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Platone, Filebo (7)

Platone, Filebo (7)

Set 11

 

 

Brano precedente:  Platone, Filebo (6)

 

SOCRATE [23c] Dunque, ecco, curiamoci di esser ben cauti ponendo il principio di esso.

PROTARCO Di qual principio parli, dunque?

SOCRATE Tutti gli enti che adesso sono nel tutto dividiamoli in due, o meglio, se vuoi, in tre.

PROTARCO Mi consiglieresti come, allora?

SOCRATE Riprendiamo dei concetti degli argomenti or ora discussi.

PROTARCO Quali?

SOCRATE Parlavamo del fatto che il dio indicò l’illimitato degli essenti, e pure il limite?

PROTARCO Assolutamente, eccome!

SOCRATE Dunque poniamo queste due idee specifiche e per terza [23d] una qualche unità commista di ambedue loro. Però io sembro essere un uomo ridicolo a distanziare e computare così, per idee specifiche.

PROTARCO Che confessi, buonuomo?

SOCRATE Mi pare che ci sia bisogno anche d’un quarto genere.

PROTARCO Parla di quale.

SOCRATE Guarda la causa della commistione di questi generi tra di loro e ponimi questa come quarto accanto a loro tre.

PROTARCO Forse poi non avrai bisogno anche di un quinto che possa discriminare?

SOCRATE Forse; comunque credo, ecco, di no per adesso; qualora però ne avessi bisogno, [23e] tu mi riconoscerai la possibilità appunto di perseguire il quinto.

PROTARCO Eccome.

SOCRATE Per prima cosa dunque, divisi quei tre dai quattro, per due di loro proviamo – avendo visto ciascuno scisso e staccato in molti e ricondotto ciascuno ad unum – a concepire come mai ciascuno di essi sia uno e molti.

PROTARCO Se mi parlassi di questi argomenti ancor più chiaramente, allora forse ti seguirei.

SOCRATE [24a] Dico orbene che i due che propongo sono identici a quelli che ho proposto or ora: l’illimitato e l’avente limite; proverò dunque ad articolare ciò: che in qualche modo l’illimitato è molti. Invece l’avente limite permanga in nostra attesa.

PROTARCO Ci rimane.

SOCRATE Esamina dunque; è difficile, ecco, e controverso ciò che ti spingo ad esaminare, però esaminalo lo stesso. Primo: guarda se potresti mai concepire qualche limite per il più caldo ed il più freddo, oppure se il più ed il meno, siti nelle loro generazioni, [24b] proprio nella misura in cui vi sono insiti, non ostacolino il generarsi d’un termine: generatasi, ecco, una determinazione, anch’essi son terminati.

PROTARCO Argomenti cose verissime.

SOCRATE Invece, ecco, affermiamo che sempre nel più caldo e nel più freddo son insiti il più ed il meno.

PROTARCO Eccome.

SOCRATE Toh, adesso sempre l’argomento c’insegna che questi due non hanno termine; essendo dunque sterminati, vengon ad esser appunto in tutto e per tutto illimitati.

PROTARCO E fortemente, ecco, Socrate.

SOCRATE Ma che bene, ecco, caro Protarco, che hai capito! E m’hai rammentato [24c] che anche questo ‘fortemente’, che tu adesso hai pronunciato, ed il ‘debolmente’, ecco, hanno la stessa potenza del più e del meno: ove, ecco, siano insiti, non permettono ci sia quantum per ciascun ente, ma sempre interpolando un più forte di un più debole, e viceversa, adoperano il più ed il meno, mentre fan sparire il quantum. Ciò, ecco, è stato argomentato or ora: se non facessero sparire il quantum ma permettessero che esso e la misura [24d] s’ingenerasse nella sede del più e del meno e del fortemente e del debolmente, sarebbero essi quelli che errano all’esterno dello spazio in cui erano insiti. Ecco, neppure più caldo e più freddo ci sarebbero qualora assumessero il quantum: ecco, il più caldo sempre procede e non permane, ed allo stesso modo il più freddo, mentre il quantum è stabile e posa dal procedere. Secondo, or dunque, questo argomento, il più caldo verrebbe ad essere illimitato, assieme al suo contrario.

PROTARCO Beh, parrebbe di sì, Socrate; però, come hai detto, questi argomenti non sono facili da seguire. Però [24e] forse, argomentati ancora ed ancora, potrebbero far apparire consonanti l’interrogante e l’interrogato.

SOCRATE Beh, parli bene e bisogna provare a fare così. Adesso comunque osserva se è il caso che accettiamo questo segno della natura dell’illimitato, perché non ci dilunghiamo a scorrere tutte le specie.

PROTARCO Di quale segno dunque parli?

SOCRATE Tutti quanti gli enti che ci appaiono divenire più o meno ed ammettere il fortemente ed il debolmente ed il troppo e tutte quante le specie di tal sorta [25a] si deve porli nel genere dell’illimitato come in un’unità, secondo l’argomento di prima, per cui affermammo che, riconducendo quanto è staccato e scisso, bisogna, secondo la nostra possibilità, assegnargli una qualche natura unitaria, se rammemori.

PROTARCO Rammemoro.

SOCRATE Quindi tutti gli enti che non accolgono queste idee, mentre accolgono tutte quelle contrarie – per prima cosa l’uguale e l’uguaglianza, poi, dopo l’uguale, il doppio e tutto ciò che sia numero in relazione ad un numero o misura [25a] in quanto è in relazione ad una misura – [25b] ricollegandoli tutti collettivamente all’uno, non opiniamo forse di agire bene in questo? Tu che ne dici?

PROTARCO Ecco, benissimo, Socrate.

 

Brano seguente: Platone, Filebo (8)

 

 


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