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Platone, Parmenide (16)

Platone, Parmenide (16)

Giu 26

Brano precedente: Platone, Parmenide (15)

 

«Or dunque, che dici? Esamina come l’uno entri in contatto e non entri in contatto con sé stesso e con gli altri». «Esamino». «Ecco, in effetti l’uno stesso parve essere in sé stesso come intero». «Rettamente». «Però l’uno non è anche negli altri?» «Sì». «Ora, in quanto è negli altri, allora entrerà in contatto con loro; [148e] in quanto, invece, esso è in sé stesso, allora sarà impedito ad entrare in contatto con gli altri, mentre entrerà in contatto con sé stesso, essendo in sé stesso». «Pare». «Così, or dunque, l’uno entrerà in contatto sia con sé sia con gli altri». «Entrerà in contatto». «Che dici dunque di quest’altra via? Ogni oggetto che sta per entrare in contatto con qualcosa non deve forse giacere consecutivamente a quello con cui sta per entrare in contatto, occupando il sito che sta dopo quello in cui giace quello con cui poi entrerà in contatto?» «Di necessità». «E l’uno allora, se esso sta per entrare in contatto con sé, deve giacere consecutivamente subito dopo sé stesso, occupando il luogo successivo a quello in cui esso è». «Quindi deve, ecco». «Quindi solo essendo due l’uno eventualmente potrà fare questo [149a] ed essere simultaneamente in due luoghi; sin quando invece sia uno, non sarà in grado?» «Quindi no, ecco». «Ora, per la medesima necessità l’uno né è due né entra in contatto con sé stesso». «La medesima». «Ma neppure entrerà in contatto con gli altri». «Perché dunque?» «Perché, diciamo, quel che sta per entrare in contatto, essendo separato, deve essere consecutivo a quello con cui sta per entrare in contatto; dunque non dev’esserci nessun terzo in mezzo ad essi». «Vero». «Allora devono essere al minimo in due, se sta per esserci contatto». «Devono». «Quando dunque ai due termini consecutivamente se ne aggiunge un terzo, allora essi saranno tre, [149b] e due, dunque, i contatti». «Sì». «E così dunque, essendo aggiunta ogni volta un’unità, si aggiunge anche un contatto e ne consegue che i contatti sono minori d’un’unità alla quantità dei numeri. Di quanto, infatti, i primi due eccedevano i contatti per il fatto che erano in numero maggiore dei contatti, di questa uguale quantità ogni numero successivo supera la somma dei contatti: infatti ormai [149c] nel seguito si aggiungono simultaneamente un’unità al numero ed un contatto ai contatti». «Correttamente». «Allora, quale che sia il numero degli essenti, i contatti sono sempre d’un’unità minori di essi». «Vero». «Ecco dunque: se ci fosse un solo ente, e dunque non ce ne fossero due, allora non ci sarebbe contatto». «Ecco, come potrebbe esserci?» «Però, diciamo, gli altri dall’uno né sono uno né hanno parte di esso, perché sono altri». «No, infatti». «Allora non c’è numero negli altri, non essendoci l’uno in essi». «Ecco, come potrebbe?» «Allora gli altri non sono né uno né due né [149d] nulla che abbia il nome d’un altro numero». «No». «Allora solo l’uno è uno, e non può esserci dualità». «Pare di no». «Allora non c’è contatto, non essendoci due enti». «Non c’è». «Allora né l’uno entra in contatto con gli altri né gli altri con l’uno, perché non c’è contatto». «No, ecco». «Così dunque, per tutti questi argomenti, l’uno entra in contatto e non entra in contatto con gli altri e con sé stesso». «Sembra».


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