Platone, Filebo (9)
Platone, Filebo (9)
Set 22Brano precedente: Platone, Filebo (8)
SOCRATE Forza dunque, dopo questo qual è il nostro argomento, e che cosa avendo mai voluto arriviamo a queste conclusioni? Non era forse questo: ricercavamo se il secondo premio fosse del piacere o del pensiero, non era così?
PROTARCO Così, eccome.
SOCRATE Allora si vede che forse adesso, poiché abbiamo diviso così questi generi, determineremo una discriminazione migliore per il primo ed il secondo, per i quali prima abbiamo disputato?
PROTARCO Si vede.
SOCRATE [27d] Orsù dunque: facemmo in qualche modo vincere la vita mista di piacere e pensiero. Era così?
PROTARCO Lo era.
SOCRATE Quindi non guardiamo appunto quale vita sia questa e di quale genere?
PROTARCO Ecco, come no?
SOCRATE E professeremo che, ecco, essa è parte del terzo genere, credo: ecco, questo non è un misto di qualche duo ma in complesso di tutti gli illimitati legati dal limite, sicché correttamente questa vita vincitrice sarà parte di quello.
PROTARCO Correttissimo, eccome.
SOCRATE [27e] E sia; che ne è dunque della tua, Filebo, piacevole e non mista? Sarebbe forse inclusa correttamente in qualche genere di quelli verbalizzati? Però rispondimi su questo prima di manifestare un parere.
FILEBO Parla pure.
SOCRATE Piacere e dolore hanno limite o sono tra i raccoglitori di più e meno?
FILEBO Sì, tra quelli del più, Socrate: ecco, il piacere non sarebbe bene totale casomai non fosse per natura illimitato sia in copiosità sia nella maggiorazione.
SOCRATE [28a] Neppure, ecco, il dolore sarebbe male totale, casomai non lo fosse; sicché per noi due c’è da ricercare qualcosa di altro dalla natura dell’illimitato che arrechi qualche parte di bene ai piaceri. Questi due, dunque, per te siano del genere degl’illimitati; or dunque, Protarco e Filebo, in quale mai dei predetti generi ponendo pensiero e scienza stabile ed intelletto non saremmo empi? Ecco, mi sembra non sia piccolo il rischio per noi, che possiamo rispondere correttamente oppure no al quesito d’adesso.
FILEBO [28b] Riverisci, ecco, Socrate, il tuo dio.
SOCRATE Anche tu, ecco, compare, la tua dea; comunque per noi c’è lo stesso da argomentare una risposta al quesito.
PROTARCO Toh, Socrate parla rettamente, Filebo, e c’è da affidarsi a lui.
FILEBO Beh, non hai scelto, Protarco, di argomentare tu per me?
PROTARCO Assolutamente sì; adesso comunque ho di fronte un’impasse ed ho bisogno, ecco, Socrate, che tu stesso divenga nostro portavoce, affinché non diciamo niente di stonato esprimendoti qualcosa di colpevole per il tuo campione.
SOCRATE [28c] C’è da affidarsi a te, Protarco; ecco, non ordini nulla di difficile. Ma veramente io ti ho turbato nel giocare a riverire, come ha detto Filebo, chiedendo di quale genere siano intelletto e scienza stabile?
PROTARCO In tutto e per tutto sì, Socrate.
SOCRATE Beh, ma è facile: tutti, ecco, concordano all’unisono i sapienti – venerando realmente se stessi – su come l’intelletto sia re per noi di cielo e terra, ed evidentemente ragionano bene. Dunque, se vuoi, faremo una disanima maggiore di questo stesso genere.
PROTARCO [28d] Argomenta come vuoi, non sottraendo niente per noi in lunghezza, Socrate, siccome non c’infastidirai.
SOCRATE Hai detto bene. Iniziamo dunque coll’interrogarci così.
PROTARCO Come?
SOCRATE Forse che, Protarco, professiamo che al complesso di tutti gli enti ed a questo che è chiamato ‘intero’ sovrintendano la potenza dell’irrazionale e dell’a vista ed il come capita, o che al contrario, come argomentavano quelli prima di noi, li governano un intelletto e qualche stupendo pensiero coordinante?
PROTARCO [28e] Nessuna di queste alternative, stupendo Socrate: ciò che, ecco, tu adesso argomenti mi pare non sia neppure pio. Però il professare che un intelletto ordina tutti loro mi par degno dello spettacolo del cosmo, del sole, della luna, delle stelle e di tutta la rivoluzione celeste, e io, ecco, non direi né opinerei giammai altrimenti su di essi.
SOCRATE Vuoi dunque che anche noi, in accordo coi predecessori, [29a] confessiamo che le cose stanno così e che non solo crediamo di dover parlare degli argomenti altrui senza rischio, ma rischiamo anche con loro e partecipiamo del biasimo, qualora un uomo bravo professasse che le cose stanno non così ma disordinatamente?
PROTARCO Come, ecco, potrei non volerlo?
SOCRATE Suvvia dunque, osserva il discorso che adesso ci sopraggiunge su questi argomenti.
PROTARCO Ti rimane solo da argomentare.