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Platone, Lettera VII 342a-342e

Platone, Lettera VII 342a-342e

Mag 27

 

 

Brano precedente: Platone, Lettera VII 341a-342a

 

Eppure mi è venuto in mente di parlare di più intorno a queste cose: forse, ecco, ci sarà più chiarezza intorno alle cose di cui parlo quando saranno state argomentate [peri hōn legō saphesteron an eiē lekhthentōn autōn]. C’è, ecco, un argomento veritiero contro colui che osa [tis logos alēthēs, enantios tō(i) tolmēsanti] scrivere anche una qualunque di tali cose [tōn toioutōn kai hotioun], spesso da me anche in precedenza verbalizzato [rētheis], che comunque sembra sia [eoiken d’ oun einai] da argomentare [lekteos] anche adesso.

Ci sono, per ciascuno degli essenti, tre dispositivi mediante i quali di necessità si genera la scienza stabile [estin tōn ontōn hekastō(i), di’ hōn tēn epistēmēn anankē paragignesthai], quarto elemento è poi quest’ultima [tetarton d’ autē] – come quinto poi [342b] si deve porre ciò che è appunto conosciuto e veramente è essente [pempton d’ auto dei tithenai ho dē gnōston te kai alēthōs estin on] –: primo il nome [onoma], secondo, poi, la definizione [logos], il terzo, poi, è l’immagine [eidōlon], quarto, poi, è la scienza stabile [epistēmē].

Quindi, se vuoi tener a mente quel che adesso è argomentato [mathein to nun legomenon], prendi [labe] per esempio una cosa [peri hen] e rifletti [noēson] così per [peri] tutte le altre [pantōn]. ‘Cerchio’ è detto di qualcosa, cui nome è proprio questo, che adesso abbiam pronunciato [kuklos estin ti legomenon, hō(i) tout’ auto estin onoma ho nun ephthengmetha]. La definizione di esso, dunque, è il secondo [to deuteron], composto [sunkeimenon] di [ex] nomi e verbi [rēmatōn]: ecco, “ciò che agli estremi ha equidistanza in ogni punto dal centro” sarebbe definizione di quello il cui [to gar ek tōn eskhatōn epi to meson ison apekhon pantē(i), logos an eiē ekeinou hō(i)per] [342c] nome è ‘tondo’ [strongulon] e ‘circonferenza’ [peripheres] e ‘cerchio’. Terzo, poi, è quel ch’è disegnato [zōgraphoumenon] e cancellato [exaleiphomenon] e tracciato col compasso [torneuomenon] e perituro [apollumenon]; il cerchio in sé, al quale tutte loro sono pertinenti, non patisce alcuna di queste affezioni, siccome è altro da loro [hōn autos ho kuklos, hon peri pant’ estin tauta, ouden paskhei, toutōn hōs heteron on]. Quarto è scienza stabile ed intuizione ed opinione vera su queste cose [nous alēthēs te doxa peri taut’ estin]; or dunque, di tutto questo va fatta un’unità [hōs de hen touto au pan theteon], non essendo insito [enon] né in suoni [en phōnais] né in figure [skhēmasin] di corpi ma in anime [en psukhais], per cui è manifesto che è altro dalla natura del cerchio in sé [342d] e dai tre di cui si è parlato in precedenza [hō(i) dēlon heteron te on autou tou kuklou tēs phuseōs tōn te emprosthen lekhthentōn triōn].

Di questi, dunque, l’intuizione si approssima [peplēsioken] più dappresso, per congenialità [engutata men sungeneia(i)] e somiglianza [homoiotēti], al quinto, gli altri, invece, distano di più [pleon apekhei]. Idem [tauton], dunque, per [peri] la figura rettilinea ed insieme la curva [eutheos hama kai peripherous], il colore [khroas], per bene [agathou], bello [kalou] e giusto [dikaiou], per ogni [hapantos] corpo, sia artificiale [skeuastou] sia generato secondo natura [kata phusin gegonotos], fuoco ed acqua e tutti quelli di tal sorta [toioutōn pantōn], ed in complesso per ogni vivente [zō(i)ou sumpantos] e la moralità nelle anime [en psukhais ēthous] e per tutte le azioni [peri poiēmata] e tutte le passioni in complesso [pathēmata sumpanta]: ecco, se [an], tra questi, [342e] non si colgono i primi quattro in un modo o nell’altro, [tis ta tettara labē(i) hamōs ge pōs], non si sarà mai perfettamente [oupote teleōs] partecipi [metokhos] della scienza stabile [tēs epistēmēs] del quinto.

 

Brano seguente: Platone, Lettera VII 343a-343e

 

 


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