Dunque, l’uno è e s’è generato così. Ma che dire poi del fatto che esso diviene più vecchio e più giovane degli altri e gli altri divengono più vecchi e più giovani dell’uno, e non diviene né più giovane né più vecchio? Forse quel che si ha per l’essere lo si ha anche per il divenire, o si ha qualcosa d’alternativo?» «Non ho nessun argomento». [154b] «Ma questo è quanto io argomenterei, ecco: anche se qualcosa è più vecchio di qualcos’altro, esso non può divenire ancora più vecchio di quanto differisse per età in principio, appena generato, e neanche quel ch’è più giovane può divenire ancor più giovane: infatti, aggiungendo quantità uguali a quantità disuguali (di tempo o di qualsiasi altra grandezza), si fa in modo che differiscano sempre tanto quanto differivano in principio». «Ecco, come no?» «Ecco allora che quel che è non diverrebbe giammai più vecchio e neppure più giovane di nulla che è, [154c] dal momento che differisce sempre equivalentemente in età; ma è ed è divenuto più vecchio, e l’altro più giovane, eppure non divengono più vecchio e più giovane». «Vero». «Ed allora l’uno essente non diviene mai né più vecchio né più giovane degli altri essenti». «Quindi no, ecco». «Guarda invece se in questa prospettiva divengano più vecchi e più giovani». «In quale prospettiva, dunque?» «Quella in cui l’uno parve più vecchio degli altri e gli altri parvero più vecchi dell’uno». «Che argomenti, quindi?» «Quando l’uno è più vecchio degli altri, si è generato da un tempo maggiore degli altri». [154d] «Sì». «Esamina dunque daccapo: se aggiungiamo ad un tempo maggiore ed a uno minore un tempo uguale, allora il maggiore differirà dal minore di una parte uguale o d’una minore?» «D’una minore». «Allora, quale che fosse dapprincipio il rapporto in ragione del quale l’uno differiva per età dagli altri, questo rapporto non ci sarà forse anche per il seguito? Ma prendendo un tempo uguale agli altri differirà per età da essi sempre di meno di prima, o no?»  «Sì». «Bene, quel che differisce in età [154e] rispetto a qualcosa meno di prima non diviene forse più giovane che in precedenza rispetto a quegli enti rispetto ai quali era più vecchio prima?» «Più giovane». «Se dunque quello diviene più giovane, quelli, gli altri, non divengono allora più vecchi di prima rispetto a lui?» «Assolutamente sì». «Ciò che allora è più giovane e s’è generato dopo diviene più vecchio rispetto a quel che s’è generato prima ed è più vecchio, ma non è mai più vecchio, bensì diviene sempre più vecchio di quello: quello, infatti, si dota di uno stato di maggior giovinezza, l’altro d’uno stato di maggior vecchiaia. [155a] Inoltre, allo stesso modo il più vecchio diviene più giovane del più giovane. Andando, infatti, entrambi nel senso contrario, divengono contrari l’uno all’altro: il più giovane più vecchio del più vecchio, il più vecchio più giovane del più giovane; essi però non possono esser tali. Se, infatti, fossero divenuti tali, allora non diverrebbero più tali, ma sarebbero tali. Ora, invece, divengono reciprocamente più vecchi e più giovani: mentre l’uno diviene più giovane degli altri perché parve fosse più vecchio e si fosse generato prima, [155b] gli altri divengono più vecchi dell’uno perché si son generati posteriormente. Dunque, secondo lo stesso argomento, anche gli altri han lo stesso contegno in relazione all’uno poiché parvero più vecchi di esso e generatisi prima». «Ecco, così pare». «Quindi, in quanto nulla diviene né più vecchio né più giovane di un diverso siccome differiscono sempre l’uno dall’altro di un numero uguale, allora né l’uno diverrebbe né più vecchio né più giovane degli altri, né gli altri diverrebbero né più vecchi né più giovani dell’uno; in quanto invece è necessario che differiscano di una frazione sempre diversa [155c] i generati prima dei generati dopo ed i generati dopo dei generati prima, per questo non è dunque necessario che divengano sempre sia più vecchi sia più giovani: gli altri rispetto all’uno e l’uno rispetto agli altri?» «Beh, assolutamente». «Dunque, per tutto questo, l’uno in sé è e diviene più vecchio e più giovane sia di sé sia degli altri, e né è né diviene né più vecchio né più giovane né di sé né degli altri». «Perfetto, eccome». «Poiché dunque l’uno ha parte del tempo, cioè del divenire più vecchio e più giovane, [155d] non è forse necessario che abbia parte anche del prima e del poi e dell’adesso, dal momento che ha parte del tempo?» «Necessario». «Allora l’uno era ed è e sarà e diveniva e diviene e diverrà». «Beh, che vuol dire?» «Ebbene, è forse possibile che ci sia qualcosa per esso e di esso e c’era e c’è e ci sarà?» «Assolutamente sì». «E di esso è possibile scienza stabile ed opinione e sensazione, dal momento che anche adesso noi facciamo tutte queste trattazioni sull’uno». «Argomenti correttamente». «E di esso ci sono nome e definizione, e dunque è nominato e definito, [155e] e quante determinazioni di tal sorta son pertinenti per gli altri, altrettante lo sono per l’uno». «Beh, è perfettamente così».

 

Brano seguente: Platone, Parmenide (20)


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